“Queste disposizioni finiscono con il configurare un surrettizio condono edilizio”. Così si pronunciava a settembre 2017 la Corte Costituzionale nella sentenza 232, dichiarando incostituzionali le norme della legge regionale 16/2016, con cui la Sicilia aveva recepito il testo unico dell’edilizia (Dpr 380/2001). E ricordando, la Consulta, che la giurisprudenza richiede la doppia conformità delle opere, escludendo la possibilità “di una legittimazione postuma di opere originariamente abusive che, solo successivamente, in applicazione della cosiddetta sanatoria giurisprudenziale, o impropria, siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica”. Ed ora è proprio a quel pronunciamento che fa riferimento chi, come i Verdi, ritiene che nella bozza del decreto Semplificazioni sia contenuta l’”ennesima sanatoria”, che ricalca il condono varato proprio dalla Regione Sicilia nel 2016 e poi dichiarato incostituzionale. Un verdetto a cui i giudici arrivarono ritenendo, tra l’altro, che alcune disposizioni della legge 16, avessero travalicato “la competenza legislativa esclusiva attribuita alla Regione” in materia di urbanistica “invadendo la competenza esclusiva statale” in materia di ordinamento penale “riguardo alla sanatoria di abusi edilizi”. Al di là di questo, anche per Legambiente il confronto con tra la bozza del decreto il testo bocciato tre anni fa dalla Consulta c’è tutto. “È grottesco che il Governo presenti una norma che la Corte Costituzionale ha già bocciato”, spiega a ilfattoquotidiano.it Laura Biffi, coordinatrice dell’Osservatorio nazionale ambiente e legalità dell’associazione ed esperta del ciclo illegale del cemento, secondo cui “la cosa più grave è che, indipendentemente dai colori politici di questo o quel governo, ogni volta che c’è bisogno di fare cassa, si ricorra anche ai condoni edilizi”.
I NODI DEL DL SEMPLIFICAZIONI
Stando all’articolo 10 della bozza, contenente norme in materia edilizia, non rappresenterebbero più un reato (ma comporterebbero una sanzione pecuniaria commisurata al doppio del valore incrementa) gli interventi eseguiti senza autorizzazione che non abbiano comportato un aumento del carico urbanistico e a patto che non fossero condizionati alla vecchia concessione edilizia prevista fino al 2001 e che richiedeva il pagamento di un contributo per le spese di urbanizzazione. La violazione si prescrive in dieci anni. Non è prevista prescrizione per le opere vincolate e per quelle che hanno comportato un aumento del carico urbanistico.
L’altro nodo, quello che ricorda quanto accaduto in Sicilia, è legato all’accertamento di conformità alla pianificazione urbanistica vigente, già previsto dall’articolo 36 del testo unico. Oggi, per ottenere la sanatoria edilizia sulle opere realizzate senza titolo formale è necessaria una doppia conformità: l’intervento deve essere conforme sia alle norme urbanistiche vigenti al momento in cui è stato realizzato e sia a quelle in vigore al momento in cui è presentata l’istanza. “In pratica – commenta Laura Biffi – oggi si sanano interventi che, se denunciati al tempo (cosa che non è stata fatta), non avrebbero violato comunque alcuna norma”. La previsione tanto contestata (anche se è ancora in corso una trattativa con il ministero dei Beni culturali) sarebbe, invece, quella “di estendere l’accertamento di conformità anche alle opere che solo oggi sono conformi al piano regolatore, ma che non lo erano al momento della loro iniziale realizzazione”, aggiunge Laura Biffi.
Questo significa, per esempio, “che se nel frattempo sono state fatte modifiche al piano regolatore per cui alcune aree sono diventate edificabili (ma solo dopo l’abuso), quell’intervento diverrebbe sanabile, anche se al tempo è stato eseguito violando le norme. Una vera e propria sanatoria”. Con tutte le conseguenze del caso: “Immaginiamo le pressioni su sindaci ed enti locali, dato che già oggi le modifiche ai piani regolatori vengono apportate sì per riordinare la materia, ma il più delle volte per accontentare qualcuno. Se passasse la norma, basterebbe far modificare la legge e poi fare la domanda chiedendo di sanare”. Ed è proprio su questo punto che il coordinatore dei Verdi Angelo Bonelli tira in ballo la norma analoga inserita nella legge regionale siciliana 16/2016, bocciata dalla Corte costituzionale, su ricorso del governo Renzi. Un collegamento confermato anche da Legambiente.
