“Il privato ha aperto le sale di terapie intensive e le sue stanze lussuose a pazienti ordinari che venivano trasferiti dal pubblico”. Sembra una battuta tratta da un film di Paolo Villaggio. Potrebbe averla fatta il conte Piermatteo Barambani Megalom, direttore della mitica Megaditta. Lo stesso che dice a Fantozzi e Filini: “La mia famiglia siete voi poveracci. I miei cari inferiori! Sarebbero disposti a essere ospiti nella mia barchetta? (uno yacht su cui finiranno schiavizzati, ndr)”. Invece, no: l’affermazione è stata pronunciata da Giulio Gallera (Forza Italia), assessore lombardo alla Sanità. Certo, un po’ fa sorridere, amaramente. Eppure, al di là dell’ennesima frase infelice, gli va riconosciuta una sintesi sincera: l’unica sanità buona è quella ceduta ai privati, seppur foraggiata con soldi della comunità; con tanti saluti a quella pubblica, che dovrebbe essere garantita con efficienza a tutti i cittadini, a prescindere dalla loro presunta “ordinarietà”.
L’assessore – braccio destro del presidente della Giunta regionale Attilio Fontana (Lega) sul fronte Covid-19 – ha pronunciato quelle parole il 24 giugno, durante la conferenza online intitolata “La nuova sanità: investimenti, spesa sanitaria e contributo alla Digital Health”. Ha detto: “Il sistema lombardo è un sistema unico e di grande eccellenza: ha messo pubblico e privato in un sistema di competizione e collaborazione. Vogliamo continuare su questa strada perché nella fase dell’epidemia il privato si è messo immediatamente a disposizione e con una grandissima capacità: è una grande forza perché il privato stimola il pubblico e questo ci rende più forti e attrattivi”. Poi, dopo aver sottolineato l’effetto taumaturgico e stimolante degli imprenditori privati, ha citato i “pazienti ordinari” generosamente ammessi nel lusso, allorché “gli ospedali sono stati sommersi da pazienti Covid”.
A parte il lato tragicomico delle affermazioni – fatte in una regione in cui il coronavirus ha provocato una strage ((alla data di oggi si contano quasi 17.000 vittime) su cui sta indagando la magistratura – l’intervento di Gallera conferma che la Giunta lombarda, guidata da decenni da berlusconiani e leghisti, non ha alcuna intenzione di cambiare linea. Eppure quel sistema (che risponde a un quadro legislativo in base al quale le Regioni programmano e gestiscono la sanità autonomamente) ha provocato un effetto palese: l’area più ricca e industrializzata d’Italia è stata la più tartassata dal virus in Europa.
Nessuno, ovviamente, può sottovalutare lo straordinario impegno dimostrato da chi si è battuto contro la Covid-19 nelle strutture sanitarie, pubbliche e private, anche a rischio della propria vita. Tanto è vero che sono stati gli Ordini dei medici e la Federazione italiana del medici di Medicina generale (di famiglia) a sottolineare che c’è stato un baratro tra chi gestisce politicamente la sanità regionale e chi lavora negli ospedali, negli studi medici, nell’assistenza diretta e negli ambulatori. Il fatto è che il sistema sanitario lombarda, osannato per le prestazioni specialistiche, si è ingrippato al cospetto di un’epidemia: straordinaria, ma prevista, come eventualità, dagli esperti in Epidemiologia.
Perché è successo? Proprio perché la sanità lombarda è stata impostata da anni nel modo di cui Gallera si vanta. In effetti, sono tantissime in Lombardia le strutture ospedaliere di alto livello: private, convenzionate con la Regione, o pubbliche. Però il virus ha messo in evidenza che non esiste più una valida organizzazione sanitaria di base e preventiva: quella che riduce i ricoveri ospedalieri. Si paga dunque il fatto che da più di vent’anni, cioè dall’ascesa ai vertici, nel 1995, di Roberto Formigoni (berlusconiano e ciellino, in sella fino al 2013) a oggi, in Lombardia più che altrove si è fatto di tutto per favorire la cura delle malattie molto redditizie (care ai fan della privatizzazione), trascurando o addirittura tralasciando la sorveglianza epidemiologica. Col risultato che nelle prime fasi della pandemia, e almeno fino al 2 marzo (altro che disponibilità immediata dei privati, è arrivata loro una richiesta…), le uniche strutture in prima linea sono state quelle pubbliche.
Perché nessuna delle strutture private convenzionate col Sistema sociosanitario lombardo (SSL), finanziate con soldi pubblici, era pronta, malgrado esse rappresentino più della metà più degli ospedali in Lombardia (fino al 1997 erano in netta minoranza)? Maria Elisa Sartor, professoressa a contratto nel Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità dell’Università degli Studi di Milano, in un’intervista a Strisciarossa ha detto: “Tutto ciò è accaduto nella regione italiana che ha concepito la cosiddetta ‘partecipazione paritaria della sanità privata al servizio sanitario della Lombardia’ come fulcro ed elemento portante del suo modello. Invece per garantire la salute della collettività serve una vera sanità pubblica, ovviamente ben governata. Ma questa impostazione è proprio il contrario di quella sostenuta e varata dal 1997 in poi. Dobbiamo davvero augurarci che, dopo questa esperienza, venga cambiata drasticamente la rotta del sistema sanitario regionale lombardo”.
Peccato che secondo l’assessore Gallera, e anche per il presidente Attilio Fontana e la sua giunta, tutto vada bene così com’è, con il sostegno dei vertici di Forza Italia e della Lega salviniana. Nell’attesa, un interrogativo sorge spontaneo: sarà casuale il fatto che nell’ultimo ventennio non ci sia stata una legislatura regionale risparmiata da inchieste su varie “mazzette sanitarie” e che Formigoni, “padre” del modello aziendalista, sia stato condannato definitivamente a 5 anni e 10 mesi proprio per un caso di questo genere? Forse, la risposta è “No”.