“All’ufficio condono sta a succede un casino, stanno a fa’ un casino grosso… mo’ sto a cerca’ de parla’ co’ qualcuno della Camera dei Deputati”. E ancora: “L’ho salvati… tanto all’ufficio condono non capiscono un cazzo… erano morti, lo stavano pe’ rigetta’, eccesso de volumetria… qui de meno, qui de meno, qui de meno alla fine… qui ‘i salvamo… capito, dopo cinque annetti de condono intensivo…”. Così Marco Ursini, funzionario dell’ufficio condono di Roma Capitale, si rivolgeva nel luglio 2017 ai suoi interlocutori, ricevuti presso il suo studio. Ursini è uno dei cinque dipendenti capitolini raggiunti nella mattinata di mercoledì da ordinanza di custodia cautelare nell’ambito di una vasta inchiesta della procura di Roma che indaga su episodi di corruzione volti a smaltire pratiche di arretrate.
Sono almeno 24 i lavoratori comunali indagati, di cui 4 impiegati dell’ufficio Condono, uno del Municipio II e ben 19 della partecipata capitolina Risorse per Roma Spa, società di servizi i cui dipendenti affiancano in tutto e per tutti i lavoratori del Campidoglio. A loro si rivolgevano decine di costruttori, noti imprenditori e professionisti facoltosi. Oggetto delle richieste pratiche relative a complessi edilizi, ville prestigiose e noti ristoranti. “Ho conosciuto il presidente… della cosa della cinematografia… c’hanno due condoni da duecento metri quadri l’uno… l’ho salvati”, ripeteva, intercettato, Ursini, il quale – si legge nell’ordinanza – “ha lavorato innumerevoli istanze di condono edilizio e influito sull’attività propria dell’Uce (ufficio condono edilizio, ndr) avvalendosi altresì (ma con ruoli meramente esecutivi e subordinati alle sue direttive) della convivente Cristiana Berardi, dipendente di Roma Capitale impiegata presso l’Uce con mansioni di ‘addetta alla agibilità”.
Fabrizio Amore e l’intreccio con le cliniche dei Garofalo – Uno degli interlocutori di Ursini era l’imprenditore romano Fabrizio Amore, descritto dagli inquirenti come “discusso personaggio con precedenti penali”, noto alle cronache per il suo coinvolgimento nell’inchiesta sul Mondo di Mezzo e in quella che vedeva protagonista l’ex capo del personale del Campidoglio, Raffaele Marra. In questo caso, secondo l’indagine, Amore dialogava con il dipendente capitolino per “favorire l’esito positivo di pratiche di condono edilizio” di suo interesse e “nell’interesse di ‘Centro Geriatrico Romano Spa’, ‘Poligest Spa’ e ‘Policlinico Portuense Sap’, cliniche facenti parte del gruppo Sanigest Spa, della famiglia Garofalo, che racchiude una serie di importanti ospedali convenzionati con il servizio sanitario regionale. Si parla di “abusi che, non potendo essere legittimati perché l’area era soggetta a vincoli”. “Ti ho fatto veni’ – spiega Ursini ad Amore il 10 luglio 2017 – perché mi hanno mandato i contratti… mi dovrebbero dare ‘sti soldi… allora avevamo pensato di fare ‘sta cosa… per farli uscire puliti… diciamo che dei centomila euro, cinquanta sarebbero a disposizione dei lavori e cinquanta sarebbero quelli che tornano”, lavori intesi come prestazioni della società di Amore presso le strutture dei Garofalo. Gli inquirenti documentano un compenso pattuito in favore di Ursini per 37.500 (di cui 18.000 “ricevuti”). Indagato per questa vicenda anche il “rappresentante” dei Garofalo, l’imprenditore Ilario Mattei.
