Ogni industria è stata colpita dal Covid. Con l’october suprise in arrivo in autunno i danni effettivi alla società civile sono ancora ben lungi dal poter essere stimati (malgrado ogni 2 settimane qualcuno ci provi). Le ultime stime parlano di una ripresa nel 2021 lenta. È tutto da vedere se le stime 2021 avranno ragione. Di certo il 2020 sarà un anno sfidante per molti: le stime per l’Italia parlano di un crollo del Pil tra il 12% e il 13%.
Se il settore aziendale non va bene, niente di buono si prospetta per le università. Diamo un occhiata prima di tutto agli Usa. Il collasso del sistema scolastico superiore americano è già in atto. Le università americane sono in crisi. La ragione immediata è piuttosto facile da comprendere: il lockdown attivato negli atenei ha di fatto chiuso ogni facoltà. Ogni attività di formazione ha avuto luogo solo in forma telematica-remota. La domanda che molti studenti si sono posti è semplice: conviene ancora pagare le rette universitarie dai prezzi stratosferici?
Che il sistema universitario americano sia malato non è cosa nuova. Per diritto di cronaca devo riportare che le università anglo-americane (che condividono molti modelli di business e sistemi di finanziamento) avevano già problemi finanziari prima della crisi Covid, come spiega bene il Guardian. E per gli studenti universitari le cose non vanno meglio: il debito scolastico a stelle e strisce è triplicato negli ultimi 10 anni, raggiungendo la ragguardevole cifra di 1,5 trilioni di dollari.
Se gli “anglo” non stanno bene noi italiani non siamo così lontani. Esiste un sentimento diffuso che si sta manifestando tra tutti gli studenti universitari: la paura di ritrovarsi laureati e disoccupati.
Il 2008 colpì seriamente anche il mercato dei neolaureati. Le aspettative di assunzione post 2008 hanno spaventato molti laureandi e matricole; ancora oggi si parla della generazione 2009-2010 come una generazione di “perduti”. Negli ultimi giorni si parla di un rischio di 10mila immatricolazioni in meno. Ovviamente i timori per i neo diplomati sono comprensibili. Il rischio di ritrovarsi senza lavoro una volta laureati è palese e i costi universitari sono un investimento importante.
Ai costi universitari diretti si aggiungono i costi indiretti. Molti universitari di Milano, Bologna e Roma (giusto per citare le grandi città universitarie) devono affrontare gli oneri economici del vivere fuori casa. Se in America stanno cominciando a valutare piani di scholarship (borse di studio) l’Italia si è già mossa.
“Il problema dei costi universitari italiani, se paragonato a quello americano, è tutto sommato moderato” mi spiega la professoressa Azzurra Rinaldi, cattedra in Economia alla Sapienza e fondatrice del movimento femminile #datecivoce. “Come Unitelma, l’unità universitaria telematica della Sapienza, abbiamo attivi corsi a distanza. Sono un grande vantaggio per i nostri alunni. È tuttavia con grande piacere che anche l’università telematica di Sapienza ha deciso di varare un programma di borse di studio. Permetteranno a molti alunni che vogliono vivere l’esperienza universitaria in persona di assistere ai corsi” conclude Rinaldi.
Nello specifico su impulso del Rettore prof. Antonello Folco Biagini saranno mille, per cominciare, i neodiplomati che potranno accedere alla borsa di studio che coprirà una parte dei costi dell’università.
Ovviamente lo scenario crisi post Covid è ancora in via di sviluppo; tuttavia, se consideriamo che stiamo andando verso un periodo dove la formazione universitaria sarà sempre più importante, il poter avere uno “sconto” sui corsi è sicuramente un’opportunità per molti studenti meritevoli.
@enricoverga