Era giusto giusto un anno fa quando il Movimento 5 Stelle con al suo ‘vertice’ il capo politico Di Maio organizzava l’Assemblea Regionale del Movimento 5 Stelle del Lazio, una sorta di Stati Generali in dodicesima, diciamo degli Stati Colonnelli.
In questa colorita, affollatissima sessione di municipi romani e comuni laziali si chiedeva a tutti i gruppi rappresentati di esplicitare i propri ‘ideali imprescindibili’, quelli che avrebbero dovuto improntare l’azione del Movimento da quel momento almeno fino alla fine della legislatura.
Le relazioni presentate furono così tante che non si potè leggerle tutte, malgrado un rigido contingentamento dei tempi di esposizione (3 minuti). Così accadde, per esempio, per quella del gruppo del Primo Municipio di Roma, uno di quelli che il Movimento perse rovinosamente malgrado il trionfo di Virginia Raggi al Campidoglio.
Così, oggi, a distanza di un anno esatto da quella bella assemblea mi prendo la responsabilità di rendere noto ai lettori di questo giornale che cosa gli attivisti del territorio, quelli che nei partiti vengono comunemente chiamati ‘la base’, pensavano e tuttora pensano delle cose della politica e della vita. E’ una lettura interessante che stento a credere i tanti autoproclamati ‘vertici’ dell’uno vale uno abbiano mai fatto. Eppure questa relazione, come tutte le altre – lette e non lette in assemblea – è stata consegnata in persona all’allora ‘capo politico’. Eccovela.
Il gruppo municipale M5s di Roma Centro (composto da 63 iscritti certificati su Rousseau), già MU (MeetUp), tenuto conto della precedente assemblea, ritiene che la riorganizzazione debba comportare modifiche allo statuto, regolamento e codice etico per istituzionalizzare le modifiche che realizzeranno la democrazia partecipativa e deliberativa, propone:
SI ad inserire nello Statuto come fine politico del movimento la realizzazione dei principi della Costituzione italiana, prima parte, dall’art. 1 all’art. 54.
SI ad istituire ed introdurre, nello Statuto e Regolamento, organi politici locali/territoriali e tematici (già MU e tavoli) con titolarità del logo, regolamento unico, facoltà decisionali politiche e selettive per candidati e di nomina dei propri referenti/delegati.
NO a realizzare una struttura gerarchica di referenti candidati/nominati dal vertice.
SI alla presenza maggioritaria di attivisti sui PV eletti nella composizione degli organi del movimento (probiviri, garanti, gruppi territoriali e tematici).
NO a costituire Sedi fisiche per gli organi locali e territoriali, infrastrutture con cassa, etc.
SI alla Formazione politica degli attivisti .
NO a rapporti con liste civiche.
NO al superamento dei due mandati senza eccezioni.
SI al certificatore terzo per votazioni su Rousseau.
SI all’introduzione, nelle votazioni su Rousseau, della terza opzione: “non voto”.
SI alla pubblicazione su Rousseau di tutti i documenti acquisiti nelle assemblee della riorganizzazione del 2019.
Cosa ci avrà fatto il ‘capo politico’ di allora con tutte queste belle proposte, mi sono chiesto? Tolta la possibilità della formazione politica per gli attivisti, non c’è un solo punto che sia stato finora perseguito (il limite dei due mandati è già in bilico).
Poi, ho avuto una illuminazione: forse c’erano dei tavolini che (all’epoca) ballavano a Palazzo Chigi e alle proposte degli attivisti del Primo Municipio è stata trovata la più consona collocazione.