“Rievocare la sua vile uccisione richiama la necessità per tutti di resistere agli attacchi contro lo Stato democratico, che oggi assumono la forma, meno violenta ma ugualmente letale, delle logiche compromissorie e dell’indifferenza”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricordato il magistrato Mario Amato, ucciso 40 anni fa dai terroristi neri dei Nuclei Armati Rivoluzionari con un colpo di pistola alla nuca mentre attendeva l’autobus per raggiungere il palazzo di Giustizia di Roma.
Il capo dello Stato ricorda come Amato, sostituto procuratore nella Capitale, fu assassinato a soli 43 anni affinché “fossero intralciate le indagini che egli stava conducendo”, in un clima di “isolamento” all’interno del suo ufficio giudiziario, “sul terrorismo neofascista, fenomeno di cui era riuscito ad avere una visione sistemica grazie alla sua innovativa modalità investigativa”.
Fu proprio l’indagine “condotta in solitudine, con valore e sobrietà”, ricorda Mattarella “ad esporlo al bersaglio dei terroristi, che in Mario Amato riconoscevano un reale ostacolo alla realizzazione del loro disegno eversivo”.
Amato venne assassinato il 23 giugno 1980, a poche settimane dalla strage di Bologna, all’angolo tra viale Jonio e via Monte Rocchetta mentre attendeva l’autobus alla fermata. Raggiunto alle spalle, fu raggiunto da un colpo di pistola esploso da Gilberto Cavallini che poi si diede alla fuga insieme su una motocicletta guidata da Luigi Ciavardini. Per l’omicidio del giudice, in qualità di mandanti, vennero condannati anche Valerio Fioravanti e Francesca Mambro.
“A distanza di quaranta anni – scrive ancora il presidente della Repubblica nel suo messaggio – desidero rinnovare i sentimenti di partecipazione e vicinanza del Paese ai suoi familiari, ai colleghi e agli amici che l’hanno conosciuto e stimato e che ne hanno costantemente tenuto viva la memoria”.