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Regeni, Fico: “Dall’Egitto un cazzotto in faccia all’Italia. Bisogna dare una risposta risoluta e veloce. La sua morte è una questione di Stato”

A 24 ore dal vertice tra magistrati egiziani e procura di Roma con una nuova mancata risposta sulle rogatorie e la beffa di "alcune richieste investigative” da parte del Cairo, il presidente della Camera chiede una reazione: "L'incontro fra le procure è andato malissimo. Bisogna fare rete con governi e parlamentari europei per risolvere il caso". Il premier Conte nel pomeriggio: "Da un incontro non deriva automaticamente un riposizionamento"

Un “cazzotto in faccia” che merita “una risposta risoluta e veloce”. A 24 ore dall’ultima porta sbattuta in faccia dagli investigatori egiziani ai colleghi italiani che indagano sulla morte di Giulio Regeni, il presidente della Camera Roberto Fico chiede una reazione. “L’incontro fra le procure è andato malissimo. L’Egitto ha dato un vero e proprio cazzotto in faccia all’Italia, a tutti gli italiani, al nostro Stato. Bisogna dare una risposta risoluta e veloce”, dice la terza carica dello Stato in un’intervista al Tg1.

“Rinnovo la mia vicinanza come quella di tutte le istituzioni alla famiglia Regeni – ha aggiunto il presidente della Camera – Ma voglio dire a tutti e alla famiglia che la questione di Giulio Regeni non appartiene solo alla famiglia, appartiene a tutta l’Italia. È una questione di Stato”. Il caso Regeni, aggiunto Fico, “deve appartenere a tutta l’Europa. Dobbiamo fare un lavoro forte e sostanziale tramite i governi e i parlamenti europei per creare una rete che possa risolvere il caso di Giulio in Egitto”.

Il “cazzotto” egiziano è la mancata risposta, dopo oltre un anno, alle rogatorie italiane, arrivata nella serata di mercoledì dai magistrati del Cairo alla procura di Roma, condito oltretutto da “alcune richieste investigative” per “meglio delineare l’attività” del ricercatore in in Egitto. Una richiesta di informazioni, quella del procuratore egiziano Hamada Elsawy, avanzata durante l’incontro in video-conferenza con il procuratore di Roma Michele Prestipino e il pm Sergio Colaiocco – impegnati in accertamenti su altri cinque 007 egiziani – nonostante siano 14 mesi che l’Italia aspetta (invano) una risposta per l’elezione del domicilio dei cinque indagati e arrivata pochi giorni dopo l’invio dei presunti effetti personali di Regeni, che si sono rivelati falsi.

Di “istanza offensiva e provocatoria”, avevano parlato Paola e Claudio Regeni, genitori del ricercatore, criticando duramente la linea della “condiscendenza” e del “stringere mani” e “fare affari con l’Egitto”, difesa dal premier Giuseppe Conte solo poche settimane fa nella sua audizione davanti alla commissione d’inchiesta. Quindi la nuova richiesta di “richiamare l’ambasciatore” perché “oggi è l’unica strada percorribile”. Una richiesta alla quale in giornata si sono aggiunti l’ex presidente della Camera, Laura Boldrini, e l’Anpi.

Nel pomeriggio, dopo un primo silenzio, il premier aveva detto che dall’incontro tra i magistrati “non è che ne deriva automaticamente un riposizionamento dell’Italia”, pur specificando che quella dell’inchiesta sulla morte di Regeni è “una questione che seguiamo con la massima attenzione” e di fronte alla quale, dopo anni di silenzi e omissioni dal Cario, “non rimaniamo affatto indifferenti”. “Ora acquisirò anche maggiori informazioni – ha aggiunto Conte – Non è che c’è un’automatica e biunivoca corrispondenza tra Procura della Repubblica e Palazzo Chigi, non sono nemmeno informato su quanto successo esattamente”.