De Stefano, Tegano e Libri. Negli ambienti di ‘ndrangheta, ieri come oggi a Reggio Calabria si parla la loro lingua. Non è un caso che si muovono nella città dello Stretto come nella Milano “da bere”, frequentata da calciatori e personaggi dello spettacolo. Ieri i padri e gli zii, ammazzati nella seconda guerra di mafia e protagonisti di una pace dopo quasi mille morti ammazzati. Oggi i figli, i fratelli e i nipoti discutono sempre degli stessi accordi, della spartizione degli stessi affari e delle stesse fibrillazioni che ciclicamente si registrano all’interno di uno dei più importanti casati mafiosi calabresi. L’operazione “Malefix”, dal soprannome di uno degli arrestati, è scattata stamattina all’alba. De Stefano-Tegano e Libri: 21 persone sono state arrestate dalla squadra mobile e dallo Sco che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dei sostituti della Dda Stefano Musolino, Walter Ignazitto e Roberto di Palma. “Le cosche di cui si parla- scrive il giudice – pur se si presentano a quadri ridotti e con obiettivi civili, sono appunto quelle stesse che pochi anni prima hanno fatto stragi di uomini e scempio dell’umanità“.
In manette sono finiti i capi storici della cosca di Archi, elementi di vertice della ‘ndrangheta reggina, luogotenenti dei boss e affiliati. Le manette ai polsi sono state girate anche al boss Carmine De Stefano e al fratello Giorgino “De Stefano” che, all’anagrafe, risulta Giorgio Sibio Condello. Quest’ultimo è il giovane rampollo di Archi che si è trasferito alcuni anni fa a Milano. È il fidanzato di Silvia Provvedi, la ex concorrente del Grande Fratello ed ex di Fabrizio Corona. Conosciuto con il soprannome “Malefix”, Giorgino gestisce l’Oro di Milano, la famosa catena di ristoranti che in Lombardia è frequentata da personaggi famosi.
La mentalità imprenditoriale, però, ha le sue basi sempre ad Archi, nella periferia nord di Reggio, il quartier generale della famiglia di ‘ndrangheta. Stando all’inchiesta, Carmine e Giorgio De Stefano (fratelli del boss Giuseppe De Stefano e figli di don Paolino) avrebbero avuto un ruolo importante nel sedare il tentativo di scissione di Luigi Molinetti, detto la “Belva”, e dei suoi figli che volevano rendersi autonomi dalla “casa madre”. In sostanza, prima di essere messo in riga dai boss appena usciti dal carcere, il gruppo dei Molinetti lamentava l’iniqua spartizione dei proventi delle estorsioni e il mancato riconoscimento di avanzamenti gerarchici all’interno dell’organizzazione mafiosa. Per questo, Gino la “Belva” pretendeva la gestione del locale di Gallico.
Gli investigatori sono riusciti a monitorare anche un summit di ‘ndrangheta in cui, oltre a regolare il funzionamento del locale di Archi, i fratelli De Stefano, per paura che i dissidi potessero degenerare in una scissione dagli esiti incerti e pericolosi, hanno investito Alfonso Molinetti, il fratello di Luigi, ritenuto uno dei loro alleati più fedeli. Nell’inchiesta, inoltre, emerge come gli imprenditori prima di avviare qualsiasi attività a Reggio Calabria dovevano chiedere il permesso alla cosca di competenza. Questo conferma quanto certificato, alcuni anni fa, nell’indagine “Meta” che ha fotografato il sistema delle estorsioni e la divisione dei proventi illeciti tra le più importanti famiglie di ‘ndrangheta. Le accuse contestate dalla Dda ai 21 indagati sono associazione mafiosa, diverse estorsioni in danno di imprenditori e commercianti, detenzione e porto illegale di armi. Tutti reati aggravati dal metodo e dalla agevolazione mafiosa. Stando alle indagini all’interno della cosca di ‘ndrangheta De Stefano-Tegano, e tra questa e quella dei Libri, si erano create gravi frizioni sulla spartizione degli ingenti proventi delle estorsioni.
Dalle indagini, infatti, è emerso che ciascun gruppo raccoglieva le estorsioni secondo prassi che non tenevano conto degli accordi in base ai quali i proventi dovevano essere divisi tra le cosche di riferimento sul territorio. Antonio Libri, che per gli investigatori aveva assunto le redini dell’omonima cosca dopo l’arresto dei capi, aveva saputo che in occasione delle festività natalizie del 2017 era stata raccolta da Carmine e Giorgio De Stefano una consistente somma di denaro senza che nulla venisse corrisposto ai Libri. L’episodio riguardava un noto imprenditore della ristorazione, titolare anche di alcuni locali. Antonio Libri aveva quindi informato Orazio Maria De Stefano, esponente di vertice dell’omonima famiglia, ed altri esponenti dei Tegano, organizzando con alcuni di loro un summit per definire nuove e congiunte modalità estorsive e la formazione di un gruppo misto costituito da appartenenti alle due distinte consorterie – una sorta di commissione tecnica – con l’obiettivo di evitare sovrapposizioni e fraintendimenti e provvedere ad un efficiente sistema di rastrellamento estorsivo lungo tutto l’asse del centro cittadino di Reggio Calabria, organizzando anche l’imposizione intimidatoria delle assunzioni da parte dei gestori di attività.
