Mancano meno di tre mesi alle elezioni in Liguria e tra Partito Democratico e Movimento 5 stelle il rischio è quello di uno psicodramma politico a tutto vantaggio di altri cinque anni di governo regionale del centrodestra. Eppure, l’asse giallorosso in salsa ligure sembrava partire con il piede giusto. Dopo cinque anni di convergenze dai banchi dell’opposizione contro le politiche del centrodestra, il Pd si era riunito alle liste alla sua sinistra (nella sigla di Campo Progressista) e aveva atteso il via libera di Rousseau all’accordo con il M5s. In queste lunghe settimane di lockdown rappresentanti di Campo Progressista e M5s si erano riuniti al tavolo (virtuale) per la condivisione di un programma unitario alternativo a quello di Lega e centrodestra incentrato su ambiente, salute, lavoro, trasporti e istruzione. Con l’unica vera difficoltà di trovare un accordo che soddisfacesse tutti sul nome del candidato Presidente.
Nel tentativo di sbloccare la situazione, il 9 giugno i delegati regionali di Pd e M5s, principali azionisti dell’alleanza sono scesi a Roma per discutere il nome del candidato unitario coinvolgendo i vertici nazionali. Ritenuto troppo vicino al Pd il nome dell’avvocato e presidente della Comunità Ebraica Ariel Dello Strologo e troppo debole quello dell’ex-preside di ingegneria Aristide Massardo, la due giorni di riunioni di inizio giugno si era sciolta, su proposta del vice segretario del Pd Andrea Orlando, con un’intesa di massima sulla candidatura di Ferruccio Sansa, giornalista del Fatto Quotidiano ritenuto più adeguato e competitivo in vista della contesa elettorale.
Sembrava tutto pronto: alleanza, programma e candidato, restava solo la conferma del Pd a livello regionale, attesa nell’arco di 48 ore. Ma i protagonisti non avevano calcolato le spaccature tra livello nazionale e regionale, guerre tra correnti e delicati rapporti di forza che faticano a trovare sintesi. Così, mentre la sinistra e i Cinque Stelle attendevano il via libera alla candidatura di Ferruccio Sansa, il Pd si è diviso su quattro posizioni inconciliabili tra loro: “Va bene chiunque basta andare uniti”, “Ok a Sansa”, “Chiunque tranne Sansa” e infine quelli che “Andiamo da soli con uno ‘nostro’”. Passano due settimane e non spunta fuori nessun nome “nuovo” capace di risolvere i conflitti interni al Pd e soddisfare le aspettative dei partner di Campo Progressista e M5s. Così, mentre la vicenda sembrava lentamente volgere alla “resa” dei vertici del Pd regionale al nome proposto dal loro stesso vice segretario, a ribaltare il tavolo è arrivato Matteo Renzi venerdì scorso: “Italia Viva sostiene l’alleanza, a patto che il candidato non sia un giornalista del Fatto”. Italia Viva, che sembrava muoversi verso una corsa solitaria con la candidatura dell’ex-pupilla di Toti e Bucci Elisa Serafini, ha così deciso di sostenere Aristide Massardo, che la scorsa settimana aveva deciso di rompere gli indugi autocandidandosi a Presidente nell’estremo tentativo di muovere le acque.
Arriviamo così all’ultimo colpo di scena. Spiazzando completamente gli alleati e senza preavviso, nella tarda serata di ieri sera con una nota il Movimento Cinque Stelle ha a sua volta rilanciato la candidatura di Aristide Massardo. “Preferivamo Sansa ma va benissimo Massardo – hanno spiegato a chi chiedeva delucidazioni – l’importante è che si parta subito senza perdere tempo prezioso”. Un asse inedito a sostegno dell’ex preside di Ingegneria dell’Università di Genova che vede uniti i burlandiani centristi del Pd, Italia Viva e i Cinque Stelle a favore del candidato che, fino alla settimana precedente, veniva ritenuto fuori dai giochi. La fuga in avanti ha provocato l’immediato irrigidimento della sinistra del Campo Progressista: “L’appello del M5s per Massardo è inaccettabile – ha scandito Luca Pastorino, deputato genovese di Leu – se Vito Crimi ha deciso di farsi dettare la linea da Renzi e da Paita faccia pure. Io ho sempre lavorato insieme a tutta l’area di campo progressista per una soluzione larga. Le forzature non portano a nulla di buono, auspico che il Pd convochi un tavolo di confronto”.