Sono passati ormai tre anni dalla scomparsa di Stefano Rodotà, che ha lasciato un vuoto incolmabile nel mondo del diritto e della politica con la P maiuscola. Giurista, parlamentare, primo Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, nel 2013 era il candidato alla presidenza della Repubblica del Movimento 5 Stelle ma venne sconfitto da Giorgio Napolitano.

Ricordo con grande emozione la chiacchierata fatta con lui a Modena, nel settembre 2013. In quei giorni stavo leggendo La rivoluzione della dignità. Ne autografò una copia per mia madre: “Per Raffaela con gli auguri di Stefano Rodotà”.

Rodotà ci ha insegnato a non arrenderci mai nella lotta per i diritti fondamentali. “I diritti parlano, sono lo specchio e la misura dell’ingiustizia, e lo strumento per combatterla […] Solo perché sappiamo che vi è un diritto violato possiamo denunciarne la violazione, svelare l’ipocrisia di chi lo proclama sulla carta e lo nega nei fatti, far coincidere la negazione con l’oppressione, agire perché alle parole corrispondano le realizzazioni”.

Penso quindi alla libertà sindacale negata ai militari per 70 anni. Nel 2018 una tardiva sentenza della Corte costituzionale cancella l’anacronistico divieto di sindacalizzazione, ma qualche giorno fa la Commissione Difesa della Camera dei deputati sforna una proposta di legge che sterilizza di fatto quella pronuncia. Se venisse malauguratamente approvata, avremmo un surrogato di sindacato, isolato dalle confederazioni dei lavoratori e senza reale potere contrattuale. Essa è il frutto di quella vetusta e persistente logica della separazione dei corpi militari dello Stato dalla società e dal mondo del lavoro.

Stupisce molto l’entusiasmo dei due parlamentari del M5S membri della Commissione. Emanuela Corda, prima firmataria della proposta, esulta perché nel testo non c’è più l’autorizzazione ministeriale per la costituzione del sindacato. Accipicchia che risultato, trattandosi di una regola che sarebbe palesemente incostituzionale!

Giovanni Luca Aresta spiega invece che la mancata estensione della libertà sindacale dei poliziotti alle altre polizie con ordinamento militare (carabinieri e finanzieri) sia una cosa naturale e inevitabile: “Stiamo parlando di forze con struttura diversa, con quella militare fortemente gerarchizzata e con una prontezza di risposta diversa rispetto a quella civile”. Sul punto mi piacerebbe conoscere il parere del Capo della Polizia di Stato.

Ebbene l’argomento, poco convincente e facilmente confutabile, della maggiore efficienza dell’organizzazione militare e non sindacalizzata venne sfoderato negli anni Settanta quando si trattava di sabotare la modernizzazione del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza. Era in particolare la tesi della destra Dc, del Psdi e del Msi. Non di Francesco Cossiga, che in un’ottica tecnocratica si schierò al contrario per la sindacalizzazione e la smilitarizzazione della Polizia.

Tornando a Rodotà, fu proprio il giurista calabrese a contestare le resistenze conservatrici di allora in un articolo pubblicato su Panorama il 12 dicembre 1974: “Per troppi, ancora, i sindacati costituiscono un fenomeno appena tollerato, di cui bisogna circoscrivere l’estensione: soprattutto si dovrebbe tenerli lontani da istituzioni come la polizia, poiché la loro presenza contribuirebbe ad accentuare la disgregazione anche di questo corpo dello Stato. Ma l’opposizione ha le sue vere radici nel fatto che la costituzione del sindacato potrebbe rendere la polizia meno disponibile per spregiudicate operazioni di potere, che nulla hanno a che fare con la tutela dei diritti dei cittadini e della legalità repubblicana. C’è troppa arretratezza o malafede in posizioni del genere perché si debba polemizzare con esse. La loro debolezza è dimostrata da una semplice constatazione: sindacati della polizia esistono in quasi tutti gli Stati dell’Europa occidentale, e non può certo dirsi che in questi Paesi le istituzioni siano meno solide o la polizia meno efficiente che in Italia”.

Mi auguro che quel pezzo così attuale, dal titolo Poliziotti: quale sindacato?, possa ispirare la futura discussione parlamentare e scongiurare l’ennesimo tradimento della Carta costituzionale.

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