Politica

Coronavirus, commissariare la Lombardia sarebbe un favore per la salute dei cittadini

I numeri parlano da soli: 16.664 i morti ufficiali con Covid in Lombardia al 30 giugno, pari al 48% del totale dei decessi in tutta Italia; alla stessa data il tasso di mortalità per il Coronavirus in Lombardia era di 165 su 100mila abitanti, mentre a livello nazionale non arrivava a 58 e in Veneto era di 41. Se il tasso di mortalità nazionale fosse stato simile a quello lombardo oggi in Italia avremmo avuto, limitandoci ai dati ufficiali, 100mila morti con Covid.

L’agente di questo disastro è il Covid-19; la Lombardia è una delle regioni europee più inserite nelle rotte della globalizzazione con un grande traffico di persone e di merci, ma questo non è sufficiente a giustificare l’enormità della tragedia. Il virus nella sua azione distruttrice ha oggettivamente trovato un potente alleato nei vertici, presenti e passati, della sanità lombarda.

Dalla fine di febbraio coordino l’”Osservatorio Coronavirus” attivato da Medicina Democratica e dalla trasmissione sulla salute di Radio Popolare “37e2”, in collaborazione con molte altre associazioni. Oltre 120 giorni e notti trascorsi a rispondere a migliaia e migliaia di mail, messaggi WhatsApp, Messenger e telefonate, a fornire informazioni a persone disperate, abbandonate a se stesse, nel proprio dramma e nella propria solitudine; stritolate tra l’azione del virus e l’assenza di iniziative istituzionali capaci di tutelare diritti e dignità.

Vittime del virus, ma non solo

Anziani ai quali è stato rifiutato il ricovero, lasciati morire a casa senza alcuna cura; medici di medicina generale rimasti per due settimane senza mascherine, obbligati a scegliere se curare i loro pazienti rischiando di infettarsi o se rifiutarsi di effettuare le visite; medici ospedalieri, infermieri e altri operatori, privati della possibilità di sottoporsi al tampone anche quando i loro colleghi e colleghe cadevano vittime del virus; operatori sociali e sanitari obbligati ad assistere a mani nude e a volto scoperto i ricoverati nelle Rsa; anziani vittime sacrificali di un contagio che arrivava dai malati dimessi dagli ospedali e trasportati nelle Rsa; migliaia di cittadini “prigionieri a casa propria” talvolta anche per tre mesi in attesa di tamponi e test sierologici che non arrivavano; medici obbligati a decidere chi assistere e chi abbandonare al proprio destino; familiari che improvvisamente scoprono la morte dei propri cari ricoverati nelle Rsa senza nemmeno conoscere il giorno del decesso…

Eventi e situazioni, queste, che sono dirette conseguenze di scelte umane e che confluiranno in “Senza Respiro”, un’inchiesta indipendente sull’emergenza Coronavirus i cui diritti d’autore andranno all’Ospedale Sacco, una struttura pubblica che ha svolto un ruolo importante durante l’emergenza.

L’altra faccia della medaglia

Laboratori privati che fanno pagare 332 euro un tampone, altri che in 72 ore triplicano il prezzo dei test sierologici; cliniche private che non partecipano all’impegno collettivo contro il virus, ma che ricevono a braccia aperte e a portafogli spalancati i cittadini che si rivolgono a loro per fare le visite e gli esami no Covid che il Servizio Sanitario Regionale (Ssr) ha cancellato (sono alcuni milioni gli appuntamenti da recuperare); ospedali privati convenzionati e Rsa che in poche ore – normalmente sono necessarie parecchie settimane – hanno visto aumentare i posti letto accreditati con il servizio pubblico ad ottime condizioni economiche; aziende rimaste aperte, che nel bergamasco facevano profitti mentre il virus si diffondeva indisturbato…

Eventi e situazioni, anche queste, dirette conseguenze di scelte o di mancate scelte umane. Mentre il proscenio ospita queste scene, altre si susseguono sullo sfondo: il gruppo S. Donato, uno dei leader nella sanità privata, nomina nei suoi Cda Roberto Maroni, ex presidente della regione e l’ex consigliere regionale Angelo Capelli, uno dei relatori della legge 23, la controriforma sanitaria regionale; nel frattempo ex dirigenti di quello stesso gruppo e manager di cinque case farmaceutiche vengono accusati di aver truffato per 10 milioni di euro il Servizio sanitario regionale.

Il presidente regionale Attilio Fontana dichiara: “Rifarei tutto” e nomina una commissione di “saggi”, che dovrebbe riorganizzare il servizio sanitario pubblico, nella quale tre su cinque dei nominati dirigono strutture private lontane dalla realtà della medicina pubblica territoriale, il settore che più andrebbe potenziato ribaltando di 180 gradi le scelte regionali.

I vertici politici e le strutture private si nominano reciprocamente, in una corrispondenza d’amorosi sensi; a farne le spese la salute dei cittadini lombardi.

Un’eccellenza per pochi, una tragedia per tanti

Da decenni la sanità lombarda è presentata come “l’eccellenza”, secondo la narrazione ufficiale costruita dalla destra che da decenni governa la regione. Un’idea di sanità tutta concentrata solamente sulla cura, sui protocolli terapeutici e chirurgici di alta specializzazione, sulla cosiddetta medicina personalizzata, sulle ricerche sul genoma; indifferente alle infinite attese alle quali devono sottostare i propri cittadini per accedere alle cure formalmente loro garantite dallo Stato, disinteressata alla medicina preventiva e ai servizi territoriali considerate strutture di una medicina di serie B.

Una gestione del servizio sanitario pubblico che ha introiettato i medesimi valori e le stesse priorità delle strutture private con l’aggravante di una catena di comando basata sulla fedeltà di partito.

Il Governo faccia la sua parte

Ottantacinquemila cittadini hanno chiesto al governo di commissariare la sanità lombarda, ma nessuno ha risposto. Il commissariamento non sarebbe un’azione contro la Regione Lombardia, ma un atto a favore e a difesa della salute dei cittadini e delle cittadine di questa regione.

Tra due mesi scade la sperimentazione della legge regionale 23, che ha distrutto la medicina territoriale, tolto ogni limite alla penetrazione del privato, puntato tutto e solo sugli ospedali superspecializzati. Il governo autorizzerà ancora la prosecuzione di tale disastrosa sperimentazione o metterà al primo posto la tutela della salute di dieci milioni di cittadini?