Per decidere su un ricorso relativo a un sequestro a carico di un ex commissario di un concorso pubblico, i giudici della Cassazione (sesta sezione, presidente Massimo Ricciarelli) hanno acquisito informative e intercettazioni dell'indagine riservata. Rigettando il ricorso dell'indagato descrivono un "sistema per il procacciamento di candidati ai quali proporre i pagamenti per il positivo superamento delle proce concorsuali"
Si era rifiutato di pagare per vincere il concorso e ottenere quindi un posto da Vigile del fuoco. Escluderlo significava “dare una lezione” agli altri candidati che non si adeguavano. Il giovane finì in fondo alle graduatorie, ma adesso assieme ad altri trentanove partecipanti è stato riammesso dal Consiglio di Stato. Due di loro furono spediti a casa quando già stavano seguendo il corso di addestramento alla scuola di Capannelle, a Roma.
Sembra essere un vero e proprio “sistema per il procacciamento di candidati ai quali proporre i pagamenti per il positivo superamento delle prove concorsuali”. Chi accettava di pagare vedeva il suo nome annotato in un elenco, con a fianco le somme sborsate: da 500 a 3000 euro a testa per la promessa di avere un giorno una divisa. E il relativo stipendio. Quell’appunto è stato sequestrato il 29 maggio dello scorso anno a casa di uno dei commissari di quel concorso, Giuseppe Pipitone, 55enne vigile del fuoco originario di Alcamo, nel Trapanese. I suoi legali presentarono un ricorso e adesso dopo i vari appelli, la Cassazione ha confermato il sequestro, pubblicando il 7 aprile scorso le motivazioni del provvedimento. Aprendo uno squarcio sull’inchiesta dei pm di Trapani – tuttora top secret – sul concorso del 2017 per 250 posti, in cui Pipitone è indagato per corruzione continuata, in concorso con Alessandro Filippo Lupo, vigile del fuoco in servizio a Venezia e segretario di categoria della Uil. Lupo è stato già sospeso in seguito all’indagine della procura di Benevento sulle tangenti per superare i concorsi per un posto nelle forze dell’ordine, in cui è indagato.
L’indagine riguarda anche altre persone e la posizione di Lupo è tornata a Trapani dopo esser passata per il Tribunale di Roma per una presunta incompetenza territoriale. I due godevano dei contatti giusti al Ministero dell’Interno e per valutare i ricorsi presentati dai legali di Pipitone, i giudici della Cassazione (sesta sezione, presidente Massimo Ricciarelli) hanno acquisito informative e intercettazioni dell’indagine riservata. A partire dalle testimonianze di due giovani che denunciarono la richiesta di tangenti e non furono ammessi alle prove successive. Uno di loro – che nel frattempo ha vinto un concorso in Polizia – adesso rientra tra i quaranta riammessi, dopo i ricorsi presentati dallo studio legale “Pro Legis” dell’avvocato Antonio Zimbardi. Già il Tar del Lazio aveva annullato la graduatoria perché il Dipartimento dei vigili del fuoco aveva “ingiustamente omesso di valutare il diploma dei ricorrenti”. In pratica agli esclusi non gli era stato riconosciuto alcun punteggio perché avevano un “diploma quinquennale di perito programmatore” anziché di “perito informatico”.
I due testimoni hanno descritto la genesi dei rapporti con Pipitone. Al centro del “sistema” c’erano i corsi di formazione preparatori al concorso. I testimoni “avevano partecipato ai corsi di formazione preparati dall’indagato, corsi che costituivano vero e proprio sistema per il procacciamento di potenziali candidati ai quali proporre i pagamenti per il positivo superamento delle prove concorsuali”. A spiegare il metodo era lo stesso Pipitone che, intercettato “illustrava ai suoi interlocutori le modalità della condotta illecita allestita”, anche grazie ai contatti di Lupo, monitorato anche durante alcuni incontri avvenuti al Ministero dell’Interno. L’anno scorso poi gli agenti della sezione di pg del Corpo forestale di Trapani e i carabinieri del comando provinciale eseguirono delle perquisizioni, sia nel trapanese che in altre città come Roma e Venezia. A casa di Pipitone, oltre all’elenco di chi aveva pagato, furono sequestrati 7.243 euro in “banconote da piccolo taglio, contenute in distinte buste e custodita in un garage” di Pipitone. Il provvedimento non venne convalidato, ma a due mesi di distanza fu emesso un sequestro preventivo.
