I dati che mostrano come, probabilmente, il coronavirus circolasse già nella Bergamasca sono contenuti nella richiesta di accesso agli atti presentata dal consigliere di Azione, Niccolò Carretta, all'Ats Bergamo, che però parla di "trend coerente" con gli altri anni. E ora indaga anche la procura
Le prime a novembre, poi l’impennata tra dicembre e gennaio e altre decine dall’1 e il 23 febbraio, quando il coronavirus è ufficialmente arrivato in provincia di Bergamo. Centodieci in totale le polmoniti “strane” che nei tre mesi precedenti all’emergenza Covid-19 sono state ‘censite’ nell’ospedale Pesenti-Fenaroli di Alzano Lombardo, ritenuto uno dei focolai della pandemia e la cui mancata chiusura è al centro dell’inchiesta della procura di Bergamo per epidemia colposa. Ma la Ats di Bergamo frena: “Gli esiti del lavoro sui ricoveri consentono di affermare con discreta ragionevolezza come non siano riscontrabili evidenze statistiche” che facciano sospettare “una presenza precoce di ricoveri per polmoniti da Covid” tra dicembre 2019 e febbraio 2020 se confrontati con il 2017 e con il 2018.
Il caso – I dati che mostrano come, probabilmente, il coronavirus circolasse già nella Bergamasca ben prima dell’ufficialità sono contenuti nella richiesta di accesso agli atti presentata dal consigliere regionale di Azione, Niccolò Carretta, all’Ats Bergamo e Asst Bergamo Est. Numeri – pubblicati in anteprima da L’Eco di Bergamo – che retrodatano l’impennata di polmoniti “sconosciute” già allo scorso dicembre. Secondo quanto emerso, prima dei due pazienti scoperti ad Alzano, c’erano stati molti ricoveri con diagnosi in codice 486: “Polmonite, agente non specificato”. La progressione mostra come le polmoniti con causa “sconosciuta” siano state 18 a novembre per poi passare alle 40 di dicembre, più del doppio. E a gennaio se ne aggiungono altre 52. Da marzo in poi, quando la polmonite è ormai conclamata e vengono effettuati i tamponi, i casi si moltiplicano in modo esponenziale. Il numero dei casi registrati negli ultimi due mesi del 2019 porta a un aumento del 30 per cento dei ricoveri – sono esclusi dai dati gli accessi in pronto soccorso – per polmoniti con codice 486: dal confronto tra i ricoveri del 2019 e quelli del 2018 emerge infatti che sono state “196 le polmoniti non riconosciute nel 2018, 256 tra gennaio e dicembre 2019″.
Le indagini – Su questi dati sta investigando la procura di Bergamo sia per comprendere quali siano state le procedure messe in atto all’ospedale di Alzano Lombardo nei giorni dell’emergenza, sia per ricostruire perché sono sfuggiti i casi sospetti. I magistrati bergamaschi, come già reso noto, hanno acquisito le circolari emanate dal ministero della Salute con i criteri scelti per procedere con il tampone e quindi individuare i casi di coronavirus.
“Trend coerente con gli altri anni” – Secondo la valutazione della Ats di Bergamo, confrontando i dati sui ricoveri con quelli degli ultimi due anni si nota che “la struttura di Alzano Lombardo mostra un trend coerente“. Le analisi del Servizio Epidemiologico Aziendale “comparate con i trend storici non forniscono pertanto elementi sistematici per affermare l’evidenza della presenza di ricoveri per polmoniti ‘Covid-like’ di rilevante entità nei mesi di dicembre-2019 e gennaio-2020. L’importante aumento di ricoveri per le tipologie di polmoniti sopra citate – prosegue Ast – è chiaramente presente nei mesi di marzo ed aprile (coerentemente con l’andamento epidemico generale). Ma nella relazione firmata dal direttore generale Massimo Giupponi, su richiesta del consigliere regionale di Azione Niccolò Carretta, si legge che dall’esame delle schede di dimissione risultano 145 dimessi con diagnosi ricomprese tra i diversi codici utilizzati dal sistema di classificazione delle malattie (ICD 9 CM) di polmonite”. La maggior parte di queste risulta avere “in diagnosi principale il codice 486 ‘Polmonite agente non specificato'”: dalle tabelle allegate risultano 40 a dicembre, 52 a gennaio a cui si aggiungono le 18 dello scorso novembre menzionate in una seconda relazion,e nella quale si sottolinea anche che tali polmoniti atipiche nel 2018 sono state 196 e nell’anno successivo 256. Però, specifica il dg, “la semplice analisi della scheda di dimissione ospedaliera non consente di poter ascrivere tale diagnosi a casi di infezione misconosciuta da Sars Cov-2“. Il che significa che era necessario il tampone.