L'organo che ha accolto il ricorso degli ex parlamentari contro il taglio delle indennità è da mesi al centro delle polemiche per la sua composizione. La 5 stelle Evangelista a novembre si dimise per "l'intreccio di relazioni amichevoli e professionali" nelle nomine dei componenti. Il senatore M5s Di Nicola: "L'impronte digitali sono di Forza Italia". Ora la presidente prende le distanze: "A me dispiace molto che questa decisionefconte sia intervenuta in un momento così difficile per gli italiani ma comunque la sentenza è appellabile"
Il voto che ha riportato i vitalizi per gli ex senatori è finito tre a due. Dei cinque presenti nella commissione contenziosa a Palazzo Madama, in tre si sono espressi per ripristinare il privilegio agli ex senatori. Di certo sappiamo chi ha detto di no: il leghista Simone Pillon e l’ex M5s, fresca fresca di approdo al Carroccio, Alessandra Riccardi. Allora chi ha votato a favore? Agli indiziati principali, che hanno scelto di mantenere il massimo riserbo su quanto avvenuto a porte chiuse, non resta che arrivarci per esclusione. Stando a quanto sappiamo, altre tre persone erano presenti oltre ai due senatori della Lega: il presidente forzista di lungo corso Giacomo Caliendo e i due tecnici nominati dalla presidente del Senato (anche lei di Forza Italia) Elisabetta Alberti Casellati. Si tratta di due professori: Gianni Ballarani e Giuseppe Dalla Torre, che, interpellati dall’agenzia Adnkronos, hanno confermato il voto per il ripristino dei vitalizi. Caliendo si è limitato a giustificarsi parlando di “applicazione della legge”, ma nel merito del come ha votato effettivamente né ha rilasciato commenti né ha smentito chi da quasi 24 ore lo mette tra i sì decisivi della commissione.
Ma è proprio la composizione della commissione, ancora prima del come si sono espressi i suoi presenti, a far discutere da mesi: Caliendo, non solo è molto vicino alla presidente Casellati e al suo capo di gabinetto Nitto Palma, ma è anche tra coloro che potranno beneficiare dello stop al privilegio. “Ha votato sì ben sapendo così di mettersi in una situazione di conflitto di interesse”, ha denunciato il senatore M5s Primo Di Nicola. “A ben vedere il ripristino di questo vitalizio, l’offesa a milioni di pensionati e al senso di giustizia che milioni di italiani da decenni chiedono, porta le impronte digitali di un’unica parte politica, Forza Italia”. Una ricostruzione respinta dalla presidente Casellati stessa, che ora cerca di prendere le distanze da quanto avvenuto in quella stanza: “La presidente del Senato non c’entra nulla con la decisione della giunta che è un vero e proprio tribunale, non sarebbe corretto né dal punto di vista etico né dal punto di vista giuridico”. Ma non solo. La Casellati ci ha tenuto a sottolineare che è stata lei la prima a chiedere che alcuni membri dell’organo parlamentare, dopo essere stati nominati dalla stessa presidente, fossero sostituiti: “Pochi mesi fa c’è stata una forte polemica ancora su alcuni componenti e proprio in nome della trasparenza ho sollecitato, e posso fare soltanto questo, il cambiamento di alcuni membri, cosa che è avvenuta puntualmente. Quindi a me dispiace molto che questa decisione sia intervenuta in un momento così difficile per gli italiani ma comunque la sentenza è appellabile”.
Il caso Caliendo – A capo della commissione contenziosa, la presidente Casellati non ha messo un nome qualunque. Giacomo Caliendo è senatore per Forza Italia dal 2008 ed è stato sottosegretario alla Giustizia nel governo Berlusconi IV. Vicinissimo alla presidente del Senato e al suo capo di gabinetto Palma, Caliendo nei mesi scorsi era finito al centro delle polemiche per la sua posizione, era l’accusa, “di conflitto di interessi” in commissione. Perché? Nel decidere se accogliere il ricorso contro il taglio dei vitalizi dei 700 ex senatori, avrebbe di fatto giudicato anche la sua posizione di senatore che potrà, stando così le cose, ancora beneficiare dell’assegno pieno. E viste le polemiche sull’inopportunità della sua posizione, Caliendo il 5 febbraio scorso si era presentato in Aula per fare il gesto di essere pronto a farsi da parte: “Ho raggiunto la decisione di astenermi dal quel processo”, disse. Ma le motivazioni non erano chiare: “Lo faccio per difendere il Senato e i principi dell’autodichia che sarebbero messi in forse da iniziative che crescono per impedire che sia assunta una decisione corretta con le regole del diritto e non con la forza della maggioranza”. Motivazioni talmente poco chiare che il collegio di appello di Palazzo Madama, presieduto da un altro forzista come Luigi Vitali, aveva respinto la sua decisione e anzi, aveva detto che se si fosse fatto da parte avrebbe creato un “pericoloso precedente”.
Oggi Caliendo, che apertamente non ha mai detto come si è schierato nel voto finale, si difende e si giustifica invocando il rispetto delle norme. “La commissione contenziosa è un organo giurisdizionale che applica la legge“, ha detto mentre crescevano le polemiche per il voto, “e non può modulare le proprie decisioni in base a convinzioni politiche, per cui sarebbe auspicabile che le critiche tenessero conto di tale non irrilevante particolare su cui si fonda anche l ‘autodichia della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”.
I due prof laici scelti dalla Casellati e le polemiche per “l’intreccio di relazioni amichevoli e professionali” – Negli ultimi mesi sono stati tanti i tormenti della commissione. Tutto è cominciato con lo scoop de il Fatto Quotidiano che a fine gennaio ha rivelato come fosse già stato preparato un documento per accogliere il ricorso e che questo fosse stato scritto ben prima della camera di consiglio. Ma che qualcosa di strano stesse succedendo tra quei banchi era già emerso due mesi prima quando, era novembre del 2019, la senatrice M5s Elvira Evangelista aveva lasciato la commissione perché, disse, “tra i membri c’era un intreccio di relazioni amichevoli e professionali”. Un riferimento chiaro alle manovre in casa Forza Italia e ai nomi scelti dalla stessa Casellati. Sotto accusa era finito Cesare Martellino, giudice e componente tecnico dell’organo interno a Palazzo Madama, già collega di Nitto Palma alla Procura di Roma, all’Ufficio indagini della Federcalcio e al Comitato organizzatore dei mondiali del ’90.
Martellino, non è un caso, alla fine non si è presentato in commissione a votare. I laici presenti al voto erano due componenti che figurano tra i supplenti dell’organo di Palazzo Madama: i professori Gianni Ballarani e Giuseppe Dalla Torre. Quest’ultimo, già rettore dell’università Lumsa ed ex presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, all’Adnkronos ha dichiarato: “Non rilascio interviste, non ho niente da dire, confermo solo il mio voto” per lo stop alla delibera per il taglio dei vitalizi. Così come Ballarani: “Non posso rilasciare commenti, faccio parte del collegio giudicante, eticamente non posso”, ha detto il professore straordinario di Diritto Privato presso la Pontificia Università Lateranense. “Il mio voto è stato a favore del ripristino dei vitalizi? Non confermo le indiscrezioni, diciamo, in linea di principio di sì, diciamo così”.