Weekend di festa questo nel Regno Unito, si riapre quasi tutto, a parte palestre e piscine, ma dai pub ai grandi magazzini la vita torna ad essere normale, è però dal parrucchiere che la gente è subito corsa. Già alle 8 di sabato fuori dai parrucchieri c’era la fila dei clienti in attesa di essere ‘rimessi a posto’. Decisamente lo stile di Boris Johnson, i cui capelli durante la quarantena sono apparsi ancora più ribelli e disordinati, non è diventato una moda.

Non tutti i negozi hanno riaperto, alcuni sono andati falliti altri, come quelli di arredamento, sono stati svuotati ed i proprietari hanno immagazzinato la merce per paura che venisse rubata ma anche per non pagare più l’affitto. Nei negozi aperti la parola saldo è stampata un po’ ovunque, si svende di tutto ed a prezzi stracciati. Dopo tre mesi di inattività tutto sembra passato di moda senza essere né stato visto né toccato dai clienti.

Ma non illudiamoci. La pandemia non è scomparsa, ad esempio la città di Leicester, a nord di Londra, è tornata ad essere zona rossa ed è di nuovo in quarantena. Anche le tensioni razziali continuano a serpeggiare tra la popolazione, chi pensa che questo weekend invece di fare una manifestazione la gente farà shopping, si sbaglia.

La pandemia ha reso pubblico nel Regno Unito il perdurare di disuguaglianze razziali ed etniche cementate nel colonialismo del vecchio impero britannico mai risolte e che hanno prodotto le diseguaglianze sociali ed economiche attuali. Ed ecco perché le statistiche mostrano che i neri hanno una probabilità quattro volte maggiori di morire di Covid-19 rispetto ai bianchi; i maschi del Bangladesh e quelli del Pakistan hanno 1,8 volte più probabilità di morire a causa del virus rispetto a quelli bianchi e le femmine di quei gruppi etnici hanno 1,6 volte più probabilità di morire di infezione rispetto alle loro controparti bianche. È interessante notare che il rischio di morte a causa del Covid-19 per persone di etnia cinese e mista è simile a quello dei bianchi.

Le condizioni di vita e l’occupazione, non la razza e la genetica, sono la causa di queste discrepanze. Secondo uno studio dell’English Housing Survey, solo il 2 per cento delle famiglie bianche britanniche vive in condizioni di sovraffollamento, mentre il 30 per cento delle famiglie del Bangladesh, il 16 per cento di quelle pakistane e il 12 per cento delle famiglie di neri vivono in condizioni di sovraffollamento.

Chi appartiene a questi gruppi etnici ha anche maggiori probabilità di lavorare in ruoli di primo piano nel sistema sanitario nazionale: quasi il 21 per cento del personale proviene da minoranze etniche, che rappresentano circa il 14 per cento della popolazione dell’Inghilterra e del Galles. Una grande percentuale di neri, bengalesi e pakistani è anche impiegata nel sistema dei trasporto e in altri lavori ad alto rischio di contagio.

Ma non basta, anche la politica dei tamponi è discriminatoria. Mentre le scuole private e le grandi aziende hanno introdotto test per i loro allievi e dipendenti, consentendo loro di tornare a scuola e al lavoro, le scuole statali e le piccole imprese non se lo possono permettere.

Le diseguaglianze saranno alla base delle tensioni sociali dei prossimi mesi, faranno da cornice allo sprint finale della Brexit. Se no verranno risolte metteranno seriamente in crisi un governo che sta per spezzare l’ultimo anello che le questa nazione al vecchio continente, una transizione epocale e drammatica di cui tutti hanno un po’ paura.

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