Mettiamola così: a San Siro, domenica 28 giugno dell’anno I post lockdown, nella partita clou del secondo turno di campionato della Fase 2, il Milan ha sconfitto la Roma ed è andato in vetta alla classifica, assieme alla Juve, all’Atalanta, al Cagliari e al Napoli, le uniche squadre a punteggio pieno dopo il lungo stop per colpa della pandemia. Tenendo conto della differenza reti, la squadra bianconera /6 gol fatti, nessuno subìto) precede i rossoneri (6 gol realizzati, 1 incassato). Poi seguono Napoli (5-1), Cagliari (5-3), infine Atalanta (6-4).
La prima giornata del dopoCovid – burocraticamente il 27esimo turno, perché così è stato deciso dai vertici del calcio – è stata spalmata da lunedì 22 a mercoledì 24 giugno ed ha registrato cinque vittorie in trasferta e due pareggi, con Atalanta, Roma e Torino che hanno vinto in casa. La mancanza di pubblico ha eliminato l’effetto trascinante delle tifoserie locali, giocare negli stadi vuoti ha palesemente influito sulla qualità e sui ritmi delle giocate. Il caldo ha limato il resto.
La seconda giornata del campionato postCovid (dal 26 al 28 giugno) ha invece ridimensionato un po’ le anomalie dell’esordio di Fase 2: tre successi in trasferta, cinque in casa e due pareggi. Il gioco è complessivamente migliorato nonostante il clima rovente, la classifica curiosamente vede le prime quattro distanziate ognuna da quella che la precede di… quattro punti. Roma, Napoli e Milan, a loro volta sono distaccate ciascuna dall’altra di tre punti: presidiano i posti destinati all’Europa League. Ventun punti separano i romanisti dagli juventini, nove dall’Atalanta.
La classifica di “prima” e quella di “dopo” sembrano raccontare due storie assai diverse. La Juventus ha mantenuto la leadership, ma a fatica. La Lazio ha usufruito di un rigore assai generoso per restare in scia, ma non pare la squadra competitiva e feroce di quattro mesi fa. L’Inter annaspa, e Antonio Conte non è poi quel demiurgo tale da meritarsi 12 milioni l’anno. L’Atalanta correva prima, continua a correre dopo. La Roma ha sbattuto il naso contro il Milan. Va molto bene il Cagliari allenato da Zenga.
Ma è soprattutto Stefano Pioli la storia bella di questi giorni difficili. Allena il Milan sapendo comunque che la sua riconferma è improbabile e che alla fine del campionato gli daranno il benservito, preferendogli Ralf Rangnick, il “mister” manager del Lipsia: tanto per capirci, i primi contatti tra i dirigenti della Elliott – il fondo proprietario del Milan – e il tedesco risalgono allo scorso novembre. Si parla di un “nuovo progetto”, come i corifei della stampa sportiva hanno con solerzia riportato implacabilmente in tutti questi mesi. Immaginatevi Pioli che si ritrova sulla testa questa scorretta spada di Damocle pronta a decollarlo. Eppure, ha sempre reagito signorilmente alle capziose domande dei cronisti sportivi, pronti a sbranarlo. Un tormentone meschino e ingiusto. Come gran parte del mondo calcistico: dove conta di più il calciomercato delle stesse partite. E dove i procuratori e gli agenti dei calciatori destabilizzano i fragili equilibri delle società.
Il Milan, in particolare, è nel loro mirino. Non c’è mai requie. Nel momento in cui scrivo è giunta per esempio la notizia che George Atangana, agente di Franck Kessie, ha detto: “Ad oggi non ho ricevuto telefonate per Kessie, tuttavia spesso sento Gennaro Gattuso”, l’ex allenatore del Milan ed ora gran “capitano” del Napoli fresco vincitore di Coppa Italia. Messaggio che ha spaventato i tifosi rossoneri: ma come, proprio adesso che Kessie stava giocando meglio, rispetto a prima del Covid? La dichiarazione di Atangana è minacciosa. Perché è stata accompagnata da una frase che è quasi una sentenza: “Gattuso ha la capacità di stringere un forte rapporto con i propri giocatori. Al Milan ha legato in particolare con Kessie per vari fattori, ma questo è puramente un rapporto personale tra i due…”. Il sasso è lanciato nel torbido stagno milanista.
Fosse la prima volta. Pioli è coriaceo, ha straordinarie capacità di assorbimento e un obiettivo ben preciso: portare il Milan almeno in Europa League. Sa destreggiarsi dialetticamente, ed è riuscito a rimettere in sesto una squadra che lasciava a desiderare, quanto ad impegno e risultati. Eppure, secondo il sito Rossoneri Live, la stragrande maggioranza dei tifosi rossoneri sostiene che Pioli abbia certamente “i suoi meriti, ma non viene ritenuto adatto per un Milan ambizioso”. E questo, nonostante la rinascita, il fatto che il Milan vinca e convinca e che sia emerso un collettivo affamato di vittorie, di riscatto, di ricollocazione ai valori tradizionali del club. Il Milan, grazie a Pioli, è tornato solido e competitivo, come si è accorta la velleitaria Roma, in fondo il rammarico è per le prime sette partite di un campionato nato sbilenco, con l’incompreso allenatore Marco Giampaolo, boicottato dai suoi calciatori. Pioli si era quindi ritrovato con un Milan allo sbando e una proprietà che lo considerava soltanto “di passaggio”.
In tempi di coronavirus, il “tampone” per rimettere in riga una squadra apallica. C’è riuscito. Dimostrandosi un vero professionista e una gran brava persona. Dei tanti commenti, ne faccio mio uno, da rossonero doc: “Lo cacceranno per prendere un crucco che non ha vinto nulla”.