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Israele, Netanyahu silenzia l’intelligence per annettere la Cisgiordania. Così la democrazia rischia di ammalarsi

Il 1 luglio è arrivato, se ne è andato e non è successo niente. Eppure era la data annunciata dal governo guidato da Benjamin Netanyahu per l’annessione della Cisgiordania, o almeno parte di essa. Non è successo, ma l’ombra della promessa ancora esiste. L’annessione può porre fine a Israele come stato democratico ed ebraico, sostituendolo con un’entità bi-nazionale o, peggio ancora, con un apartheid israeliano.

Eppure, nonostante l’urgenza del momento e le ramificazioni dell’annessione, con il potenziale di innescare una nuova guerra con l’Anp e Hamas (che hanno annunciato una rara cooperazione per necessità) che potrebbe incendiare il Medio Oriente, i capi della sicurezza e dell’intelligence israeliana vengono completamente tenuti al buio. Netanyahu li sta escludendo dal processo decisionale, in una inversione di potere della regola di compartimentazione del mondo dell’intelligence.

In tempi così critici, Israele ha bisogno di leader stabili, continui ed esperti per la sua famosa infrastruttura di sicurezza nazionale. Ma si sta verificando l’esatto contrario. Nei prossimi mesi non meno di cinque membri senior dell’establishment della sicurezza dovranno essere sostituiti.

Sono: Yossi Cohen, capo del Mossad (lo spionaggio esterno); Nadav Argaman, capo dello Shin Bet, (servizio di sicurezza interna); il generale Tamir Hayman, capo dell’Aman (l’intelligence militare), e il suo direttore, il generale di brigata Dror Shalom; e infine, Meir Ben Shabat, capo del Consiglio di sicurezza nazionale.

In passato, prima di prendere decisioni su questioni strategiche, politiche o di sicurezza, i primi ministri di Israele avrebbero consultato i leader della difesa e dell’intelligence e avrebbero ascoltato con la massima attenzione le loro opinioni. Ma in vista della data di annessione, Netanyahu non ha convocato tali esperti né chiesto il loro parere. La decisione se annettere o meno sarà presa esclusivamente da lui. Sminuendo i suoi capi di sicurezza in un modo senza precedenti, Netanyahu segue le orme del presidente Usa Donald Trump che dichiarò guerra alla sua intelligence ancor prima di entrare nello Studio Ovale.

La preoccupazione ora è che Netanyahu sfrutterà il ricambio dei massimi funzionari della sicurezza nazionale – che avrebbero potuto tentare di respingere l’annessione – per nominare solo yes-men. In altre parole, per coltivare ulteriormente i semi che ha già piantato, politicizzare i vertici dell’establishment della sicurezza di Israele.

Netanyahu è infaticabile nella sua ricerca di addomesticare l’establishment della sicurezza. Nel 2016 ha nominato Yossi Cohen a capo del Mossad. Nessuno nega che Cohen sia un eccezionale funzionario dell’intelligence. Tuttavia, uno dei motivi principali per cui Netanyahu lo ha scelto per guidare il Mossad era la stretta relazione che Cohen aveva coltivato con lui e la sua influente moglie Sara.

Meir Ben Shabat, attualmente capo del Consiglio di sicurezza nazionale e candidato di spicco per sostituire Argaman come capo dello Shin Bet, è un altro esempio importante degli sforzi di Netanyahu per personalizzare i capi della sicurezza secondo i suoi gusti e interessi. Per la maggior parte del suo mandato come capo Argaman ha mostrato resistenza e coraggio, non esitando a offrire valutazioni di sicurezza che avrebbero potuto irritare Netanyahu e il suo governo di destra. Argaman è particolarmente sensibile al fatto che l’annessione possa alimentare un nuovo ciclo di violenza, non da ultimo a causa della sua responsabilità chiave nella prevenzione degli attacchi terroristici. Argaman è anche molto preoccupato per le future relazioni con la Giordania, lui e la maggior parte degli altri capi del NSC sono ben consapevoli che l’annessione sfilaccerà i rapporti già fragili con il re Abdullah. Argaman, il capo di stato maggiore dell’IDF Aviv Kochavi, il capo dell’intelligence militare Hayman e la maggior parte dei loro subordinati senior ritengono che l’annessione, parziale o no, provocherebbe più danni di qualsiasi possibile vantaggio.

La differenza di opinioni, anticonformismo, pluralismo, pensiero originale e creativo sono importanti segni di salute per la comunità di intelligence di qualsiasi Paese. Silenziarli è chiaramente il segno di una democrazia malata.

La più grande sfida di qualsiasi organizzazione di intelligence è impedire che la sua politicizzazione possa contaminare il suo giudizio professionale. Una tale contaminazione è estremamente difficile da annullare. Se le considerazioni sulla sicurezza nazionale non sono più puramente professionali ma orientate a favorire gli interessi del capo, come sta accadendo ora, è difficile pensare a una situazione che sia più pericolosa per la sicurezza di Israele.