Le “Terrazze del presidente” e la villa all’Olgiata – Con Ursini parlava anche l’ingegnere Fabrizio Cantarini, che stava seguendo alcune pratiche per le imprese dei fratelli Antonio e Daniele Pulcini, quest’ultimo assolto in Appello nel processo sul ‘Mondo di Mezzo’ dopo essere stato coinvolto nell’inchiesta. Secondo gli inquirenti, il funzionario capitolino aveva “determinato la positiva definizione delle istruttorie di condono per la proprietà denominata “Villa Olgiata” della società Sales Sud srl” nonostante “si trattasse di istruttorie con preavviso di rigetto perché presentate fuori termine e cono superamento dei volumi di cubatura rispetto ai limiti imposti dalla normativa”. Eloquente la vicenda dei circa 800 appartamenti del Consorzio ‘Le Terrazze del Presidente’ di Acilia, “riconducibile alla holding: dei fratelli Pulcini. Ursini, per gli inquirenti, “sosteneva il ricorso all’istituto del silenzio-assenso richiesto da Cantarini per l’approvazione dell’agibilità’”, per le unità immobiliari.
La pratica ‘Checco allo Scapicollo’: “Quella m’ha bocciato tutto” – Molto noto in città il ristorante ‘Checco allo Scapicollo’, sulla via Laurentina, da anni punto di riferimento dei calciatori della Roma, oltre ad essere spesso cornice per cene politiche. Spiegano gli inquirenti: “La domanda di condono era stata respinta perché i lavori sono successivi alla data-limite fissata dalla legge dell’85 e per eccesso di volumetria. Si prospetta perciò la demolizione del locale (o l’acquisizione al patrimonio del Comune”. Dunque “l’interessato si rivolge ad Ursini (tramite la Berardi, sua conoscente) che si offre, remunerato, di provare ad aggiustare la pratica”. Il 13 luglio 2017 – documentano gli inquirenti – il titolare Francesco Testa “consegna ad Ursini, presso lo studio, parte del corrispettivo convenuto per l’intervento”: le videoriprese colgono la consegna di 500 euro, “cui Testa espressamente aggiunge il costo di 300 euro di un pranzo precedentemente consumato da Ursini e famiglia presso il ristorante”, precisando che “rimangono 1.200 euro dei 2.000 pattuiti” sebbene “si dice disposto a versato altro denaro” su invito, pare, dello stesso Ursini: “… alla fine poi me dai qualche cosa a me da parte…”, “sì sì non te preoccupa’”.
Caos condoni: “28mila pratiche bloccate per 56 milioni di euro” – Le pratiche contenute nell’inchiesta sono molteplici. Nelle carte sono contenute anche le foto della dipendente di Risorse per Roma, Daniela Lazzari, che riceve mazzette di diverse centinaia di euro per conto di imprenditori e proprietari immobiliari. C’è il caso dell’appartamento in piazza di Spagna, che bisogna convertire a “uso uffici” – pratica per la quale viene interessato ripetutamente un misterioso dipendente capitolino definito ‘er Chiappetta’ – c’e’ la pratica del villino nel quartiere Coppede’ e della tangente pagata sotto forma di “regalo al bambino”. I lavoratori pubblici, secondo gli inquirenti, prendevano soldi anche solo per controllare lo stato dell’arte di una pratica che non seguivano direttamente e che dunque non avevano autorizzazione a visionare. Il tutto in una situazione definita “fuori controllo” dall’attuale direttore dell’Ufficio condoni, Antontello Mori che, come riportano nelle informative i carabinieri della Compagnia Roma Eur, parla di “gravi criticità riguardanti le modalità di lavorazione/archiviazione dei fascicoli contenenti le istruttorie e la mancata riscossione di oneri”, in quanto “per oltre 28mila pratiche l’iter istruttorio risulta bloccato per varie ragioni”, ben “30mila documenti sono fuori posto e non inseriti nei relativi fascicoli”, impedendo cosi’ “l’accesso agli atti o la definizione istruttoria” e “rilevando la mancata riscossione da parte dell’ufficio condono di oneri quantificati in circa 56 milioni di euro”.