IL PRECEDENTE DELLA SICILIA – Di fatto la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 14, commi 1 e 3, della legge 16 nella parte in cui, rispettivamente, prevedevano che “il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile” potessero “ottenere il permesso in sanatoria” se l’intervento fosse risultato “conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della presentazione della domanda” (comma 1) e non anche a quella vigente al momento della realizzazione dell’intervento, con “un meccanismo di silenzio-assenso che discende dal mero decorso del termine di novanta giorni” (comma 3) dalla presentazione dell’istanza al fine del rilascio del permesso in sanatoria. “Questo significava – aveva commentato Angelo Bonelli tre anni fa, dopo la pronuncia della sentenza – che chi aveva commesso l’abuso edilizio avrebbe potuto sanarlo nel caso in cui il Comune avesse modificato il piano regolatore o le norme tecniche edilizie. Un condono edilizio vero e proprio con il voto a favore di Nello Musumeci e Giancarlo Cancelleri e con la responsabilità di Rosario Crocetta”. I Verdi avevano presentato una memoria alla Corte, facendo presente che, secondo alcune stime, la legge 16 avrebbe potuto sanare 2 milioni di metri cubi di cemento abusivi.
LA SENTENZA DEL 2017 – Nelle sentenza, la Consulta ha anche ricordato di essersi più volte occupata del principio dell’accertamento di conformità, affermando (sentenza 101 del 2013) che è “finalizzato a garantire l’assoluto rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza”, volta a ottenere l’accertamento di conformità. Tale istituto, scrivono i giudici, si distingue dal condono edilizio, in quanto “fa riferimento alla possibilità di sanare opere che, sebbene sostanzialmente conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia, sono state realizzate in assenza del titolo stesso, ovvero con varianti essenziali”, mentre il condono edilizio “ha quale effetto la sanatoria non solo formale, ma anche sostanziale dell’abuso, a prescindere dalla conformità delle opere realizzate alla disciplina urbanistica ed edilizia (sentenza 50 del 2017)”. Quella sentenza stabiliva inoltre che la Regione avesse oltrepassato i limiti delle proprie competenze anche con l’articolo 3, consentendo di realizzare gli impianti di energie rinnovabili escludendoli dalle verifiche di impatto ambientale, estendendo il regime di edilizia libera. La Consulta ha ricordato che in questo ambito “il legislatore statale ha operato il bilanciamento tra l’intrinseca utilità di simili impianti, che producono energia senza inquinare l’ambiente, e il principio di precauzione attuato mediante la separata verifica che gli stessi impianti non danneggino in altro modo il medesimo ambiente”. Nel 2017 è stata giudicata incostituzionale anche la norma che consentiva l’inizio dei lavori edilizi nelle località sismiche, senza la previa autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico regionale.
IN SICILIA SI TORNA ALL’ATTACCO – Nel frattempo, giorni fa, è ripreso in Commissione Territorio e Ambiente all’Assemblea regionale siciliana (Ars) proprio l’esame del disegno di legge inerente la modifica e l’integrazione delle legge regionale 16 del 2016 sulle norme edilizie. Ma il governo regionale non si è limitato a modificare solo quelle parti della legge che, essendo state impugnate, non hanno trovato applicazione. “Senza alcun pudore – ha commentato Legambiente Sicilia – il governo regionale ha ritenuto opportuno rispolverare, dopo ben 17 anni, il condono edilizio del 2003, inserendo, all’articolo 18, la proposta di estendere i benefici di quella che fu definita non a caso la ‘mini sanatoria’ anche agli immobili e ai manufatti abusivi costruiti nelle aree vincolate”. Nel ribadire la sua netta contrarietà a questo “nuovo tentativo di sanatoria edilizia, che sicuramente si scontrerà con l’ennesima bocciatura costituzionale” Legambiente Sicilia ha scritto una lettera aperta ai 70 deputati dell’Ars dove spiega le ragioni, anche tecniche (citando pareri e sentenze dell’Ufficio Legale della Regione e della Corte Costituzionale), per cui ritengono che qualora fosse approvata la norma, ritengono si tratterebbe di un grave errore.