di Diego Battistessa*
Quando parliamo di America Latina capita spesso di menzionare i popoli indigeni, soprattutto oggi che la loro situazione di storica e strutturale vulnerabilità è resa ancora più visibile a causa dall’avanzare del Covid-19. Poche volte però si realizza un approfondimento sulla pluralità e complessità ed eterogeneità dell’universo delle comunità indigene che popolano l’America Latina.
Per cominciare dobbiamo considerare che come ricorda la Banca Mondiale, determinare il numero esatto e la distribuzione dei popoli indigeni in America Latina non è compito facile per vari motivi. Da un lato la mancanza di informazioni e dati accurati forniti dagli Stati, dall’altro la definizione della natura stessa delle identità indigene. Nonostante ciò, la Cepal (Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi), nel report “Los pueblos indígenas en América Latina”, informa che sono più di 800 i popoli indigeni nella regione.
Una popolazione di quasi 45 milioni di persone (8,3% totale della popolazione della regione nel 2010), caratterizzata dall’ampia diversità demografica, sociale, territoriale e politica: dai villaggi in isolamento volontario alla loro presenza in grandi insediamenti urbani. Il Brasile è il Paese con la più alta pluralità di popoli indigeni, 305 secondo l’infografica di Cepal, che sommano una popolazione di quasi un milione di persone. In termini di diversità di popoli indigeni seguono Colombia (102), Perù (85), Messico (78) e Bolivia (39).
Se invece parliamo di quantità di persone riconosciute come indigene, scopriamo che il paese con il maggior numero è il Messico con 17 milioni (più del 15% della popolazione totale del paese). Seguono il Perù con 7 milioni di indigeni (il 24% della popolazione), la Bolivia con 6,2 milioni (più del 62% della popolazione), il Guatemala con 5,9 milioni (il 41 % della popolazione), il Cile con 1,8 milioni (l’11% della popolazione) e la Colombia con 1,6 milioni (il 3,4 % della popolazione).
Come possiamo vedere, sia la distribuzione assoluta che relativa, varia in modo importante. Nell’Atlas sociolinguistico dei popoli indigeni dell’America Latina, Unicef segnala che spiccano cinque popolazioni indigene che contano con diversi milioni di appartenenti: Quechua, Nahua, Aymara, Maya yucateco y Ki’che. Oltre a queste, ci sono altre sei popolazioni che contano con un numero di membri che si aggira tra il mezzo milione ed il milione: Mapuche, Maya q’eqchí, Kaqchikel, Mam, Mixteco y Otomí.
Infine scopriamo che sono El Salvador, il Belize e il Suriname ad essere i paesi con il minor numero di popoli indigeni sul loro territorio; 3 (13 310 persone), 4 (38 562 persone) e 5 (6 601 persone) rispettivamente. Un caso a parte è quello dell’Ecuador dove i numeri ufficiali dello Stato non coincidono con le stime realizzate dalle dalla Conaie (Confederación de Nacionalidades Indígenas dell’Ecuador). Lo Stato utilizza il criterio della lingua parlata, mentre la Conaie usa il criterio dell’autoidentificazione. Secondo la Conaie nel 2006 in Ecuador il 33,3% della popolazione era indigena mentre vediamo che nei dati proposti nell’infografica di Cepal (forniti dallo Stato ecuadoregno) solo il 7%.
Parlando di pluralità risulta necessario sottolineare anche la diversità linguistica che caratterizza i popoli indigeni nella regione. Sempre Unicef, segnala che esistono almeno 420 lingue diverse, delle quali 103 vengono definite transfrontaliere (cioè che vengono utilizzate in due o più paesi). Il Quechua è tra le lingue più parlate e si estende in ben 7 paesi: Argentina. Bolivia, Brasile, Colombia, Cile, Ecuador e Perù. Il carattere transfrontaliero non è una peculiarità solo della lingua ma anche delle comunità indigene stesse: esistono infatti almeno 108 popoli indigeni nella regione che vengono definiti come transfrontalieri perché vivono le frontiere statali in modo fluido e non restrittivo.
Sono ben 99 le famiglie linguistiche presenti nella regione e tra queste la famiglia linguistica conosciuta come Arawak è la più estesa: dal Centroamerica fino all’Amazzonia e da essa derivano più di 40 lingue in 10 paesi diversi. Un caso unico è poi quello del Paraguay è dove la stragrande maggioranza dei cittadini può parlare fluentemente in una lingua indigena, che oltre ad essere utilizzata a tutti i livelli è stata istituzionalizzata come lingua ufficiale insieme allo spagnolo: si tratta del Guaranì.
Insomma un quadro tutt’altro che omogeneo dove l’equilibrio è dato dall’armonia della diversità e che ci spinge ad informarci dettagliatamente per comprendere un universo di caratteristiche difformi e ancestrali.
*Docente e ricercatore dell’Istituto di studi Internazionali ed europei “Francisco de Vitoria” – Università Carlos III di Madrid. Latinoamericanista specializzato in Cooperazione Internazionale, Diritti Umani e Migrazioni.
www.diegobattistessa.com
Mail: dbattist@inst.uc3m.es
Instagram: Diegobattistessa