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di Simone Devoto

Le manifestazioni americane mi hanno portato alla memoria i movimenti nostrani, che nel corso degli ultimi due decenni sono scesi in piazza. Noto un sottile filo rosso che li collega: la mancanza di istituzioni e persone che siano portatori di interessi collettivi e di vere alternative. E il bisogno di nuove alternative penso sia ancora più urgente in questo momento cruciale. Purtroppo a un’alternativa di questa realtà non viene più riconosciuto il diritto di esistere, né di essere possibilità.

Dalla caduta del muro di Berlino il mondo ha conosciuto un solo sogno, una sola realtà possibile: quella fredda, spietata del capitalismo. Del self-man. Della società che non esiste, ma esiste solo l’individuo. Un sistema che non vuole riconoscere nessun diritto se non quelli che servono a rendere il commercio sempre più “libero”. Un sistema, perciò, che si manifesta concretamente in società rinnegando i diritti dell’uomo, dell’ambiente e di qualsiasi altro tipo. Questo perché la favola che viene raccontata è che dobbiamo distruggere tutto, che sia l’ambiente, il rispetto degli altri, la solidarietà, i diritti, per creare lavoro. L’importante è lavorare, non il mondo o la società in cui vivi, non le tue condizioni di vita.

Un sistema che regge fino a quando crea lavoro, ma che entra in profonda crisi non appena non riesce a crearlo più, perché quando ciò succede tutti i problemi iniziano ad emergere e la situazione diventa insostenibile. Diventa insostenibile sia per la mancanza dei diritti e di lavoro, sia perché ci si rende conto di aver rinunciato ad una vita degna per nulla. Tutto ciò, credo, sia ancora più insostenibile per la mancanza di un sogno alternativo. Se riflettiamo, vi è invero un sogno che si contrappone a questa realtà: la distruzione.

Vi sono, oramai da almeno un decennio, moltissimi film, serie tv, giochi che hanno come tema la fine di questa realtà solo attraverso la sua distruzione (cambiano i dettagli, ma l’essenza è la stessa). Quasi che a un livello inconscio non riuscissimo più ad immaginare la fine di questa realtà tanto odiata se non immaginando la sua distruzione, poiché cambiarla o modificarla risulta impossibile.

Questa lunga premessa serve solo a comprendere meglio una cosa: siamo orfani di un sogno. Un sogno che dia speranza. Dobbiamo assolutamente creare un nuovo sogno che sostituisca quello precedente e che sia alternativo a quello presente del capitalismo. Un sogno che ponga al primo posto l’uomo, non solo nella maniera rinascimentale, ma anche kantiana, cioè che l’uomo sia il fine delle nostre azioni e non il mezzo. Un sogno che difenda non solo i diritti esistenti, ma che ne aggiunga altri, un sogno non solo difensivo, ma anche propositivo.

Un sogno che non si accontenti di vedere i sogni su una carta, ma che li cali anche nella realtà, perché teniamo presente che è lì che si gioca il cambiamento. Un sogno che aiuti gli ultimi e non li lasci in balia di se stessi, poiché, fino a prova contraria, abbiamo solo questa vita e dobbiamo pretendere e fare in modo che per tutti sia degna di essere vissuta, che sia meravigliosa. In tutto il mondo. Ovunque tu sia nato, chiunque siano i tuoi genitori, qualunque sia il tuo aspetto, meriti una vita degna. Purtroppo, però, oggi siamo privi di vere forze che si facciano portatrici degli interessi degli ultimi, figuriamoci di sognare un nuovo mondo.

Basti pensare al nostro caso italiano, dove la sedicente sinistra afferma gloriosamente di aver attuato lei le liberalizzazioni, una sinistra che litiga con la destra su chi ha copiato il programma di chi.

In questo momento storico, di una nuova grande crisi economica, la mancanza di rappresentanti di altri interessi è ancora più drammatica.

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