Per un ad della Rai incontrare un premier non è bello, soprattutto quando da tempo si parla di autonomia dell’azienda dal governo e dai partiti e in passato è già successo non senza critiche e polemiche (giuste). Ma nel caso di Fabrizio Salini la situazione è peggiorata dal fatto che egli incautamente incontrò lo scorso anno il ministro Matteo Salvini, che di Rai avrebbe dovuto occuparsene poco visto che era ministro degli Interni.
Dunque l’amministratore delegato è recidivo e stupisce come sia lui sia Giuseppe Conte non si siano resi conto dell’inopportunità di questo nuovo appuntamento. Se poi fosse vero che si è parlato di riforma dell’ente e magari del prolungamento del mandato del direttore generale, cosa in sé abbastanza condivisibile nel quadro di una riforma più generale, è evidente che siamo ad un’impasse dalla quale il governo farebbe bene ad uscire rapidamente.
Premesso che quando si parla della questione Rai bisognerebbe parlare della questione tv nel suo complesso, visto che il regime del duopolio è ancora vivo e vegeto (oltre il 60% degli ascolti va alle reti di Rai e Mediaset), nonché dell’abolizione di quell’obbrobrio di condono che prende il nome di Legge Gasparri, le forze politiche di maggioranza nel passato hanno parlato talmente tante volte della necessità dell’autonomia della Rai e della messa in sicurezza della tv di Stato, condannando lottizzazione e spoil system, che adesso non c’è altro spazio che il tempo delle scelte.
Più che incontrare Salini, non sappiamo se su richiesta di quest’ultimo o su sua iniziativa, Conte avrebbe dovuto porre all’ordine del giorno se non la questione della tv, troppa grazia, magari anche solo quella della riforma della Rai e chiamare ad un confronto stringente.
In passato per riformare la televisione si istituivano delle commissioni di studio ad hoc (Barile, Napolitano); oggi che le commissioni proliferano non sempre con costrutto se ne potrebbe fare magari una per approntare e varare al più presto una riforma che metta la Rai in sicurezza con un nuovo meccanismo di governance.
Ma ripensandoci forse è meglio di no, dato che in effetti le proposte ci sono e sono tutte sul tavolo. Vanno tutte bene: dal sorteggio per il nuovo Cda, alla Fondazione autonoma, al Consiglio superiore audiovisivo largamente rappresentativo di tutte le forze culturali, sociali, economiche e politiche del paese. Basta decidersi e legiferare.