Nel suo ultimo libro Mario Lancisi, grande conoscitore della storia di don Lorenzo, ripercorre le battaglie che precedendo le "rivoluzioni" degli anni Sessanta (Vaticano II compreso) preti di strada, frati, politici cattolici di Firenze ingaggiarono con le gerarchie vaticane, con la Dc e con Confindustria a favore dei lavoratori e contro un'economia "senza il soffio del Vangelo". "Eresie" che oltre sessant'anni dopo sembrano incarnarsi nel Papa venuto dall'altro mondo
Combattivi, fuori linea, anticonformisti, antagonisti, rivoluzionari. Ribelli che a distanza di sessant’anni si sono rivelati, passo dopo passo, conquista dopo conquista, visionari; eresie diventate profezie, salite – un gradino sopra l’altro – dalle chiese di campagna e di periferia fino al soglio di Pietro, dall’abito nero e impolverato dei preti esiliati, confinati, a quello bianco di Papa Francesco. Sono i Folli di Dio: da don Lorenzo Milani a Giorgio La Pira, il sindaco santo, da padre David Turoldo a padre Ernesto Balducci e poi ancora don Giulio Facibeni e don Renzo Fanfani fino al cardinale antifascista Elio Dalla Costa. La loro storia, le loro parole, le loro azioni hanno spalancato sul mondo le porte e le finestre dei sacri palazzi molto prima che lo facesse il Concilio Vaticano II. Sempre da una parte sola: dei più umili, dei poveri, degli operai, contro le ingiustizie sociali, contro un’economia “senza il soffio del Vangelo”. Un grido che ha attraversato i decenni, le bolle del Sant’Uffizio, le guerre delle gerarchie vaticane e ora è diventata la via della Chiesa di Francesco: tutto questo finisce ora in un libro di Mario Lancisi, giornalista e scrittore fiorentino, per trent’anni inviato del Tirreno e uno dei massimi esperti della storia di don Lorenzo.
Per questo Lancisi descrive queste piccole grandi storie di preti, frati, politici cattolici come il tempo dei “copernicani”: anticipa il vento di cambiamento che negli anni Sessanta trasformerà nel profondo il Paese, gli italiani, la politica, la Chiesa stessa.
E l’economia. L’assillo dei “Folli”, la loro inquietudine, le loro lotte con le gerarchie parte quasi sempre da qui: l’ansia per chi rimane indietro. Lancisi ricorda per esempio la strage di lavoratori cinesi in un capannone di Prato avvenuta nel 2013 che spinse Francesco a parole di condanna e a fianco rammenta che “quando i cinesi eravamo noi don Milani denunciò le condizioni servili in cui erano tenuti molti lavoratori del tessile. E per questo pagò il conto salato e crudele dell’esilio a Barbiana, deciso sì dalla Curia fiorentina, ma con la complicità della Dc locale e degli industriali della zona”. Per don Lorenzo lo sciopero è un’arma, l’ingiustizia sociale – rileva Lancisi – un ostacolo all’evangelizzazione. “Il tragico – scrive il parroco di Barbiana – è che un pazzo possa impunemente fare e disfare nella vita degli umili. Che la società sia organizzata in modo da proteggerlo. Il potere politico è in mano dei ricchi. Il potere della legge si
Oppure c’è la storia di La Pira, il padre costituente fu relatore decisivo dell’articolo 2 che garantisce “i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”. Dopo l’esperienza parlamentare e di governo, lascia Roma e torna a Firenze, dove – non proprio in linea con i desideri della Democrazia Cristiana – diventa sindaco. Ha la visione di fare di Firenze “sempre più il centro dei valori universali”. Non riscuote mai l’indennità da sindaco che aggiunge al fondo del Comune per i bisognosi. Il Vangelo come programma di governo. Dice: “Il Vangelo parla chiaro. Nella scelta fra i ricchi e i poveri; fra i potenti e i deboli; fra gli oppressori e gli oppressi; fra i licenzianti e i licenziati; fra coloro che ridono e coloro che piangono; la nostra scelta non ha dubbi: siamo decisamente per i secondi”. Chiede ai proprietari di affittare al Comune i loro appartamenti vuoti, come alloggio per gli sfrattati. Riceve poche risposte e così li requisisce: finisce in tribunale e viene assolto. “Devo lasciarmi impaurire – chiede in una lettera a Ettore Bernabei, allora direttore del Giornale del Mattino – o devo continuare, e anzi con energia maggiore, a difendere come posso la povera gente srnza casa e senza lavoro? Un sindaco che per paura dei ricchi e dei potenti abbandona i poveri – sfrattati, licenziati, disoccupati e così via – è come un pastore che per paura del lupo abbandona il suo gregge”.
