“I treni per Reggio Calabria”: così si intitola una vecchia e bellissima canzone di Giovanna Marini. Si riferisce a un episodio drammatico e significativo: la manifestazione nazionale di solidarietà ai lavoratori calabresi organizzata dai sindacati dei metalmeccanici il 22 ottobre del 1972 e conclusasi con un grande successo, nonostante la serie di attentati neofascisti (ben 8 bombe nella notte tra il 21 e il 22) che colpirono appunto i treni carichi di operai e studenti che si dirigevano a Sud per manifestare durante quella stagione buia di violenze, attentati e misteri mai risolti.
Come tutti i miei concittadini fuorisede, io di treni da e per Reggio Calabria ne ho presi a centinaia, fortunatamente quando la stagione delle bombe era già finita da un pezzo, e – come tutti – ho imparato a recitare il rosario delle stazioni che si susseguono una dopo l’altra in un itinerario interminabile. Ecco perché ho accolto con sincera gioia la notizia, lanciata da Trenitalia qualche settimana fa, dell’esordio sulla tratta che porta alla mia città del Frecciarossa, annunciato pomposamente come “il treno della ripartenza”, nonostante i parecchi anni di ritardo rispetto all’esordio su altre aree del territorio nazionale. Una gioia amplificata dal fatto che, ormai da parecchi anni, si rincorrono le voci sulla chiusura dell’aeroporto cittadino, il che ridurrebbe praticamente il viaggio a una scelta tra la Salerno-Reggio Calabria e, appunto, il treno. Come se non bastasse, anche NTV ha annunciato – qualche giorno dopo – che Italo sarebbe arrivato in riva allo Stretto.
Tutto benissimo? Non proprio. Perché, guardando i numeri (in questo caso: gli orari) ci si accorge che i conti non tornano e che questa dell’alta velocità a Reggio Calabria sembra l’ennesima operazione di facciata. L’ennesima beffa.
Cominciamo dal guardare il sito ufficiale Trenitalia, immaginando di partire da Roma Termini. Ricordiamoci di scrivere Reggio “di” Calabria altrimenti il sistema non capisce dove stiamo andando et voilà… Lo scenario che ci troveremmo davanti è il seguente.
Ci accorgiamo subito che ci sono ancora i vecchi e umili Frecciargento che ci portano sulla punta dello Stivale in un tempo inferiore di quasi un’ora (5 anziché quasi 6), e per di più costano di meno. Non bene… E Italo?
Situazione molto simile: tutte le soluzioni sono comunque più “lente” del vecchio Frecciargento.
Ora, è chiaro che il motivo della differenza è che il modello più moderno e blasonato fa più fermate, così come è possibile che chi parte dall’estremo Nord possa sicuramente giovare di una soluzione che non prevede cambi. Ma aspettate, c’è di peggio. Qualcuno ha fatto i conti meglio di me, io ve li riassumo: da Salerno a Reggio il Frecciarossa (capace di viaggiare a 300km orari) va a 106kmh di media. Da Milano a Roma va a 179. In Francia, il Parigi-Marsiglia va a 235. In Spagna, il Madrid-Barcellona a 253.
Numeri impietosi che, da un lato, denunciano la cronaca insufficienza delle infrastrutture (in questo caso: la rete ferroviaria) del nostro Sud. Dall’altro lato, fanno puzzare di operazione di facciata tutto quello che è ci è stato raccontato negli ultimi giorni, proprio mentre politici di entrambi gli schieramenti lanciano gli ennesimi proclami deliranti di Ponte sullo Stretto, ignorando le vere e drammatiche priorità che passano dalla risistemazione e modernizzazione della rete esistente.
Ogni tanto riascolto ancora la vecchia canzone di Giovanna Marini. C’è una parte dove racconta di come gli operai di Reggio si siano messi in testa al corteo, per guidarlo simbolicamente nelle vie della nostra città e difenderlo da offese, aggressioni, provocazioni. Quella parte mi commuove ogni volta.