Non un referendum, ma una procedura unica ed esclusiva. Così la presidente della Commissione elettorale centrale russa Ella Pamfilova aveva caratterizzato “il voto nazionale” sugli emendamenti alla Costituzione voluti dal presidente Vladimir Putin, e approvati dal 77,9% degli elettori con un’affluenza del 65%. Risultati annunciati prima che i seggi chiudessero, in un paese con 11 fusi orari e dove sono emerse pesanti irregolarità nella procedura di voto.
I russi hanno dovuto esprimersi in un unico voto su 206 emendamenti alla Costituzione adottata sotto l’allora presidente Boris Eltsin nel 1993. Una specie di “menù fisso”, secondo l’espressione della stessa Pamfilova, che per prima prevede l’azzeramento dei mandati del leader del Cremlino, permettendogli di rimanere al potere fino al 2036. È stato il presidente russo a chiamare il popolo alle urne in una specie di voto di fiducia su se stesso, sottolineando più volte che le modifiche alla Carta fondamentale sarebbero entrate in vigore solo se approvati dalla maggioranza della popolazione. Una consultazione dal valore puramente simbolico, visto che, secondo la procedura ordinaria di modifiche costituzionali, tale votazione non è prevista, ma è stata fissata da un articolo della legge sugli emendamenti alla Costituzione del 14 marzo 2020.
Le modalità senza precedenti del voto – Con la motivazione della pandemia da coronavirus, la consultazione è stata spalmata su sette giorni: “Il voto prima del voto” dal 25 al 30 giugno con la possibilità di votare da casa e online (a Mosca e nella regione di Nizhny Novgorod), oltre che ai seggi, e il voto principale il 1 luglio, dichiarato giorno festivo proprio per allargare il più possibile la partecipazione. Durante i sei giorni del voto anticipato l’affluenza media nel Paese è stata del 55%, quindi mediamente più della metà degli elettori hanno votato prima del 1 luglio.
Secondo il movimento per la difesa dei diritti degli elettori “Golos”, il voto anticipato non è neanche previsto dalla legge sugli emendamenti, dato che dal 1 giugno, data di pubblicazione del decreto presidenziale che indica la data delle urne, al voto stesso, sarebbero dovuti passare almeno 30 giorni. “Si tratta di una decisione presa in autonomia dalla Commissione elettorale centrale”, ha commentato a ilfattoquotidiano.it il co-presidente del movimento Grigori Melkonyants.
La raccomandazione di organizzare il voto all’aperto, laddove non era possibile garantire il voto sicuro al seggio a causa dei rischi legati al Covid, è stata interpretata molto liberamente: hanno fatto il giro del web foto di seggi approntati nei bagagliai, in mezzo alle aree gioco e sulle panchine sotto casa. “Per la prima volta siamo testimoni di un impoverimento delle procedure elettorali su ampia scala, per la loro inadeguatezza ai più basilari standard di voto”, spiega Melkonyants.
Voti coatti, seggi in azienda e falle del sistema elettorale – Nei primi sei giorni del voto il movimento ha ricevuto 1587 segnalazioni di violazioni elettorali di cui 682 sono state verificate. Quella più grave per l’esperto è il voto coatto: tantissimi lavoratori, sia secondo “Golos”, sia secondo le notizie sui vari medi russi, hanno subito pressioni dal datore di lavoro per andare a votare con diverse forme di controllo del voto, dalla votazione direttamente in azienda ai fogli da fare timbrare ai seggi dopo aver deposto la scheda. È comparsa anche una nuova forma di voto – “il voto sotto casa” – che spesso si è trasformata nel voto a casa, con membri delle commissioni elettorali che facevano il giro degli appartamenti di propria iniziativa, anche se è necessaria la richiesta dell’elettore, ha raccontato Melkonyants. Per spingere la gente a votare in alcune città, come Mosca, il voto è stato trasformato in una specie di enalotto, con distribuzione ai votanti di certificati per poter vincere diversi premi, tra cui sconti nei supermercati, ma anche appartamenti.
Più di un milione di persone hanno votato online. La votazione elettronica tanto lodata dalle autorità – utilizzata anche dal sindaco di Mosca Sergei Sobyanin – ha rivelato però delle falle nel sistema elettorale, come ha dimostrato un esperimento del giornalista del canale TV Dozhd Pavel Lobkov che è riuscito a votare due volte, online e al seggio.
“Stiamo votando per il Paese in cui vogliamo vivere, con istruzione e sanità moderne, con un welfare sicuro per i cittadini, con il potere efficiente che fa capo alla società”, ha detto Vladimir Putin, rivolgendosi ai russi il 30 giugno, alla viglia del voto del primo luglio sullo sfondo non casuale dell’appena inaugurato monumento ai soldati sovietici caduti vicino alla città di Rzhev nei combattimenti contro i nazisti. Uno degli emendamenti è dedicato proprio alla difesa della verità storica sulla vittoria sovietica nella Seconda guerra mondiale. Il presidente non ha detto nulla però sull’emendamento chiave considerato dagli esperti la ragione stessa della riforma costituzionale, ossia l’azzeramento dei suoi mandati che gli permetterà di ripresentarsi alle elezioni del 2024 e del 2030.
Emendamento, questo, rimasto invisibile anche nella campagna ufficiale di informazione sul voto che si è concentrata su emendamenti dedicati ai valori – come quelli sulla memoria degli antenati e la fede in Dio, sui bambini come priorità della politica statale, sullo status della lingua russa come idioma del “popolo sul quale si fonda lo Stato”, sull’integrità territoriale (leggi la Crimea russa) e sul matrimonio come unione tra uomo e donna – e alle garanzie sociali, ossia l’indicizzazione delle pensioni e il salario minimo non inferiore al salario di sussistenza.
Perché Putin sarà più forte – Secondo gli esperti con la Costituzione modificata si tratterà non solo di Putin per sempre, ma anche di un Putin più forte. Il leader del Cremlino ha sostenuto che con le modifiche apportate il presidente avrà meno poteri, perché sarà il parlamento, e non più il presidente, a prendere la decisione finale sulla nomina del primo ministro e dei ministri. Ma il politologo Kirill Rogov ha detto al fatto.it che i poteri della Duma nella nuova Carta “si rivelano insensati” visto che “il presidente ha i poteri di dimissionare i ministri e i primi ministri senza chiedere il permesso alla Duma”. L’esperto ha aggiunto che prima il presidente non poteva dimissionare il premier da solo, ma doveva licenziare tutto il governo. “Ora Putin potrà dimissionare il premier a parte, questo significa un indebolimento sia dell’esecutivo, sia del parlamento”, considera Rogov.
“Nei Paesi dove non c’è concorrenza politica il potere presidenziale si trasforma in cesarismo, diventa illimitato e monopolistico e allo stesso tempo si toglie il limite di mandati presidenziali”, ha continuato. L’annullamento del limite dei mandati segna, secondo Rogov, il passaggio da un autoritarismo mite a un regime più duro, definito “l’egemonia autoritaria”.
Lo stesso Vladimir Putin – che allo scadere del suo secondo mandato nel 2008 aveva negato categoricamente la possibilità di correre per il terzo violando la Costituzione – ha spiegato l’emendamento che gli permetterà di correre ormai per il quinto e il sesto mandato con la necessità di evitare che diventi nel 2022 “l’anatra zoppa”, mentre l’élite inizierà la ricerca di un suo successore. Per l’esperto del Centro Carnegie di Mosca, Tatjana Stanovaja, si tratta quindi di una sfida di Putin alle élite di cui diffida sempre di più, cercando il sostegno della maggioranza popolare.