La maledizione si è spezzata. “You’re will never walk alone” può finalmente diffondersi su tutto il territorio inglese. Dopo un’attesa durata trent’anni il Liverpool è campione d’Inghilterra. È il 19esimo titolo della storia dei Reds (a -1 dal record del Manchester United), il primo nell’era Premier League. È arrivato con sette giornate d’anticipo e senza nemmeno scendere in campo. Il due a uno del Chelsea sul Manchester City di Guardiola ha portato il vantaggio dei Reds sui Citizen a +23. Il distacco è diventato incolmabile.
Quello del Liverpool è stato un cammino impressionante. Ventotto vittorie, due pareggi e una sola sconfitta. Un torneo condotto in testa alla classifica dall’inizio alla fine, che ha avuto un punto di svolta decisivo con la vittoria per tre a uno nello scontro diretto contro il Manchester City dello scorso 10 novembre. Un trionfo atteso da una città vogliosa di veder finire questa sorta di maledizione calcistica. Un’anatema che ha saputo resistere a tecnici come Gerard Houllier e Rafa Benitez, ad attaccanti come Fernando Torres e Michael Owen. E, sopratutto, al capitano più iconico della storia dei Reds: Steven Gerrard. L’uomo capace di vincere tutto tranne il campionato, perso nel 2014 proprio a causa di una sua scivolata nel match contro il Chelsea. Il prossimo 26 luglio toccherà a Jordan Henderson sollevare il trofeo della Premier League. Quando lo scozzese Alan Hansen alzava l’ultimo titolo prima del lungo digiuno, nel 1990, Henderson doveva ancora nascere. Nella rosa attuale solo in cinque invece erano già nati.
È il 28 aprile 1990. Manca un mese e mezzo all’inizio di Italia 90 e ad Anfield Road si gioca la terzultima giornata. Liverpool e l’Aston Villa di David Platt si contengono il titolo: 73 punti per i Reds, 67 per i Villans. Soltanto una sconfitta della capolista e una vittoria della squadra di Birmingham potrebbe rimettere tutto in gioco. Di fronte agli uomini di Kenny Dalglish c’è il Queens Park Rangers, senza più ambizioni di classifica. Il Liverpool si ritrova con il titolo in tasca. Eppure Roy Wegerle porta in vantaggio il QPR. Per brevi istanti i Reds temono di rivivere l’incubo di dodici mesi prima, quando una rete, a venticinque secondi dalla fine, del Gunners Michael Thomas ad Anfield Road consegnò all’Arsenal il titolo. Stavolta però a rasserenare l’ambiente ci sono le notizie che giungono da Birmingham. L’Aston Villa sta crollando in casa contro il Norwich City. Alla fine del primo tempo il punteggio è addirittura di tre a zero per i Canaries. Ad Anfield Road invece si va al riposo sull’uno a uno. A cinque minuti dall’intervallo Ian Rush – tornato sui suoi livelli realizzativi dopo l’avventura poco fortunata con la maglia della Juventus – ha messo sotto la traversa un destro potente. Nella ripresa John Barnes, dal dischetto, mette il sigillo sul diciottesimo scudetto. Palla a destra, portiere a sinistra. Poco importa se l’Aston Villa riesce a portare a compimento la rimonta. Il Liverpool di Dalglish è campione. Nessuno può immaginare che ci vorranno trent’anni per rivederlo sul tetto d’Inghilterra.
Se all’epoca a essere portato in trionfo era l’allenatore di Glasgow, oggi a entrare definitivamente nella storia del club è Jurgen Klopp. Forse l’unico tecnico che poteva riportare il titolo sulla riva rossa della Mersey. È soprannominato “il Mago”. E solo un mago può estirpare una maledizione. Ordine, velocità, verticalità e creatività allo stato puro. È la filosofia di calcio che il tedesco ha voluto infondere fin dal primo momento al suo Liverpool. Arrivato nel 2015 per sostituire Brendan Rodgers, tra finali perse (tra cui una di Europa League e una di Champions League) e risultati che tardavano ad arrivare, le delusioni non sono mancate. Ma alla fine il Liverpool più forte mai sceso su un rettangolo di gioco è venuto alla luce. Per molti più grande anche di più di quello creato da Bill Shankly negli anni Sessanta e Settanta. La Premier League 2019/2020 è il trionfo personale di un uomo dalla grande umanità, dal carisma trascinante e dall’eccellenza calcistica, capace di sfruttare le vittorie in Champions League, Supercoppa Europea e Mondiale per Club per infondere nuovi stimoli a un gruppo che pare aver raggiunto la piena consapevolezza dei propri mezzi.
I giocatori, appunto. Nel Liverpool campione d’Inghilterra non c’è soltanto un grande allenatore. C’è anche una squadra difficilmente replicabile. Il miglior portiere Alisson, il miglior difensore centrale Van Dijk, il migliore terzino destro Alexander-Arnold e uno dei tre tridenti d’attacco migliori del mondo: Salah, Firmino e Mané. E poi Robertson a sinistra, Fabinho e capitan Henderson in mezzo al campo, Wijnaldum come mezz’ala, l’esperto Milner, il talento di Oxlade-Chamberlaine e un dodicesimo completo come Origi. Un’orchestra perfetta diretta dal migliore allenatore del mondo, che adesso ha un ultimo obiettivo davanti a sé: impattare quota cento punti per segnare il nuovo record del campionato inglese. Mancano solo quattordici punti. In palio ce ne sono ancora ventuno. Il ciclo dei Reds pare essere solo nella sua fase iniziale. E la sensazione è che non si chiuderà presto.