“Andavano sgangheratamente nella notte, il bambino e la nonna, sembravano due ubriachi”. Questo l’incipit favoloso, lirico e antico di Ragazzo Italiano di Gian Arturo Ferrari (Feltrinelli). La storia di Ninni in tre macro capitoli (bambino-ragazzino-ragazzo) mentre scorre il dopoguerra italiano. Il bimbetto che tartaglia, “dall’aria patita”, bisognoso di punture ricostituenti, osservatore defilato ma attentissimo di un mondo contadino lombardo-emiliano in via di sparizione e di una nuova avventura culturale dell’emancipazione cittadina. Romanzo di formazione, a suo modo storico, così maturo nel suo magmatico intarsio riflessivo/osservativo in terza persona da non necessitare del puntello esterno dei grandi e riconoscibili eventi. Scrittura pastosa, rotolante in scioltezza, elegantemente pragmatica alla Bellow, alla Roth, con quel quid “italiano” del boom carico di dettagli innovativi (la plastica, gli ascensori, gli arredamenti di Cantù, la caramelle Life Savers) che ti lasciano appiccicato a questa falsa epica, maturazione lenta e nodosa dell’individuo uomo soggetto protagonista che magicamente diventa grande mentre diventa grande un paese (una nazione, si può?). Fosse un’altra edizione del premio Strega, Ferrari vincerebbe a mani basse. Quest’anno c’è traffico e il suo “esordio” l’ha fatto con Feltrinelli… Probabilità di vittoria: 10% (ma ne meriterebbe molte di più).
Tre domande a Gian Arturo Ferrari.
Cosa significa Ragazzo Italiano per lei?
“Ho scritto questo romanzo per lasciare testimonianza di un periodo della recente storia italiana compresso tra quello che l’ha preceduto (il fascismo e la guerra) e quello che l’ha seguito (l’età del benessere). Un periodo dimenticato: duro, aspro, disperatamente votato al lavoro e alla fatica. Il tutto attraverso la vicenda del protagonista e dei suoi sentimenti. Non c’è niente di facile e molto poco di dolce. Ma quel che di buono ha l’Italia è stato fatto allora e anche il protagonista, grazie principalmente alla scuola, riesce a districarsi e a trovare la propria vocazione. Un romanzo roosveltiano.
Perché scrive?
“Perché, dopo aver fatto tutta la vita l’editore, ho voluto esplorare com’è il mondo visto dall’altra parte. E anche per provare a usare quel mirabile strumento che è la scrittura”.
Chi vincerà lo Strega 2020?
“Veronesi”.
Gian Arturo Ferrari ha 76 anni ed ha passato l’interva vita a visionare, scrutare, pubblicare e lanciare libri altrui nel gruppo Mondadori. Un maestro dell’editoria che ha pure pubblicato un saggio intitolato Libro (Bollati Boringhieri). Qui è in veste di esordiente nel romanzo, quindi anche alla prima candidatura da scrittore al Premio Strega.