Dopo l'ex Nar liberi pure l'ex ras delle cooperative e l'ex consigliere regionale di Forza Italia. La Corte d’Appello di Roma ha disposto per entrambi l’obbligo di dimora nel territorio capitolino: "Sostanziale analogia - scrive la corte - fra la posizione di Carminati con quella di Buzzi, ed a maggior ragione quindi con quella di Gramazio, oggetto di un’accusa ben più circoscritta, ritiene di dover valutare, per le medesime argomentazioni, ormai decorsi i termini massimi di custodia cautelare"
L’album di famiglia è completo. Anche Salvatore Buzzi è tornato libero per decorrenza dei termini della custodia cautelare. Ex ras delle cooperative, Buzzi è uno dei due imputati principali del processo Mondo di mezzo. L’altro era Massimo Carminati, tornato libero la settimana scorsa sempre per decorrenza dei termini dopo 5 anni e 7 mesi per scadenza dei termini. Oggi è stato rilasciato pure Luca Gramazio, ex consigliere di Forza Italia in Regione Lazio. A deciderlo è stata la Corte d’Appello di Roma che ha disposto per il ras delle cooperative l’obbligo di dimora nel territorio capitolino. Bruzzi e Gramazio si trovavano agli arresti domiciliari: per entrambi è stato imposto anche il divieto di espatrio. Nel provvedimento i giudici dichiarano “la perdita di efficacia dei provvedimenti cautelari in relazione a tutti i capi di imputazione per i quali erano stati adottati per decorso dei relativi termini massimi di custodia cautelare”.
“Stessa situazione tra Carminati e Buzzi”- Nelle motivazioni con le quali spiega perché ha concesso la liberazione, la prima sezione penale della Corte di Appello di Roma scrive: “Questa Corte ritiene di dover aderire all’interpretazione del Riesame di Roma e stante la sostanziale analogia fra la posizione di Carminati con quella di Buzzi, ed a maggior ragione quindi con quella di Gramazio, oggetto di un’accusa ben più circoscritta, ritiene di dover valutare, per le medesime argomentazioni, ormai decorsi i termini massimi di custodia cautelare nei riguardi di tali due imputati dichiarando conseguentemente la perdita di efficacia delle ordinanze cautelari adottate nei loro confronti”. Esultano le difese :”La Corte di Appello ha riconosciuto che sono scaduti i termini della custodia cautelare. Si avvia verso una soluzione positiva per quello che è rimasto di questo processo dopo che la Cassazione ha riconosciuto che non era mafia”, dice l’avvocato Alessandro Diddi che insieme a Piergerardo Santoro difende Buzzi.
Cassazione, 8 mesi per scrivere le motivazioni – In pratica, così come era stato per Carminati, anche la liberazione di Buzzi e Gramazio certifica due concetti: dopo l’annullamento della Suprema corte la condanna dell’ex politico e dell’ex ras delle cooperative non è ancora definitiva e dunque si trova ancora in custodia cautelare; quest’ultima, però, è già scaduta visto che la Cassazione ha cancellato le condanne per mafia. E nel frattempo ci ha impiegato ben otto mesi per depositare le motivazioni: gli ermellini hanno emesso sentenza il 22 ottobre, mentre le motivazioni sono state depositate il 12 giugno. Nel frattempo, i termini di custodia cautelare sono scaduti. E dire che in questo periodo le udienze erano bloccate a causa dell’emergenza coronavirus: i giudici avrebbero potuto sfruttare il lockdown per scrivere le motivazioni ed evitare la scarcerazione degli imputati eccellenti del processo Mondo di Mezzo. Nel caso di Carminati, il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, aveva delegato l’ispettorato generale a svolgere i necessari accertamenti preliminari in merito alla scarcerazione.
L’ex assassino divenuto ras delle coop – Già condannato per omicidio, poi graziato e diventato il ras delle cooperative rosse che nella Capitale facevano affari con gli enti pubblici, Buzzi deve essere processato nuovamente ma la sua pena deve essere soltanto ricalcolata. Come del resto tutti gli altri assolti dal 416bis del processo. E quindi con ogni probabilità la condanna definitiva sarà più bassa dei 18 anni e 4 mesi, che i giudici di secondo grado gli avevano inflitto ritenendolo invece responsabile di associazione a delinquere di stampo mafioso. In primo grado, invece, pur escludendo le accuse di mafia, i giudici avevano inflitto pene elevate: 19 anni di carcere.
La storia dei processi – Secondo i giudici del primo grado a Roma c’erano “due diversi gruppi criminali“, uno che faceva capo a Buzzi e un altro a Carminati, ma nessuna mafia. Una forma di criminalità organizzata né “autonoma” né “derivata” perché di fatto, secondo i giudici, era assente quella violenza, quella intimidazione che caratterizza le organizzazioni criminali punite con l’articolo 416 bis. E né la corruzione, per quanto pervasiva, sistematica e capace di arrivare fino al cuore della politica, poteva essere considerata alla stregua della forza intimidatrice tipica delle mafie. L’appello aveva ribaltato quella sentenza riconoscendo il 416 bis. Poi era arrivata la Cassazione: non era mafia Capitale. Solo corruzione. Secondo gli investigatori del Ros, invece, a Roma c’erano un gruppo di personaggi con un passato da Romanzo criminale e un presente nei palazzi che contano, capace di infiltrarsi e fare business nella gestione dei centri accoglienza per immigrati e dei campi nomadi, di finanziare cene e campagne elettorali con una filosofia ben precisa. Di cui Carminati era l’ideologi: “È la teoria del mondo di mezzo compà. Ci stanno, come si dice, i vivi sopra e i morti sotto e noi stiamo nel mezzo. E allora vuol dire che ci sta un mondo… un mondo in mezzo in cui tutti si incontrano… come è possibile… che ne so… che un domani io posso stare a cena con Berlusconi”. Quell’intercettazione aveva dato il nome a tutta l’inchiesta.