“Berlusconi deve essere condannato a priori perché è un mascalzone! Questa è la realtà… a mio parere è stato trattato ingiustamente e ha subito una grave ingiustizia… l’impressione che tutta questa vicenda sia stata guidata dall’alto“. E poi: “In effetti hanno fatto una porcheria perché che senso ha mandarla alla sezione feriale? … Voglio per sgravarmi la coscienza, perché mi porto questo peso del… ci continuo a pensare. Non mi libero… Io gli stavo dicendo che la sentenza faceva schifo“. E ancora: “Sussiste una malafede del presidente del Collegio, sicuramente…”. A parlare è Amedeo Franco, magistrato di Cassazione, giudice relatore e poi tra i firmatari del verdetto di condanna emesso dalla Suprema corte su Silvio Berlusconi. Nell’agosto del 2013, come è noto, l’ex premier fu condannato in via definitiva per frode fiscale. Una condanna che – è il caso di ricordarlo – confermava i verdetti del primo e del secondo grado. Qualche mese dopo la sentenza degli ermellini, ma sempre nel 2013, il magistrato avrebbe parlato con il leader di Forza Italia raccontando come quella sentenza fosse appunto un’ingiustizia. Quelle parole sarebbero state registrate da qualcuno che era presente a quel colloquio. E sono state diffuse ora, a circa un anno dalla morte del magistrato. Provocando una nota di smentita della Cassazione, che sottolinea come il processo Berlusconi fu celebrato “nel pieno rispetto del giudice naturale precostituito per legge“. E, soprattutto, “non risulta agli atti alcun dissenso da parte di nessuno dei 5 giudici“. Ma andiamo con ordine.
Intanto va chiarito che i condizionali in questa vicenda sono obbligatori perché i punti da chiarire sono molteplici. Di sicuro, però, gli audio trasmessi da Quarta Repubblica, cioè la trasmissione in onda sulle reti Mediaset condotta da Nicola Porro, vicedirettore de Il Giornale della famiglia Berlusconi, hanno dato l’assist a tutto il centrodestra per tornare a tuonare contro il mai dimenticato “golpe politico giudiziario“. I virgolettati di quell’audio sono stati anticipati dal quotidiano Il Riformista, che sostiene anche come la stessa sentenza della Cassazione su Berlusconi sia smentita da verdetto del Tribunale civile di Milano. Una notizia che, come ha scritto ilfattoquotidiano.it, non corrisponde alla realtà.
L’autore della sentenza – Diversa la questione delle registrazioni del giudice Franco, e per varie ragioni. La prima è una semplice questione di opportunità: perché il giudice relatore della sentenza su Berlusconi decide di parlare con lo stesso Berlusconi poco dopo aver reso definitiva la condanna per il leader di Forza Italia? In quel colloquio il magistrato, tra le altre cose, sostiene di aver detto probabilmente ai suoi colleghi: “Io questa sentenza non la scrivo, se volete posso firmare perché io faccio soltanto l’antefatto ma qua firmate tutti perché io da solo sennò non la firmo”. In effetti Amedeo Franco, per 20 anni magistrato in Cassazione, competente per i reati tributari, è indicato come giudice relatore del caso Berlusconi. Poi, dopo il deposito della sentenza, si scopre che tutti i cinque giudici del collegio firmano le motivaizoni. E quindi pure Franco è tra gli autori di alcuni passaggi in cui Berlusconi viene definito “l’ideatore del sistema illecito. Dominus indiscusso” del sistema dei diritti gonfiati dei film comprati all’estero. Non si sa quanto scrisse di quella sentenza: se solo “l’antefatto” o altro. Di sicuro la firmò insieme a tutti gli altri componenti del collegio e cioè Claudio D’Isa, Ercole Aprile, Giuseppe De Marzo e il presidente Antonio Esposito.
La nota della CAssazione: “Nessun dissenso tra i magistrati” – Ed è quello che fa notare la Suprema corte nella sua nota: “La motivazione della sentenza è stata sottoscritta da tutti e cinque i magistrati componenti del Collegio, quali co-estensori della decisione. Non risulta, altresì, che il cons. Amedeo Franco abbia formalizzato alcuna nota di dissenso ai sensi dell’art. 16 della legge n. 117 del 1988 (art. 125, comma 5, c.p.p.)”. Se Franco non fosse stato d’accordo – come sostiene lui stesso nell’audio – avrebbe avuto la possibilità, essendo in minoranza rispetto al collegio, di scrivere il suo dissenso e custodirlo. I magistrati ne hanno facoltà e già in passato e successo più volte. Anche con lo stesso Berlusconi come imputato: durante il processo Ruby, il presidente della Corte d’appello di Milano, Enrico Tranfa, si dimise dopo il verdetto di assoluzione per l’imputato, non condividendolo e ritenendo l’ex premier colpevole. Ma Franco non ha fatto nulla di tutto questo. Di più. Davanti al Csm, che giudicava disciplinarmente il presidente Esposito per aver rilasciato un’intervista, dichiarò di non essersi sentito né condizionato né influenzato nel lavoro di redazione delle motivazioni della sentenza su Berlusconi. Se avesse avuto dubbi, se avesse temuto che quella sentenza fosse stata pilotata perché invece ha dichiarato il contrario davanti all’organo d’autogoverno delle toghe? Dichiarazioni simili – nessun condizionamento nessuna influenza – erano arrivate anche dagli altri componenti del collegio d’Isa e Di Marzo.