E’ così che si trova idealmente faccia a faccia, muro contro muro, con gli industriali. A Firenze chiude la Pignone, 1700 dipendenti licenziati. La Pira, racconta Lancisi, è un tornado di lettere e telefonate: a Papa Pio XII, ai vescovi, al ministro degli Interni Amintore Fanfani, al presidente del Consiglio Alcide De Gasperi. Il capo del governo gli rinfaccia: “Così fai il gioco dei comunisti”. Il sindaco gli
Parole che suonano ancora più familiari, come pronunciate ieri, di fronte all’orizzonte buio della ricostruzione dopo il dramma della pandemia che da sanitario si è fatto economico e quindi sociale. All’epoca La Pira e don Milani, si sofferma Lancisi, colgono subito “l’altra faccia della Ricostruzione: a pagare sono soprattutto i poveri”. L’analfabetismo, i turni massacranti degli operai, l’emergenza dei senza casa, i migranti in cerca di occupazione. “Parte del mondo cattolico – ricostruisce Lancisi – patisce la delusione per la Dc al potere, quella parte che coltivava il sogno di una società cristiana ispirata ai valori del Vangelo e si ritrova invece masse di poveri senza lavoro, casa e futuro. Don Milani, e con lui preti come don Primo Mazzolari, avvertono che, appoggiando la Dc, la Chiesa ha finito per tradire i poveri”. Un Vangelo mancato.
Il lavoro di Lancisi sui Folli di Dio parte da una sua inchiesta sul Corriere Fiorentino di qualche anno fa. E’ durante questo percorso che ha ritrovato anche una lettera inedita di padre David Turoldo, friulano, combattente antifascista, frate dei Servi di Maria, che sarà definito la “coscienza inquieta della Chiesa”. Un esiliato continuo: le gerarchie della Chiesa lo allontanano da Milano e lo mandano a
Il soffio visionario del cattolicesimo democratico fiorentino anticipò le più dolorose contraddizioni della modernità. Ma forse “troppo presto“: padre Turoldo viene spinto a “girare il mondo”, don Milani viene spedito nel deserto di Barbiana e il suo Esperienze pastorali messo all’indice dal Vaticano che ne vieta la vendita, i “fuochi di La Pira” – come li chiama Lancisi – vengono spenti, soprattutto per effetto del “gelo senza misericordia” della Dc. Ora, però, sessanta, settant’anni i semi dei Folli sembrano germogliare.
Con stile asciutto, elegante e divulgativo, grazie a moltissimi aneddoti e retroscena, Lancisi riesce non solo a scattare una fotografia compiuta di quel capitolo fondamentale della Chiesa italiana, ma anche ad aprire un canale tra passato e futuro, laddove la storia di don Milani, La Pira e gli altri – tra arcivescovi e preti di periferia – risulta utile in una fase di disorientamento, ricostruzione, ripensamento, visione di un futuro possibile. E il passato è il suo, di Lancisi, e di tanti con lui, ma vale come prototipo utile per tutti, per il tempo nuovo alle porte: “I Folli di Dio – scrive – mi hanno indicato che un’altra Chiesa e un altro mondo sono possibili”. E quindi vale la pena raccontare questa storia mirabolante ai più giovani. Non una strada o un modello, ma un messaggio: “Cercare il senso della vita nella spiritualità e nella ribellione sociale intesa come amore per la giustizia“. L’esempio di don Lorenzo.