La società dentistica low cost non riapre dopo il Covid. Un paziente: "Ho perso 13mila euro per un impianto a metà, non ho il coraggio di uscire di casa". La legge sui fondi dell'SSN a odontoiatra di famiglia è ferma in Senato da due anni: mai discussa. Il Lazio corre ai ripari, pronte class-action
Un’altra clinica “mordi e fuggi” svanisce nel nulla, lasciando migliaia di persone senza denti ma con i fidi da pagare. È successo di nuovo, anche nel pieno dell’emergenza Covid. Dopo i casi Vitaldent, Funnydent è toccato alla spagnola Dentix. Senza comunicazioni, la società che vanta 350 centri in Europa ha chiuso la sessantina di laboratori sparsi in 12 regioni italiane, lasciandosi dietro clienti inermi e disperati, 400 dipendenti senza un lavoro né ammortizzatori. Gli appuntamenti rinviati, le saracinesche abbassate, call center muti. L’istanza di fallimento arriva come un fulmine a ciel sereno e getta nel panico chi si doveva curare e chi pensava di avere un’occupazione. Un inferno vero che si spalanca dietro il paradiso di carta patinata delle cure odontoiatriche low cost, sempre in strutture private all’apparenza solide, economiche nei prezzi eppur lussuose e accoglienti. Che al termine del lockdown, non hanno più riaperto lasciando tanti a metà con le cure, con dolori alla bocca e l’incubo di restare senza denti.
E la politica che fa? Nulla, anzi meno. La sanità pubblica offre sempre meno servizi di cura, a tutto vantaggio delle cliniche private. I livelli essenziali di assistenza sono garantiti solo a minori e svantaggiati, malgrado le molteplici implicazioni di carattere sanitario, sociale ed economico per tutti. Il 90% della popolazione è costretta a bussare al privato. Va avanti così da anni, e le poche proposte di invertire la tendenza sono cadute nel vuoto. Nel 2018 la senatrice Paola Boldrini (Pd) presenta una proposta di legge per istituire la figura dell’odontoiatra di famiglia, aggiornare ed estendere i Lea, aumentare i fondi statali “perché tutti possano curarsi bene la bocca al costo del SSN”. Come è finita? Assegnata alla Commissione sanità, in due anni non è mai stata discussa.
L’Associazione nazionale dei dentisti (Andi) chiede a tutti i governi e ministri di investire sull’assistenza odontoiatrica, viste le molteplici implicazioni di carattere sanitario, economico e sociale. In mancanza di risposte prova da sola a mettere paletti alle cliniche commerciali “mordi e fuggi”. Su impulso dell’Andi, martedì la Regione Lazio ha approvato una modifica alle regole di accreditamento che limita il codice Ateco agli studi medico professionali associati, non consentendo di operare alle società di capitali. Contemporaneamente, l’Andi sta istituendo in questi giorni uno sportello legale per fare class-action con spese legali azzerate proprio per aiutare i danneggiati.
Le loro storie, del resto, testimoniano l’urgenza di un intervento. “Ho già speso 13mila euro – racconta Vincenzo, pensionato 65enne di Rimini, il cui calvario è iniziato quattro anni fa – dopo aver acceso un finanziamento caldamente consigliato dagli operatori. Stavo ancora pagando per le protesi. I denti me li hanno tolti il 9 gennaio, mettendomi un ponte provvisorio, e con quello sono rimasto. Ora non ho il coraggio di uscire di casa. Avevo appuntamento il 21 marzo, saltato per il Covid. Li ho rivisti a maggio, ma non si è risolto granché. Mi dovevano chiamare a giugno: spariti. Ora devo cercare un altro studio e sborsare altri soldi”.
“Mio padre non andava dal dentista da 25 anni, era anziano”, Racconta Francesca Pozzi da Gallarate. “L’ho convinto io perché aveva la bocca da rifare e il preventivo era metà di quello del dentista di famiglia. Sembravano persone serie, ci hanno anche rilasciato il certificato di garanzia a vita. Purtroppo invece mio padre è morto senza che l’impianto fosse terminato. Han chiuso tutto e mi mandavano i bollettini del fido da pagare, come nulla fosse. Mi sono rivolta a un’associazione di consumatori che sta tutelando i casi come il mio”.
“Le vittime sono migliaia, 200 solo nelle province lombarde”, conferma Mariella Meucci, presidente di Confconsumatori Varese. “Stiamo mettendo in mora Dentix, faremo valere l’art. 125 della legge fallimentare per annullare la pretesa creditoria, perché i pazienti sono creditori e non debitori. Dopodiché faremo un esposto alla Procura della Repubblica e costituiremo un comitato per far si che non ci si dimentichi della vicenda. Nel caso Dentix dovesse dichiarare fallimento, pur continuando a metterla in mora, rischiamo di dover inserire i nostri 200 disperati tra i creditori chirografari che non porteranno a casa niente”.
Dalla sua, la società ha affidato al sito la promessa del fondatore e presidente di Dentix Angel Lorenzo Muriel. “Tornermo al tuo fianco!”. Nella breve comunicazione si legge che l’intenzione è quella di riaprire il prima possibile, che “Il silenzio operativo è stato con il fine di consentire, con tutte le nostre forze, un possibile piano di riapertura delle cliniche”. Nessun dettaglio sul “momento storico ed aziendale veramente complicato e critico” né sui tempi della riapertura promessa (“quando l’azienda avrà modo di aprire gli ambulatori continueremo i suoi trattamenti (…) vi comunicheremo al più presto istruzioni operative”). Intanto però, i bollettini delle finanziarie corrono.
Anche per i dipendenti rimasti senza lavoro il destino di Dentix è una grossa incognita sul futuro. “Nulla faceva supporre che chiudessero così”, racconta uno di loro. “Una sera durante una video conferenza hanno chiesto ai dentisti di lavorare per 1300 euro al mese, ma devono ancora percepire anche 30mila euro del vecchio contratto”. Le voci si fanno confuse. “A quanto ci risulta – dice un infermiere – il 21 di giugno è scaduta la cassa integrazione e non si sa nulla del rinnovo. C’è chi dice che non hanno presentato il bilancio 2018 e per questo non possono godere di ulteriori sostegni. E’ chiaro che il nostro destino è incerto insieme a quello dei nostri pazienti”.