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Scuola, Azzolina: “Barriere di plexiglas nelle aule? Sempre stata una bufala. Sono stanca di leggere notizie false pubblicate per fare clic”

Le aule scolastiche coi divisori in plexiglas? È una bufala, è sempre stata una bufala dal primo momento. Ci vorrebbe maggiore correttezza e non solo da parte dei giornali, ma in generale. Tutt’oggi qualcuno continua dire che io voglio i divisori in plexiglas nelle scuole. C’è qualcuno che evidentemente vuole creare confusione e ci vive bene, ma, vi prego, guardate i documenti ufficiali del ministero dell’Istruzione o leggete quello che scriviamo sui social del ministero stesso, perché sinceramente sono stanca di leggere notizie false che fanno clic o ascolti“. Sono le parole pronunciate ai microfoni di “24 Mattino”, su Radio24, dalla ministra dell’istruzione Lucia Azzolina, che spiega dettagliatamente la genesi della notizia sulle barriere in plexiglas nelle scuole: “Avevamo fatto una riunione privata con il comitato tecnico-scientifico e stavamo valutando diverse misure per la riapertura delle scuole a settembre. Tra queste ipotesi, c’era quella dei divisori. Qualche minuto dopo, per due giornali quella dei divisori in plexiglas era diventata una notizia di primo piano. E poi è stata ripresa da tutti i giornali. Tre giorni dopo feci un video per dire che non avevamo mai parlato di plexiglas nelle scuole e, come risultato, alcuni giornali hanno titolato: ‘Azzolina fa marcia indietro’“.

La ministra annuncia lo stanziamento di 2,5 miliardi per le scuole, puntualizzando: “Avevo trovato 800 milioni di euro non spesi, che gli enti locali non sono mai riusciti a utilizzare. Quindi, quel miliardo che si cercava, in realtà, c’era già ma nessuno lo aveva visto. Quando feci domanda ad alcuni dirigenti del ministero dell’Istruzione per conoscere i conti e sapere tutto quello che non c’era di non speso, loro mi risposero che ero il primo ministro a fare questa richiesta. Ora abbiamo 2,5 miliardi, di cui 1,5 messi nel decreto Rilancio e adesso un miliardo in più – spiega – Sono fondi molto importanti, destinati a diversi aspetti: banchi singoli che permettono di recuperare spazio e noi dobbiamo mantenere un metro di distanza bocca a bocca in classe, banchi moderni che permetteranno una didattica moderna, nuovi spazi e nuove aule. I fondi serviranno anche per fare patti territoriali per portare gli studenti fuori dalla scuola tradizionale, il che piace molto agli studenti stessi, e ovviamente per l’organico“.

Circa il ritardo nella stesura delle linee guida per la riapertura delle scuole, Azzolina puntualizza: “Prendere delle decisioni a giugno sulla base di un quadro epidemiologico in itinere per settembre non è semplice. Dovevamo pensare a opzioni diverse sulla base del quadro epidemiologico che va cambiando. I documenti del ministero della Salute sono in costante aggiornamento, quindi anche noi dobbiamo aggiornarci di volta in volta. Vorrei ricordare che in altri Paesi europei le linee guida per settembre ancora non sono arrivate, in altri sono arrivate adesso: stiamo procedendo tutti nello stesso identico modo”.

E al conduttore Simone Spetia, che le chiede se si rimprovera qualcosa sulla tempistica, Azzolina risponde: “Penso si possa sempre fare di più, ma la tempistica nasce dal fatto che non decidiamo da soli, ma in primis sulla base delle indicazioni del Comitato tecnico scientifico del ministero. La questione del metro di distanza nelle scuole dipende dal quadro epidemiologico che cambia in continuazione. Noi le decisioni dobbiamo prenderle due mesi prima per due mesi dopo. Ricordo che a maggio avevamo ancora 500 morti al giorno e che avevamo documenti molto pesanti secondo cui, se avessimo riaperto, avremmo rischiato molto. La narrazione, per cui in Europa tutte le scuole riaprono e in Italia no, non è corretta, né veritiera. In Francia – continua – hanno deciso di riaprire le scuole, ma solo il 20% degli studenti è andato a scuola. L’80% è rimasto a casa. Riaprire per il 20% degli studenti è chiaramente molto più semplice, anche perché hai più spazi e non hai bisogno di tanti insegnanti. Ricordo anche che in Francia gli esami di Stato non li hanno fatti, ma solo la media dei voti a fine anno. Noi invece abbiamo riportato mezzo milione di studenti in classe a fare l’esame di Stato, quando tutti ci dicevano che non si poteva fare. Mi hanno addirittura accusato di omicidio colposo. E invece gli esami di Stato sono andati molto bene. Oggi ricevo lettere su lettere di insegnanti e di studenti, emozionati e contenti, che mi ringraziano”.

Appunto finale della ministra sulla chiusura delle scuole prevista per le elezioni regionali e sulle accuse al suo indirizzo, piovute da più parti come dal presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca: “Le scuole riapriranno il 14 settembre per tutti e dal 1 settembre per gli studenti che devono recuperare o potenziare gli apprendimenti. Ricordo comunque che non è il ministro dell’Istruzone a decidere dove si svolgono le elezioni, perché è competenza di altri, come gli enti locali e il ministero dell’Interno. Inoltre, la sanificazione della scuola dura un giorno e non una settimana, come dice qualcuno – conclude – Io sono diventata ministro il 10 gennaio e sono diventata subito ‘il ministro dell’Istruzione dell’emergenza del coronavirus’. Sono stata solo questo finora. Ma avete idea di cosa abbia significato per me, ex docente, dover chiudere le scuole insieme al governo per tutelare la salute di tutti i cittadini italiani? E’ chiaro che per settembre io non voglia altro che la riapertura delle scuole. Io voglio essere il ministro dell’Istruzione anche della normalità, non solo dell’emergenza del coronavirus“.