Nell’ordinanza di custodia cautelare il giudice scrive: “Quelle De Stefano-Tegano non sono solo famiglie mafiose ma sono le famiglie mafiose doc, riconosciute, che hanno rapporti con le altre famiglie mafiose, come emerge dalle sentenze passate in giudicato acquisite. Ma è soprattutto mafia vera perché si ritiene padrona piena ed esclusiva del territorio, con tutti i relativi poteri. E mafia che vive anche del ‘prestigio‘ dei capostipiti mitici, intatto anche con la detenzione, per come emergente dalla serie di dichiarazioni incrociate di collaboratori che dipingono prestigio, alleanze, potere ricattatorio e capacità e possibilità di comunicare determinazioni dal carcere”. Il magistrato ricostruisce come in “molti processi è emerso dai dichiarati dei collaboratori come essi, nelle fasi detentive precedenti alla collaborazione stessa, fossero stipendiati dalle organizzazioni ed emerge, dalle intercettazioni, come il carcere fosse un luogo di aggregazione e come si tornasse subito attivi all’uscita”. E “la sottolineatura – prosegue – è utile solo per comprendere la forza delle associazioni, che non è costituita solo dai soggetti intercettati o pedinati o in libertà ma anche dai detenuti, con il loro peso, con il prestigio che loro dà il carcere e con quell’aspettativa di un pronto rientro in campo, con la scarcerazione, che essi danno, e consentono sia fondata, all’associazione”. L’ordinanza considera il dato come “significativo per cogliere nel loro complesso le associazioni e per ribadire e comprendere come le cosche di cui si parla, pur se si presentano a quadri ridotti e con obiettivi civili, sono appunto quelle stesse che pochi anni prima hanno fatto stragi di uomini e scempio dell’umanità“.
Mafie
Reggio Calabria, arrestati i capi storici della cosca di Archi: tra loro c’è anche Giorgino “De Stefano”, il fidanzato di Silvia Provvedi
Ventuno persone legate alle famiglie De Stefano-Tegano e Libri sono state arrestate dalla squadra mobile e dallo Sco che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dei sostituti della Dda Stefano Musolino, Walter Ignazitto e Roberto di Palma. "Le cosche di cui si parla- scrive il giudice - pur se si presentano a quadri ridotti e con obiettivi civili, sono appunto quelle stesse che pochi anni prima hanno fatto stragi di uomini e scempio dell’umanità"
De Stefano, Tegano e Libri. Negli ambienti di ‘ndrangheta, ieri come oggi a Reggio Calabria si parla la loro lingua. Non è un caso che si muovono nella città dello Stretto come nella Milano “da bere”, frequentata da calciatori e personaggi dello spettacolo. Ieri i padri e gli zii, ammazzati nella seconda guerra di mafia e protagonisti di una pace dopo quasi mille morti ammazzati. Oggi i figli, i fratelli e i nipoti discutono sempre degli stessi accordi, della spartizione degli stessi affari e delle stesse fibrillazioni che ciclicamente si registrano all’interno di uno dei più importanti casati mafiosi calabresi. L’operazione “Malefix”, dal soprannome di uno degli arrestati, è scattata stamattina all’alba. De Stefano-Tegano e Libri: 21 persone sono state arrestate dalla squadra mobile e dallo Sco che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dei sostituti della Dda Stefano Musolino, Walter Ignazitto e Roberto di Palma. “Le cosche di cui si parla- scrive il giudice – pur se si presentano a quadri ridotti e con obiettivi civili, sono appunto quelle stesse che pochi anni prima hanno fatto stragi di uomini e scempio dell’umanità“.
In manette sono finiti i capi storici della cosca di Archi, elementi di vertice della ‘ndrangheta reggina, luogotenenti dei boss e affiliati. Le manette ai polsi sono state girate anche al boss Carmine De Stefano e al fratello Giorgino “De Stefano” che, all’anagrafe, risulta Giorgio Sibio Condello. Quest’ultimo è il giovane rampollo di Archi che si è trasferito alcuni anni fa a Milano. È il fidanzato di Silvia Provvedi, la ex concorrente del Grande Fratello ed ex di Fabrizio Corona. Conosciuto con il soprannome “Malefix”, Giorgino gestisce l’Oro di Milano, la famosa catena di ristoranti che in Lombardia è frequentata da personaggi famosi.
