Gli accertamenti sostanziali fatti nel 2019 sono stati poco più di 267mila, in lieve aumento rispetto all’anno precedente ma ben lontani dai 310mila all’anno che si registravano prima del 2016. Cioè fino alla sentenza della Consulta che dichiarò illegittima la nomina di 870 dirigenti delle Entrate lasciando l’ente senza catena di comando, questione risolta solo in parte con il via libera alle nuove “posizioni organizzative di elevata responsabilità” escogitate per sostituirli. E fino alle voluntary disclosure del governo Renzi, che hanno assorbito gran parte delle risorse umane necessarie per i controlli. In flessione invece il numero degli accertamenti parziali automatizzati, che passa da 251.907 nel 2018 a 239.996 nel 2019.
Quel che è peggio, è continuato a calare il rapporto tra controlli e numero di contribuenti, che ha “particolare importanza nella strategia di contrasto e nella valutazione dell’effettiva deterrenza che l’azione di accertamento sostanziale è in grado di esercitare”. Una tabella è particolarmente istruttiva: mostra l’evoluzione del numero di controlli sulle dieci attività di lavoro autonomo che includono il maggior numero di contribuenti. Dal commercio agli studi medici, passando per i servizi di ristorazione e di imbiancatura. Le verifiche, che erano state in tutto 84.299 nel 2015, dopo un picco nel 2017 sono scese lo scorso anno a sole 55.962. L’incidenza percentuale è calata così dal 2,6 all’1,8%, con picchi negativi dell’1% per i medici, dello 0,9% per gli studi legali e dello 0,8% per locazioni e compravendite di immobili. “Tartassati” i rappresentanti di commercio, con 11 controlli ogni 100, mentre per i bar e gelaterie l’incidenza si ferma al 3,5% contro il 4,4% dell’anno prima. Meglio va ad elettricisti e idraulici: rischio controllo fermo all’1,4%, il più basso da cinque anni. “Risulta del tutto evidente come le probabilità di essere sottoposti a controllo siano molto limitate“, chiosano i magistrati contabili.