“Aumentare gli sforzi per combattere ogni forma di tortura e maltrattamento“, anche nello specifico caso della “brutale uccisione di Giulio Regeni“. Ma anche “fissare una moratoria sulla pena di morte“, “adottare misure per garantire la libertà di espressione” e il “pluralismo politico”, “garantire il lavoro delle ong in difesa dei diritti umani” e “combattere la violenza contro le donne e i minori“. Tutte raccomandazioni inviate all’Egitto, tutte provenienti dallo Stato italiano. Lo stesso che, appena 6 mesi dopo, darà il via libera alla maxi commessa da circa 10 miliardi di euro per la fornitura di armamenti al Cairo che comprende, oltre alle due fregate Fremm “Spartaco Schergat” ed “Emilio Bianchi”, altre 4 navi, 20 pattugliatori d’altura di Fincantieri, 24 caccia Eurofighter Typhoon e 20 velivoli da addestramento M346 di Leonardo.
Lo si legge nel report del Gruppo di Lavoro della Universal Periodic Review (Upr) sull’Egitto adottato il 12 marzo 2020 e redatto nella sua versione finale a dicembre 2019. Si tratta di un processo sotto l’egida delle Nazioni Unite che comporta l’esame, in diverse sessioni annuali per cicli di 4 anni totali, dello stato dei diritti umani nei 192 gli Paesi membri dell’Onu. Nello specifico, gli Stati coinvolti devono inviare delle loro raccomandazioni su altri Paesi selezionati tra i facenti parte delle Nazioni Unite, invitandoli ad apportare dei miglioramenti nella salvaguardia dei diritti umani. Nell’ultimo ciclo di 4 anni, tra i Paesi sotto osservazione c’era anche l’Egitto.
E le raccomandazioni inviate dall’Italia sollevano questioni molto gravi in materia di diritti umani. Nella prima si fa riferimento subito al caso di Giulio Regeni: per Roma è necessario “aumentare gli sforzi per prevenire e combattere tutte le forme di tortura e maltrattamento, assicurando che i responsabili vengano individuati, anche nel caso di coloro che hanno perpetrato il brutale omicidio di Giulio Regeni”, si legge.
L’Italia si concentra anche sulla necessità di una “moratoria sulla pena di morte” e sulla “adozione di misure per garantire la libertà di espressione, sia online che offline, libertà di associazione e assemblea, pluralismo politico e stato di diritto”. Tutti diritti sistematicamente violati dagli uomini del presidente Abdel Fattah al-Sisi, come testimoniano le notizie quotidiane di incarcerazioni di attivisti, come nel caso di Patrick George Zaki, oppositori politici, persone vicine alla Fratellanza Musulmana e, in generale, di tutti coloro che si oppongono ai diktat imposti dal presidente.
Roma ha chiesto anche che sia “pienamente implementata, in accordo con la società civile e i partner internazionali, la legge sulle ong del 2019, garantendo ai difensori dei diritti umani di operare in un ambiente sicuro e libero”. Infine, si chiede di “fare passi avanti per combattere ogni forma di violenza contro le donne e i bambini e aumentare a 18 anni l’età legale per il matrimonio per le ragazze”.
“Questi documenti – commenta a Ilfattoquotidiano.it il coordinatore della Rete italiana per il disarmo, Francesco Vignarca – dimostrano come il nostro Governo sia ben conscio della situazione problematica dei diritti umani in Egitto, tanto da esplicitare alcuni aspetti in sede internazionale. Eppure tutto questo sembra ignorato nell’ambito dell’applicazione della legge 185/90 sull’export di armi e delle norme internazionali che invece impongono di considerare il rispetto dei diritti umani in fase di valutazione delle licenze”.
Raccomandazioni di questo tipo inviate dall’Italia, e pubblicate su documenti ufficiali dell’Onu, si scontrano infatti con le disposizioni contenute nella legge 185 del 1990 che regola l’export di armamenti. In uno dei passaggi della legge è scritto che “l’esportazione e il transito di materiali di armamento sono altresì vietati verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell’Ue o del Consiglio d’Europa“. In questo caso, è la stessa Italia, mettendo le proprie raccomandazioni nero su bianco su un documento ufficiale delle Nazioni Unite, ad allinearsi ai report delle varie organizzazioni internazionali e a ritenere, quindi, che in Egitto vi siano gravi problemi legati al rispetto dei diritti umani. Una consapevolezza che, però, non ha impedito al governo di dare il proprio via libera alla prima fornitura di fregate al generale al-Sisi dopo l’ultima telefonata tra i due.
“Se il Governo ha deciso di superare queste problematicità in una più ampia ottica di politica estera, come sembra suggerire il passaggio in Consiglio dei Ministri, allora si impone una discussione e un voto in Parlamento, come richiede la stessa legge 185/90 – conclude Vignarca – Altrimenti, a nostro parere, l’autorizzazione non è solo problematica e criticabile dal punto di vista politico, ma anche da quello procedurale e legale”.