Lasciare l’università a 22 anni per fare l’edicolante? Con tutto rispetto per gli edicolanti, credo che non sia la prospettiva migliore, almeno per chi studia ed è giovane. Il Partito democratico da quanto leggiamo sulla sua pagina Facebook sembra pensarla diversamente. Ecco il post che sta facendo discutere.
Martina ha 22 anni. Studiava Scienze dei Beni Culturali.Ma recentemente ha deciso di rinunciare al suo sogno per…
Gepostet von Partito Democratico am Donnerstag, 2. Juli 2020
Ovviamente si tratta solo di una gaffe social. Credo che nessuno nel Pd consideri realmente del tutto rotto l’ascensore sociale. Un pessimismo del genere non si addice a chi governa. I social media manager del Pd volevano fare un post di sostegno a chi salva le attività dei genitori dopo l’emergenza Covid, ma è diventato un boomerang proprio perché trascura le aspirazioni dei giovani, in particolare degli studenti. O almeno quelle che le istituzioni dovrebbero incoraggiare. Fattore particolarmente grave perché i giovani universitari sono proprio il target a cui puntano dal Pd.
C’è un commento sotto al post – quello con più like – che sintetizza perfettamente l’essenza dell’errore.
L’utente Jacopo scrive: “Un post per esaltare l’abbandono degli studi in favore di un’attività non innovativa e a basso valore aggiunto, per giunta poco redditizia e che in un regime di libero mercato sarebbe scomparsa da anni, mi mancava.Uno Stato serio avrebbe aiutato Martina a completare i suoi studi! Ancora una volta l’Italia si dimostra un paese nemico dei giovani!”.
In molti si chiedono come sia possibile per un partito così importante commettere un errore del genere.
Vi spiego come nascono le gaffe dei partiti sui social, dato che la mia agenzia cura i social per diversi politici e anche noi abbiamo commesso delle gaffe negli anni, come è capitato ad ogni professionista del settore. Altre volte invece sono stato chiamato a risolvere delle vere e proprie crisi di comunicazione nate da errori social fatti da altri, molto più gravi di questo.
Alla base di ogni errore di un social media manager non c’è la disattenzione, ma la smania dei like. Una dipendenza che viene trasmessa dal partito stesso e dai suoi esponenti al professionista. Per la foga di creare sempre dei contenuti acchiappa-like si rischia di lavorare di fretta e con poca lucidità.
“Questa storia mi sembra bella? Sì, è toccante. Ne parla anche il Corriere. È una studentessa, una di noi. Vai! Pubblichiamo questa!”, questo è il tipo di ragionamento di un addetto alla comunicazione social in cerca di contenuti.
C’è poi un secondo fattore che deve allinearsi per la nascita di una gaffe: nessuno di quelli che controlla il post per darne l’approvazione si rende conto dell’errore nascosto nel contenuto.
Molti non credono che questo avvenga realmente. Nella maggior parte dei casi, quando si vede una gaffe di Salvini (quelle che fanno discutere di più), di Renzi, di un membro del governo o di un partito, c’è la tendenza a credere che sia stata fatta apposta. Per far parlare di sé, per dare un messaggio nascosto, per una strategia articolata che porterà a chissà quali conseguenze politiche sul lungo termine. No, purtroppo non è così. Ho assistito a diversi episodi del genere e vi assicuro che nella maggior parte dei casi si tratta di errori, sviste, gaffe. Niente di voluto.
C’è un momento in cui nessuno si rende conto dell’errore nella foto, nella grafica, nel messaggio. Nessuno di coloro che deve approvare il post prima della pubblicazione (di solito i responsabili della comunicazione e spesso il politico in prima persona) si rende conto del potenziale boomerang che si sta per lanciare. Perché sono impegnati su altro, perché vanno di fretta pure loro, perché non vedono il problema all’interno di un messaggio che poi offenderà migliaia di persone.
Dunque bisogna essere comprensivi nei confronti degli staff dei politici (lo so, sono di parte). Lasciamoli lavorare con meno ansia da prestazione e faranno meno errori.
C’è un ultimo fattore che deve essere menzionato sulla nascita di una gaffe social. Su questo però non si può fare nessuna prevenzione. Anche se ricontrolli tutto alla perfezione, non potrai mai prevedere al 100% cosa genererà la polemica. Cosa infiammerà la rete e i giornali.
A volte alcune frasi estrapolate da un video (come quella di Salvini “dopo 2 ore fra la gentaglia di Mondragone puzzo” ma lui si riferiva al lancio di uova e agli sputi ricevuti dai contestatori), alcuni dettagli in una foto (come il Rolex di Gad Lerner), alcune battute ironiche venute male, un tempismo sbagliato (postare un contenuto positivo in un momento drammatico) possono innescare la crisi.
A quel punto non resta che gestirla, senza farsi prendere dal panico, perché tutti possiamo sbagliare nell’era della dipendenza dai like.