Gli ex senatori Salvatore Marano (Forza Italia) e Antonio Milo (Forza Italia e Gal). Poi un altro berlusconiano, l’attuale capogruppo nel Consiglio comunale di Napoli, Stanislao Lanzotti, che è anche commissario del partito per l’area metropolitana partenopea. Inoltre, il consigliere regionale Michele Schiano di Visconti (Fratelli d’Italia). Tutti politici del centrodestra, tutti coinvolti nell’indagine della Procura di Napoli sul voto di scambio per le elezioni comunali del 2016. Gli inquirenti hanno complessivamente notificato 27 avvisi di conclusione delle indagini preliminari (firmati dai pm Maurizio De Marco e Henry John Woodcock) ad altrettanti indagati, tra cui politici e presunti appartenenti alla camorra, nei confronti dei quali vengono ipotizzati, a vario titolo, i reati di voto di scambio e ricettazione aggravati dalla finalità mafiosa.

Gli investigatori, attraverso la polizia giudiziaria, ritengono di avere documentato numerosi episodi durante i quali sono stati promessi denaro, agevolazioni di vario tipo e anche posti di lavoro in cambio di voti e pacchetti di voti per determinati candidati. L’inchiesta risale a diversi anni fa: gli inquirenti misero sotto indagine ben 82 persone, tra esponenti politici, dell’imprenditoria e della criminalità organizzata di Secondigliano, in particolare il clan Di Lauro.

L’ex senatore Marano, secondo i pm, sarebbe coinvolto in alcuni episodi di voto di scambio come la promessa di un posto di lavoro a una donna, in una ditta ritenuta legata ai clan, per voti in occasione delle comunali del 2016. Ma gli episodi, aggravati dal metodo mafioso, elencati nelle 22 pagine dell’avviso di conclusione indagini della Procura sono parecchi. Interi pacchetti di voti, secondo l’accusa, sono stati venduti in cambio di denaro, anche decine di migliaia di euro: in cambio di preferenze per un candidato poi deceduto, sarebbero stati versati 9500 euro.

Infine, tra gli episodi documentati dalla Polizia Giudiziaria, sempre in cambio di preferenze per la tornata elettorale del 2016, figura la promessa, a un uomo, di un trasferimento a un incarico più agevole (per ferie e retribuzione) nella stessa società di pulizie di cui era già dipendente. Ditta, secondo gli inquirenti, riconducibile alla camorra e in rapporti – all’epoca – con l’azienda ospedaliera Cardarelli. Le indagini, che si sono chiuse alla fine dello scorso mese di maggio, si sono avvalse delle dichiarazioni rese da diversi collaboratori di giustizia, di informative della Polizia Giudiziaria (Guardia di Finanza), intercettazioni ambientali e telefoniche e delle risultanze investigative derivate da perquisizioni e sequestri.

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