Quella che sembrava la Rivoluzione francese nella storia giudiziaria italiana sembra rivelarsi sempre più come una vera e propria operazione di chirurgia estetica, con tanto di maquillage, condotta a seguito di una scorribanda tra le correnti della magistratura associata.

A distanza di più di un anno dalla scoperta del più grande scandalo che ha coinvolto l’Ordine giudiziario, sembra che la bava collerica dei maggiorenti dei gruppi della cosiddetta sinistra giudiziaria – quelli che più di tutti avevano chiesto, senza alcun contraddittorio con gli interessati, le teste dei consiglieri del Csm coinvolti in un incontro notturno in un hotel romano per pilotare una nomina – si siano trasformati in un afasico e imbarazzato bisbiglio salottiero.

Area democratica per la giustizia – così viene definito il gruppo che accorpa Magistratura democratica e Movimento per la giustizia – ha ottenuto, nel giro di pochi mesi, il ribaltamento delle posizioni di vertice dentro la magistratura associata e dentro il governo autonomo, persino dentro il ministero della Giustizia (dove è giunto un nuovo capo di Gabinetto, di chiara matrice correntizia).

E’ riuscita a nominare un suo esponente con l’unanime voto della componente laica del Csm (per la prima volta durante questa consiliatura) a Procuratore capo di Perugia, ossia presso l’Ufficio titolare dell’esercizio dell’azione penale per i reati commessi dalle toghe della Capitale che deve condurre il processo a carico di Luca Palamara e dei suoi coimputati.

Si tratta dell’Ufficio requirente che più di tutti avrebbe dovuto dimostrare equidistanza e lontananza da qualsiasi gruppo correntizio e da qualsiasi soggetto politico. Tutti potranno rendersi conto di quanto sia controproducente, per la credibilità della giurisdizione, che a dirigere quell’Ufficio sia un magistrato rimasto fuori ruolo per tantissimi anni per un incarico amministrativo di scelta politica ed indicato persino da un ex presidente del Consiglio del Pd come papabile candidato a premier.

La cosiddetta sinistra giudiziaria, quella che ama definirsi “progressista”, si connota anche per la tendenza a bipolarizzare al massimo il confronto interno alla magistratura, proponendo leggi elettorali per la riforma del Csm che possano cristallizzare questa loro volontà, antagonista alla parte “moderata-conservatrice”, in modo da fare scomparire altre entità rappresentative della categoria. L’idea di poter legittimamente fare “politica” dentro la Magistratura è quanto di più esiziale e dannoso possa esistere per l’Ordine giudiziario e per tutti i cittadini in nome dei quali la Giustizia è amministrata.

Il rischio enorme è quello di determinare la massima politicizzazione della magistratura, la cui immagine di imparzialità e di indipendenza è stata enormemente appannata proprio dalle recenti scoperte di intese tra i maggiorenti dei gruppi associati per “attaccare” avversari politici e poter condizionare gli equilibri e le alleanze tra i partiti politici.

La pubblicità delle centinaia di chat, a seguito della conclusione delle indagini del procedimento a carico di Luca Palamara, ha invece evidenziato come anche la cosiddetta sinistra giudiziaria, quella che continua ad accreditarsi come interlocutore e “soggetto politico” all’esterno, sia pienamente addentro al sistema delle correnti da decenni.

Ciò ha indotto, infatti, i vertici della magistratura associata a dimettersi dalla dirigenza ed i gruppi che la rappresentano dentro l’Anm a tacersi, incapaci persino di chiedere le dimissioni degli altri consiglieri coinvolti o di avviare uno scontato procedimento deontologico/disciplinare nei confronti dei suoi attuali o precedenti rappresentanti istituzionali.

Insomma sempre più sembra emergere che Luca Palamara rappresenti davvero il “capro espiatorio” di un sistema che non si vuole affatto modificare, i cui maggiorenti hanno cercato soltanto di approfittare della vicenda per mutare le maggioranze interne, capovoltesi a seguito di nuove alleanze che il gruppo di Palamara stava intessendo con la parte correntizia “moderata”.

Quello su cui, infine, si continua a glissare non è soltanto il doppiopesismo nella persecuzione di condotte del tutto analoghe, se non peggiori, rispetto a quelle venute alla luce un anno fa, ma quel pericolosissimo e deleterio collateralismo politico che gli ambienti della sinistra giudiziaria continuano a mantenere sia con esponenti del Parlamento (si pensi a quanto accaduto ai tempi della dottoressa Ferranti, che da parlamentare si permetteva di farsi da “garante” di nomine apicali con Palamara), sia con esponenti del mondo accademico, sia con giornalisti delle più importanti testate giornalistiche e del mondo massmediatico, sia infine con la loro presenza in posizioni apicali amministrative o consultive nei più importanti Palazzi del potere romano (dal Quirinale in giù).

Insomma pare che si sia arrivati direttamente alla Restaurazione, senza essere neanche passati per una vera Rivoluzione.

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