Conto alla rovescia per l’allargamento del bonus di 80 euro, che arriverà a 100 per chi guadagna fino a 28mila euro e fino a fine anno riguarderà – sotto forma di una detrazione fiscale decrescente – anche i contribuenti con redditi fino a 40mila euro. Il taglio del cuneo fiscale previsto dalla legge di Bilancio 2019 scatta mercoledì 1 luglio. “Gli stipendi aumenteranno per 16 milioni di persone“, ha ricordato il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. “Per 4 milioni e mezzo aumenteranno di 100-80 euro netti al mese che arriveranno in busta paga. Per 11 milioni i vecchi 80 euro arriveranno a 100. Un taglio significativo delle tasse di oltre 7 miliardi l’anno a regime”. Sempre mercoledì entrano in vigore anche il nuovo limite all’uso del contante che passa da 3.000 a 2.000 euro e il credito di imposta pari al 30% delle commissioni addebitate agli esercenti per transazioni con carte.

Il governo giallorosso ha deciso di distribuire i circa 3 miliardi stanziati in manovra per il taglio del cuneo nel 2020 – per l’anno prossimo le risorse salgono a 5 miliardi – con un “sistema misto“. I single senza detrazioni che guadagnano meno di 8.145 euro (incapienti) continuano a rimanere esclusi. A partire da quella cifra e fino a un reddito lordo di 28mila euro scatta, per tutti i dipendenti pubblici e privati, un aumento dell’attuale bonus Renzi, che viene portato a 100 euro mensili. Chi prende tra 26.600 e 28mila euro non ha attualmente diritto al credito Irpef, per cui avrà il beneficio più evidente.

Salendo nella scala dei redditi, i contribuenti che guadagnano tra 28mila e 35mila euro si vedranno riconoscere non il bonus ma una nuova detrazione, sempre di 80 euro al mese, che andrà gradualmente decrescendo man mano che si arriva a 40mila euro. La platea dei beneficiari si allarga dagli 11,7 milioni che già percepiscono il bonus a 16 milioni di lavoratori. La misura è già di carattere strutturale per la parte relativa al trattamento integrativo, mentre la detrazione deve essere stabilizzata dal 2021 a patto che si trovino le risorse. E forse nell’ambito della riforma complessiva del fisco slittata causa Covid ma ora tornata di attualità.

Secondo Il Sole 24 ore, che cita una simulazione di De Fusco & Partners, nella pa il beneficio interesserà 3,1 milioni di dipendenti con il beneficio maggiore per i ministeriali con reddito annuo medio poco sopra i 27mila euro. Nel privato il vantaggio più significativo arriverà per impiegati della manifattura con reddito medio annuale poco sopra i 30mila euro e operai della fornitura di energia elettrica con redditi medi di 33,972 euro; prenderanno rispettivamente 92 e 83 euro mensili in più.

Resta il nodo della cosiddetta aliquota marginale effettiva, quella che si applica sul reddito “in più” ricevuto per esempio per effetto di straordinari o premi di risultato: salirà al 45% per i redditi tra 28mila e 35mila euro e addirittura al 61% per quelli tra 35mila e 40mila euro. Gli 80 euro attuali già comportano per gli 1,3 milioni di dipendenti che guadagnano tra 24.600 e 26.600 euro – fascia nella quale il bonus decresce rapidamente fino ad azzerarsi – una aliquota marginale effettiva che schizza all’80 per cento. Vale a dire che lavorare di più risulta per loro poco conveniente, perché l’80% del reddito aggiuntivo da straordinari se ne va tra maggiori imposte e minore bonus. Con il bonus rafforzato questo paradosso riguarderà tra 5 e 5,5 milioni di persone.

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