Il ricordo necessario, ma anche il rigore per “riflettere seriamente sugli errori da non ripetere”. Lì dove l’Italia è stata più ferita per il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. I camion dell’esercito che portano via le bare, i medici dell’ospedale Papa Giovanni XXIII sommersi da pazienti gravissimi e con la terapia intensiva al collasso, le case di riposo infettate dal virus che ha fatto strage dei più fragili. A Bergamo è stato il giorno dell’ultima preghiera. Un omaggio alle oltre seimila vittime del Covid che in quattro mesi ha cambiato per sempre il volto della città e di tutta la Bergamasca. Un popolo spaccato in due, ma dalla tempra inflessibile, che non si è mai arreso o fermato di fronte a una pandemia che in nessuna altra parte ha colpito così duramente. E il capo dello Stato, che il 2 giugno era stato a Codogno primo avamposto del fronte della pandemia, ha reso omaggio alle vittime al Cimitero monumentale, con la deposizione di una corona. Da quel piazzale dove partivano i camion per portare le salme in altre città e regioni. Quindi l’inquilino del Quirinale in piedi ha ascoltato l’Inno di Mameli circondato dai 243 sindaci della provincia invitati all’iniziativa. Con loro il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori e il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana.
“Tra l’omaggio reso alla lapide con la preghiera in poesia di Ernesto Olivero e la Messa da Requiem di Donizetti, lo spazio delle parole è doverosamente limitato; e rivolto soltanto a riflessioni essenziali. Qui a Bergamo, questa sera, c’è l’Italia che ha sofferto, che è stata ferita, che ha pianto” ha detto il capo dello Stato che ha appunto parlato anche di “errori da non ripetere”. Ma il presidente ha soprattutto sottolineato l’importanza di ricordare: “Fare memoria significa anzitutto ricordare i nostri morti e significa anche assumere piena consapevolezza di quel che è accaduto. Senza cedere alla tentazione illusoria di mettere tra parentesi questi mesi drammatici per riprendere come prima. Ricordare – ha esortato il Capo dello Stato – significa riflettere, seriamente, con rigorosa precisione, su ciò che non ha funzionato, sulle carenze di sistema, sugli errori da evitare di ripetere. Significa allo stesso modo rammentare il valore di quanto di positivo si è manifestato. La straordinaria disponibilità e umanità di medici, infermieri, personale sanitario, pubblici amministratori, donne e uomini della Protezione civile, militari, Forze dell’Ordine, volontari. Vanno ringraziati: oggi e in futuro. Qui – come altrove – si è potuto misurare concretamente il valore e lo spessore di queste testimonianze”.
“La mia partecipazione vuole testimoniare – ha sottolineato Mattarella – la vicinanza della Repubblica ai cittadini di questa terra così duramente colpita. Bergamo, oggi, rappresenta l’intera Italia, il cuore della Repubblica, che si inchina davanti alle migliaia di donne e uomini uccisi da una malattia, ancora in larga parte sconosciuta e che continua a minacciare il mondo, dopo averlo costretto, improvvisamente, a fermarsi o, comunque, a rallentare le sue attività”. Il presidente ha ricordato il dolore di chi non ha potuto né rivedere i propri cari prima della morte, né potergli dare l’ultimo saluto. “Oggi ci ritroviamo qui per ricordare. Per fare memoria dei tanti che non ci sono più. Del lutto che ha toccato tante famiglie, lasciando nelle nostre comunità un vuoto che niente potrà colmare“. Durante il lockdown anche i cimiteri sono stati chiusi ed era vietato celebrare funzioni. Una sofferenza ancora più grande per chi ha perso i propri cari. Alcuni famiglie hanno subito anche più di un lutto contemporaneamente.
Ma dal Colle arriva anche il riconoscimento alla forza di un popolo: “Rammentiamoci delle energie morali emerse quando, chiusi nelle nostre case, stretti tra angoscia e speranza, abbiamo cominciato a chiederci come sarebbe stato il nostro futuro. Il futuro della nostra Italia. La memoria ci carica di responsabilità. Senza coltivarla rischieremmo di restare prigionieri di inerzie, di pigrizie, di vecchi vizi da superare. Da quanto avvenuto dobbiamo, invece, uscire guardando avanti. Con la volontà di cambiare e di ricostruire che hanno avuto altre generazioni prima della nostra”. Forze ed energie che devono tornare utili il prossimo futuro: “La strada della ripartenza è stretta e in salita. Va percorsa con coraggio e determinazione. Con tenacia, con ostinazione, con spirito di sacrificio. Sono le doti di questa terra, che oggi parlano a tutta l’Italia per dire che insieme possiamo guardare con fiducia al nostro futuro”.
Mattarella ha poi parlato dell’opera dei primi cittadini impegnati anche loro in prima linea contro gli effetti della pandemia che ormai ha provocato quasi mezzo milione di morti nel mondo e 10 milioni di contagiati: “Come ben sanno i sindaci – che, vorrei ricordare anche qui, nei giorni più difficili, hanno operato con la più grande dedizione – si sono formate e messe in opera, in ogni comune, tante reti di solidarietà. Una maggioranza silenziosa ma concreta del nostro popolo che, senza nulla pretendere, si è messa in azione e ha consentito al Paese di affrontare le tante difficoltà e continuare a vivere. Senso del dovere e buona volontà di singoli. Queste risorse, accanto allo spirito di sacrificio e al rispetto delle regole, che la stragrande maggioranza dei nostri concittadini ha dimostrato, costituiscono un patrimonio prezioso per il Paese, da non disperdere”.
Prima del concerto, la lettura dell’Addio ai monti dai Promessi sposi di Alessandro Manzoni dal parte de direttore artistico del festival Donizetti Opera, Francesco Micheli. La Messa di Requiem, organizzata dal Comune di Bergamo e dalla Fondazione Teatro Donizetti, è stata eseguita dall’orchestra e dal coro del Donizetti Opera Festival. Sul podio dell’Orchestra e del Coro Donizetti Opera, il direttore musicale del Festival Riccardo Frizza.