“Ci sono le prove che la sentenza che condannò Berlusconi al carcere, nel 2013, e che diede il via al declino precipitoso di Forza Italia, era una sentenza clamorosamente sbagliata”. Questo l’incipit di un articolo del Il Riformista, a firma di Piero Sansonetti, che ha scatenato un fiume in piena di reazioni di esponenti azzurri che – da Antonio Tajani a Licia Ronzulli, dalla Gelmini a Brunetta, in alcuni casi parlano di “esecuzione politica” e “colpo di stato giudiziario”. Ebbene qual è questa incredibile sentenza che smentirebbe il verdetto della Cassazione che ha condannato per frode fiscale in via definitiva Silvio Berlusconi il 1 agosto del 2013? Sansonetti riporta gli audio – trasmessi anche in tv dalla trasmissione Quarta Repubblica – del giudice Amedeo Franco, relatore del verdetto di condanna emesso dalla Cassazione, che un un colloquio con Berlusconi – registrato da altri testimoni non meglio specificati – definisce la sentenza come “una grave ingiustizia” “guidata dall’alto”. Ma se davvero fosse stato in disaccordo avrebbe avuto la possibilità, essendo in minoranza rispetto al collegio, di scrivere il suo dissenso e custodirlo: cosa che non ha fatto. Anzi davanti al Consiglio superiore della magistratura dichiarò di non essersi sentito né condizionato né influenzato nel lavoro di redazione delle motivazioni della sentenza.
L’altro elemento che secondo il Riformista dimostra come la condanna dell Cassazione su Berlusconi sia sbagliata è un verdetto del Tribunale civile di Milano – di cui il Corriere della Sera ha scritto il 1 febbraio di quest’anno – che ha negato a Rti e Mediaset di ottenere dal produttore americano Frank Agrama, coimputato del leader di Forza Italia ma prescritto per il reato di appropriazione indebita, un tesoro da 113 milioni di euro. Il motivo è che Agrama lavorava come intermediatore. Il magistrato civile, Damiano Spera presidente della X civile, non smentisce affatto il verdetto degli ermellini ma ritiene di avere il diritto esercitare “il potere/dovere di rivalutare criticamente (alla luce anche del contraddittorio) i fatti già accertati in modo incontrovertibile in sede penale“.
Agrama era un vero intermediario, i contratti erano effettivi, ma questo fa parte esplicitamente del processo penale, e dunque “l’interposizione fittizia contestata nei capi di imputazione non sussiste”. Quei soldi – circa 150 milioni di euro – giacciono su conti svizzeri dal 2005 e potranno tornare in possesso del produttore. Nessun riferimento alla frode fiscale contestata all’ex senatore ed ex presidente del Consiglio, legata all’acquisto dei film americani con “perdurante lievitazione – scriveva la Cassazione – dei costi di Mediaset a fini di evasione fiscale”. Senza dimenticare che tra le prove documentate che portarono alla condanna definitiva di Berlusconi c’era proprio una lettera-confessione con data 29 ottobre 2003, diretta all’avvocato Aldo Bonomo, all’epoca Presidente di Fininvest e ad Alfredo Messina, direttore di Fininvest, in cui Agrama dichiara di aver lavorato per le società del gruppo fin dal 1976 e di aver interloquito con Silvio Berlusconi anche in assenza di un contratto, che poi ha cominciato a chiedere quando la sua interfaccia non era più il presidente o Carlo Bernasconi. Nessun ribaltamento di sentenze quindi, semplicemente la risposta del giudice civile a una istanza in ambito civile. Che poi questo verdetto sia un supplemento di ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo presentato legittimamente dagli avvocati, vale la pena ricordare che la Cedu ha già archiviato il ricorso perché ritirato dai legali che sostenevano che, data la riabilitazione del leader di Forza Italia da parte del tribunale di Milano, Berlusconi non aveva più interesse ad avere un pronunciamento perché “non avrebbe prodotto alcun effetto positivo” per lui. È stato l’ex Cavaliere a non volere sapere alla fine se i suoi diritti fossero stati violati.