La mentalità imprenditoriale, però, ha le sue basi sempre ad Archi, nella periferia nord di Reggio, il quartier generale della famiglia di ‘ndrangheta. Stando all’inchiesta, Carmine e Giorgio De Stefano (fratelli del boss Giuseppe De Stefano e figli di don Paolino) avrebbero avuto un ruolo importante nel sedare il tentativo di scissione di Luigi Molinetti, detto la “Belva”, e dei suoi figli che volevano rendersi autonomi dalla “casa madre”. In sostanza, prima di essere messo in riga dai boss appena usciti dal carcere, il gruppo dei Molinetti lamentava l’iniqua spartizione dei proventi delle estorsioni e il mancato riconoscimento di avanzamenti gerarchici all’interno dell’organizzazione mafiosa. Per questo, Gino la “Belva” pretendeva la gestione del locale di Gallico.
Gli investigatori sono riusciti a monitorare anche un summit di ‘ndrangheta in cui, oltre a regolare il funzionamento del locale di Archi, i fratelli De Stefano, per paura che i dissidi potessero degenerare in una scissione dagli esiti incerti e pericolosi, hanno investito Alfonso Molinetti, il fratello di Luigi, ritenuto uno dei loro alleati più fedeli. Nell’inchiesta, inoltre, emerge come gli imprenditori prima di avviare qualsiasi attività a Reggio Calabria dovevano chiedere il permesso alla cosca di competenza. Questo conferma quanto certificato, alcuni anni fa, nell’indagine “Meta” che ha fotografato il sistema delle estorsioni e la divisione dei proventi illeciti tra le più importanti famiglie di ‘ndrangheta. Le accuse contestate dalla Dda ai 21 indagati sono associazione mafiosa, diverse estorsioni in danno di imprenditori e commercianti, detenzione e porto illegale di armi. Tutti reati aggravati dal metodo e dalla agevolazione mafiosa. Stando alle indagini all’interno della cosca di ‘ndrangheta De Stefano-Tegano, e tra questa e quella dei Libri, si erano create gravi frizioni sulla spartizione degli ingenti proventi delle estorsioni.
Dalle indagini, infatti, è emerso che ciascun gruppo raccoglieva le estorsioni secondo prassi che non tenevano conto degli accordi in base ai quali i proventi dovevano essere divisi tra le cosche di riferimento sul territorio. Antonio Libri, che per gli investigatori aveva assunto le redini dell’omonima cosca dopo l’arresto dei capi, aveva saputo che in occasione delle festività natalizie del 2017 era stata raccolta da Carmine e Giorgio De Stefano una consistente somma di denaro senza che nulla venisse corrisposto ai Libri. L’episodio riguardava un noto imprenditore della ristorazione, titolare anche di alcuni locali. Antonio Libri aveva quindi informato Orazio Maria De Stefano, esponente di vertice dell’omonima famiglia, ed altri esponenti dei Tegano, organizzando con alcuni di loro un summit per definire nuove e congiunte modalità estorsive e la formazione di un gruppo misto costituito da appartenenti alle due distinte consorterie – una sorta di commissione tecnica – con l’obiettivo di evitare sovrapposizioni e fraintendimenti e provvedere ad un efficiente sistema di rastrellamento estorsivo lungo tutto l’asse del centro cittadino di Reggio Calabria, organizzando anche l’imposizione intimidatoria delle assunzioni da parte dei gestori di attività.
Nell’ordinanza di custodia cautelare il giudice scrive: “Quelle De Stefano-Tegano non sono solo famiglie mafiose ma sono le famiglie mafiose doc, riconosciute, che hanno rapporti con le altre famiglie mafiose, come emerge dalle sentenze passate in giudicato acquisite. Ma è soprattutto mafia vera perché si ritiene padrona piena ed esclusiva del territorio, con tutti i relativi poteri. E mafia che vive anche del ‘prestigio‘ dei capostipiti mitici, intatto anche con la detenzione, per come emergente dalla serie di dichiarazioni incrociate di collaboratori che dipingono prestigio, alleanze, potere ricattatorio e capacità e possibilità di comunicare determinazioni dal carcere”. Il magistrato ricostruisce come in “molti processi è emerso dai dichiarati dei collaboratori come essi, nelle fasi detentive precedenti alla collaborazione stessa, fossero stipendiati dalle organizzazioni ed emerge, dalle intercettazioni, come il carcere fosse un luogo di aggregazione e come si tornasse subito attivi all’uscita”. E “la sottolineatura – prosegue – è utile solo per comprendere la forza delle associazioni, che non è costituita solo dai soggetti intercettati o pedinati o in libertà ma anche dai detenuti, con il loro peso, con il prestigio che loro dà il carcere e con quell’aspettativa di un pronto rientro in campo, con la scarcerazione, che essi danno, e consentono sia fondata, all’associazione”. L’ordinanza considera il dato come “significativo per cogliere nel loro complesso le associazioni e per ribadire e comprendere come le cosche di cui si parla, pur se si presentano a quadri ridotti e con obiettivi civili, sono appunto quelle stesse che pochi anni prima hanno fatto stragi di uomini e scempio dell’umanità“.
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Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
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Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
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(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
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Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.