Un piccolo progetto in ballo da dieci anni a Taranto e uno nuovo, con 59 pale, al largo di Rimini e Cattolica. L’eolico off-shore, al largo della costa, è una novità per l’Italia, che ad oggi non ha impianti attivi. Ma se il percorso a ostacoli del piccolo impianto (10 turbine per un totale di 30 megawatt) vicino alla città pugliese procede da quasi un decennio, il mega-progetto da 330 megawatt nella parte nord del mar Adriatico, lungo la costa romagnola, fa discutere.

E salda alleanze inaspettate, come quella tra la Lega, Fratelli d’Italia e l’associazione Italia Nostra entrambe sul fronte del no. Per il consigliere regionale del Carroccio, Matteo Montevecchi, si tratta di “ecomostri che deturpano il paesaggio”, mentre l’associazione culturale ritiene l’infrastruttura “uno scempio, una mostruosità, una pietra tombale sulle prospettive turistiche di Rimini”.

Sul fronte del sì il Partito democratico e il presidente della provincia di Rimini, Riziero Santi, che sottolinea come “non si possa restare ancorati al petrolio”, ma non si esprime nel merito perché ricorda che “con questa istanza si è aperta solo la fase di osservazioni e consultazioni. L’iter è ancora lungo, aperto a modifiche e l’ultima parola spetterà al ministero dell’Ambiente”.

Per il consulente energetico internazionale Alex Sorokin, “non si può parlare di inquinamento acustico” perché le pale sarebbero a molte centinaia di metri dalla costa. Ed esprime un parere positivo anche per l’impatto sui fondali marini: “Nel mare del Nord, dove l’eolico fuori costa è una realtà sviluppata, hanno constatato che nel tempo – spiega a ilfattoquotidiano.it – le fondazioni delle turbine diventano oasi ricche di flora e fauna, proprio come avviene sui relitti, per cui l’effetto sull’ecosistema non è negativo bensì positivo”. Certo sulla questione paesaggio, l’ingegnere non nasconde che si tratta di turbine visivamente imponenti, “se ciascuna è capace di fornire 5,6 MW significa che il diametro del loro rotore sfiorerà il doppio dell’apertura alare di un Jumbo-jet, si parla infatti di pale lunghe 81 metri, poste su piloni di 125 metri”. Per l’esperto, dunque, l’ideale sarebbe un’installazione lontano dalla costa, perché “turbine grandi vicino ad aree di fruizione turistica non possono che suscitare controversie”.

La società Wind 2000 incaricata del progetto dichiara che proprio per attenuarne la visibilità installerà le turbine più vicine a circa 10-12 chilometri dalla costa, su fondali di 12 metri, mentre le più lontane saranno posizionate 22,2 chilometri su profondità di 32 metri. Gli aerogeneratori non saranno raggruppati ma formeranno tre archi, con una distanza tra una turbina e l’altra di 680 metri, così da non ostacolare la pesca e la navigazione.

Energia Wind 2020 Srl è una società di scopo (Special Purpose Vehicle) costituita per dare vita alla centrale eolica dell’Adriatico, tra i soci fondatori figurano 3R energia Srl e Fortore Spa, due aziende già da tempo attive nel campo dell’energia rinnovabile. In data 30 marzo, la società ha presentato al ministero delle Infrastrutture la richiesta di concessione demaniale dello specchio d’acqua, per una durata trentennale, istanza pubblicata sul sito della Capitaneria di Porto di Rimini.

Il parco eolico non occuperà una zona turistica ma nascerà in mezzo alle esistenti piattaforme metanifere, a nord del gruppo Azalea e a sud del gruppo Regina. E la società sostiene che gli investimenti ammonteranno a un miliardo di euro, con un indotto di 100mila lavoratori e la creazione di 200 posti di lavoro permanenti tra dipendenti diretti e indotto. Al di là dei numeri di parte, ad avviso di Soroking, appare chiaro che “se nel 2050 si vuole ottenere il 100% di rinnovabili” e si vuole “garantire l’affidabilità dell’approvvigionamento elettrico bisogna puntare su un mix delle tre principali fonti rinnovabili: sole, vento e acqua“. In questa prospettiva, spiega, “all’eolico off-shore non possiamo rinunciare”.

Ma come far crescere l’eolico? Sulla base dei dati TERNA 2018, l’energia del vento in Italia con i suoi 17.742 GWh rappresenta il 6,1% della produzione di energia elettrica totale che è pari a 289.708 GWh. “Per quanto riguarda la terraferma, sappiamo che i territori liberi con buona ventosità, che si trovano prevalentemente nel Mezzogiorno e nelle isole, cominciano a scarseggiare“, afferma Sorokin. “Tuttavia non possiamo dire di essere saturi, perché attuando un programma di re-powering, ossia di sostituzione delle turbine obsolete con turbine moderne di potenza maggiore, si può raddoppiare la produzione eolica attuale”, aggiunge.

Così come anche l’eolico off-shore ha limiti e, come sta avvenendo in Emilia-Romagna, provoca ancora dibattito e polemiche. “Il potenziale dell’eolico off-shore tradizionale, cioè fissato sul fondale marino, è limitato dalla profondità elevata dei mari italiani, che costringono gli operatori a mettere le turbine vicino alla costa, provocando le proteste della popolazione”, ragiona Sorokin.

Nell’Adriatico settentrionale, ad esempio, “i fondali sarebbero sufficientemente bassi ma il vento è poco“. Mentre le zone marine con buona ventosità come quelle sarde o nel canale di Sicilia e nel mar Ionio, aggiunge, hanno “mari troppo profondi per le strutture attuali di eolico off-shore, sviluppate dai danesi e dai tedeschi per il loro contesto”. Infatti, il mare del Nord e il mar Baltico “hanno acque basse, meno di 40 metri“. Per realizzare parchi eolici nei mari ventosi italiani, quindi, conclude Sorokin, “occorre posizionare le turbine su strutture galleggianti ancorate al fondale, serve una tecnologia simile a quella per le piattaforme petrolifere”.

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