Le tappe della vicenda: “Urgenza dovuta a incombente prescrizione”- Siccome nell’audio il magistrato contesta anche “una porcheria” cioè aver mandato il fascicolo su Berlusconi alla Sezione Feriale, nella sua nota la Suprema corte sottolinea che l’assegnazione avvenne nel “pieno rispetto del giudice naturale precostituito per legge”. “I ricorsi vennero iscritti presso la cancelleria centrale della Corte il 9.7.2013, dopo l’arrivo del relativo carteggio dalla Corte di appello di Milano che in data 8.5.2013 aveva pronunciato la sentenza oggetto di impugnazione – spiega la Suprema corte -. In ragione della rilevata urgenza dovuta all’imminente scadenza del termine di prescrizione dei reati durante il periodo feriale, il processo, in ossequio alle previsioni di cui alla legge n.742 del 1969 ed alle relative previsioni tabellari, venne assegnato alla Sezione feriale, e quindi ad un collegio già costituito in data anteriore all’arrivo del fascicolo alla Corte di cassazione, dunque nel pieno rispetto del giudice naturale precostituito per legge”.
Le accuse a Esposito, che smentisce: “Mai pressioni” – Ma non solo. Nell’audio il magistrato si esprime in maniera completamente opposta rispetto a quanto fatto davanti al Csm pure sul conto del presidente del collegio. Addirittura Franco riferisce a Berlusconi voci secondo le quali Antonio Esposito sarebbe stato “pressato” per il fatto che il figlio, anch’egli magistrato, fosse indagato dalla Procura di Milano per “essere stato beccato con droga a casa di...”. E poi diceva ancora: “I pregiudizi per forza che ci stavano… si potesse fare…si potesse scegliere… si potesse… si poteva cercare di evitare che andasse a finire in mano a questo plotone di esecuzione, come è capitato, perché di peggio non poteva capitare”. Gli Esposito, padre e figlio, smentiscono entrambi: “Non ho mai in alcun modo, subito pressioni né dall’alto né da qualsiasi altra direzione”, dice l’ex giudice Esposito, già finito sotto procedimento disciplinare per alcune sue dichiarazioni sul processo Berlusconi e poi assolto dal Csm in virtù delle dichiarazioni dello stesso Amedeo Franco. “Lo scrivente risulta totalmente estraneo, a qualunque titolo e sotto ogni profilo, alle gravissime e diffamatorie insinuazioni, prive di logica, che sono state fatte ai miei danni”, dice Ferdindando Esposito, figlio di Antonio e a sua volta magistrato che nell’audio del presunto dialogo tra Franco e Berlusconi viene dipinto come nei guai per una vicenda di droga a Milano. Circostanza che viene definitiva “semplicemente falsa, siccome del tutto inventata. La estrema gravità dell’affermazione del Franco comportava, prima che tale infamità venisse data in pasto all’opinione pubblica, la verifica della fondatezza di tale notizia“.
L’audio diffuso post mortem – Un altro dubbio insoluto è legato alla tempistica: perché un audio simile è stato reso pubblico solo sette anni dopo i fatti? Secondo Il Riformista perché gli “avvocati di Berlusconi hanno deciso di usare la registrazione e l’hanno depositata nel ricorso alla Cedu“. Ma di quale ricorso si parla? Alla Corte europea dei diritti dell’Uomo l’ex premier ha già fatto appello senza però aspettare alcuna decisione. Dopo aver incassato la riabilitazione da parte del tribunale di Milano, gli avvocati di Berlusconi hanno ritirato il ricorso perché un eventuale decisione “non avrebbe prodotto alcun effetto positivo” per il loro cliente. È stato l’ex cavaliere a non volere sapere se alla fine i suoi diritti fossero stati o meno violati. Bisogna dunque presumere che ci ha ripensato inviando nuovamente l’ennesimo carteggio a Strasburgo? Ma perché, allora, non ha reso già prima pubblico l’audio col giudice? Sempre il quotidiano di Piero Sansonetti sostiene che i legali dell’ex premier “in questi anni non hanno usato la registrazione per rispetto del magistrato, che era rimasto in attività”. Poi, l’anno scorso, il giudice Franco è morto. E da Arcore hanno deciso di far uscire i nastri: il rispetto valeva solo col magistrato vivo. E magari in grado di spiegare il senso di quelle sue parole, registrate con tutta probabilità senza che ne fosse a conoscenza.