Dopo oltre sessant’anni di attività e 18mila ristoranti aperti in cento Paesi, Pizza Hut è stato costretto a dichiarare il fallimento. La Npc International, società che controlla il colosso americano del fast food, ha presentato mercoledì l’istanza di fallimento, come riferisce la Cnn. A pesare sulla società un debito di quasi un miliardo di dollari e l’aumento dei costi di manodopera e materie prime, diventati insostenibili con la crisi economica indotta dall’emergenza coronavirus.

Pizza Hut ha dichiarato alla Cnn che il deposito dell’istanza “era previsto” e di aver già raggiunto un parziale accordo con i creditori, così da scongiurare per ora la chiusura immediata dei ristoranti del fast food con il celebre marchio ma sarà necessario comunque il subentro di altri gestori per garantirne la sopravvivenza. Cosa che avrà conseguenze pesanti, dal momento che comporterà una ristrutturazione della società con la chiusura di centinaia di punti vendita (e i conseguente taglio di migliaia di lavoratori).

Il marchio Pizza Hut, nato nel 1958 a Wichita, nel Kansas, quando i due fratelli Carney, Dan e Frank, si fecero prestare dalla madre 600 dollari per aprire una piccola rivendita e far gustare agli studenti il prodotto italiano più famoso al mondo, però non sarà toccato. Non è neppure in discussione il destino delle altre migliaia di ristoranti a marchio Pizza Hut ma operati da altri soggetti in franchising.

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