La piccola cittadina di Alcamo era diventata la mecca per i candidati vigili del fuoco. Basti pensare che gli investigatori hanno accertato la “presenza nella graduatoria finale di approvazione dei risultati del concorso stesso“, di tutti i nominativi riportati nell’elenco sequestrato a casa di Pipitone. Insomma: bastava pagare per essere sicuri di vincere il concorso. D’altra parte nella città di Alcamo ha sempre fatto scalpore l’alta percentuale di vincitori nei vari concorsi banditi per un posto da vigile del fuoco. Dopo la prova preselettiva si accedeva alle prove motorie-attidudinali, poi al colloquio con le valutazioni dei titoli e infine alle visite mediche. Ma chi non pagava, si fermava al primo turno. L’indagine dei pm di Trapani (procuratore aggiunto Maurizio Agnello e dai sostituti procuratori Sara Morri, Francesca Urbani e Andrea Tarondo, da luglio 2019 fuori ruolo, per coordinare un progetto sulla lotta al narcotraffico in Perù) è lo stralcio di un fascicolo da cui sono scaturite inchieste su politica, corruzione e truffe nei centri d’accoglienza per migranti. Un filone dell’indagine odierna inoltre riguarda l’influenza dei salotti e della massoneria locale e tra gli indagati c’è un iscritto a una loggia, anche lui operativo – attraverso altri massoni – nel reclutare candidati nei concorsi pubblici.
Riceviamo e pubblichiamo
“I 40 ragazzi partecipanti al ricorso collettivo patrocinato dallo scrivente hanno conseguito l’idoneità all’esito delle prove ed hanno presentato ricorso dopo che la P.A. ha negato loro il riconoscimento del diploma. Il T.A.R. Lazio, con Sentenza 9372/19, ha riconosciuto il diritto dei ricorrenti a veder rettificata la loro posizione in graduatoria ordinando la valutazione del titolo di studio. La P.A., nel dare esecuzione alla pronuncia del TAR, ha assunto 3 (dei 40) ragazzi che sono quindi divenuti vincitori. Proposto appello da quest’ultima, il Consiglio di Stato, con Ordinanza 5534/19, ha temporaneamente “congelato” la pronuncia e poi, con Sentenza 3188/20, ha confermato l’accoglimento del ricorso. Ne discende che nelle more i 3 ragazzi già assunti sono stati momentaneamente sospesi dal corso. Nulla a che vedere con la vicenda giudiziale narrata nell’articolo laddove si sostiene che i ragazzi si sarebbero rivolti allo scrivente onde avere giustizia dopo essere finiti in fondo alla graduatoria in quanto rifiutatisi di pagare somme ad appartenenti al C.n.v.v.f. Va precisato che dei 40 ragazzi ve ne è 1 che ha partecipato al ricorso collettivo dopo che non aveva superato la prova preselettiva, ma va detto che questi non l’ha superata perché non aveva raggiunto il punteggio minimo utile e si è pertanto rivolto allo scrivente dolendosi dell’illegittimità dell’anzidetta prova. Il T.A.R., con Sentenza 8259/19, ha accolto il nostro ricorso consentendo al candidato e agli altri partecipanti di proseguire l’iter; candidato che poi ha partecipato anche al secondo ricorso collettivo. Non posso tacere che in occasione dei ricorsi la UilPa Vvf, nella persona del S.G. Alessandro Filippo Lupo, ha sempre sostenuto l’azione giudiziale in favore dei nostri ragazzi”.
Avvocato Antonio Zimbardi