“Come topi intorno al formaggio”. Il gip Valerio Savio utilizza questa metafora per descrivere l’associazione corruttiva che, secondo la procura di Roma, vedeva “al vertice” Alessandro Caroselli, alto dirigente del ministero Sviluppo Economico, una delle due persone arrestate nel corso di un’operazione seguita nella Capitale dai carabinieri del nucleo investigativo di via In Selci. In totale, sono 28 gli arresti a vario titolo – in due distinte ordinanze di custodia cautelare – per reati fra cui associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio, traffico d’influenze in concorso con l’aggravante della qualifica di pubblico ufficiale e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche in concorso. L’organizzazione puntava a prendere delle percentuali come “compenso” per far vincere bandi del Mise o della Simest Spa – che fa capo a Cassa Depositi e Prestiti – a società appositamente individuate o che si rivolgevano a loro attraverso conoscenze.
Il ruolo di Caroselli negli uffici del ministero – Caroselli, secondo quanto registrano gli stessi inquirenti, risulta essere un dirigente di seconda fascia del Mise, dal 31 maggio 2019 a capo di un ufficio di diretta collaborazione del ministro – prima Luigi Di Maio e poi Stefano Patuanelli – ovvero la quarta divisione “Indirizzo politico aree energia e comunicazioni” del Segretariato generale. I reati contestati a Caroselli sono relativi al periodo immediatamente precedente alla nuova nomina, ovvero dal 10 aprile 2017 al 30 maggio 2019, quando “l’indagato ha ricoperto un ruolo di livello dirigenziale non generale presso gli uffici di diretta collaborazione del ministro per lo Sviluppo economico”, con “l’approfondimento di temi attinenti alle materie ed alle politiche di specifica competenza”. In particolare, Caroselli “ha avuto l’incarico di esaminare la regolarità formale, la legittimità ed il merito degli atti posti alla firma del ministro, nonché di esaminare i pareri su questioni di massima, controversie ed atti di gestione rilevanti”, sottoposti “da tutte le direzioni generali alle valutazioni del gabinetto del ministro, con particolare riferimento al settore dell’energia, delle comunicazioni e delle attività territoriali”.
“Il principale” e il finanziamento a K&K – Caroselli, definito dai suoi sodali “capo” o “principale”, avrebbe avuto un ruolo fondamentale nell’erogazione di un finanziamento da 832.000 euro alla società di servizi K&K Spa, che ha affari in Svizzera e in Albania. Fondi di cui circa la metà “non sono stati utilizzati allo scopo per il quale erano stati richiesti”. Una percentuale, infatti, è finita nelle tasche di Caroselli e di Carmelo Bianco, detto “Don Carmelo”, che nell’organizzazione secondo gli inquirenti ha il ruolo di “coordinatore”, definito “alla pari” con il dirigente Mise. “Senti, parliamo io e te – dice Caroselli a Bianco – io per fargli fare l’aggiudicazione a K ho speso 3.000 e mi rientrano 1.500”; poi si lamenta con il “socio”: “La banca mi ha chiamato, sto fuori di 6.000, perché io ho pagato con i soldi che avevo, sono andato in rosso. Cioè questi non rientrano! E ora siamo alle strette, io entro fine febbraio devo coprire, c’ho 6.000 euro fuori… come faccio… non posso pagare più il mutuo”. Il primo pagamento da parte di Simest arriva il 18 gennaio 2019, quando K&K Spa riceve un bonifico di 397.031 euro, somma “distratta in toto in appena sette giorni” attraverso tutta una serie di bonifici effettuati entro il 25 gennaio successivo. Il corrispettivo per Caroselli e Bianco arriverà solo in un secondo momento, fra le lamentele del dirigente ministeriale.
La Teleobiettivo Tv e l’avvocato ex sindaco dell’Udc – L’altra grossa pratica seguita dal duo Caroselli-Bianchi riguarda la Teleobiettivo srl, società di Nettuno, sul litorale a sud di Roma, che fa capo a Giuseppe Impallara, un ottico di Nettuno con la passione per l’editoria e la politica, è stato anche candidato nel 2008 al Senato nella lista di Italia dei Valori. Nel 2013, la Teleobiettivo ha chiuso le trasmissioni a causa, come si legge in un comunicato stampa dell’epoca, “delle nuove graduatorie emesse dal ministero dello Sviluppo Economico nel quale hanno tagliato molte tv come la nostra”. In realtà, gli inquirenti registrano un debito con l’erario, da parte della tv nettunese, di circa 300.000 euro. Su indicazione di Bianco, nel novembre 2018 Caroselli si sarebbe “prodigato” per sbloccare il finanziamento a Impallara. A gestire la pratica per conto dell’imprenditore, l’avvocato Piero Marigliani, ex sindaco Dc e Udc di Anzio, citato nel 2017 in un’inchiesta relativa a presunti abusi negli stabilimenti balenari della zona e affari con i clan del litorale. Anche stavolta i soldi a Caroselli tardano ad arrivare: “Ciao bimbo – dice Bianco a Marigliani – puoi parlare con l’amico tuo e vedere se incominciate a dargli qualche cosa? Perché lui volente o nolente è riuscito a farvi prendere i soldi e a farvi pagare i buffi”. E ancora: “Vedi se prova a farlo stare un po’ zitto, incominciamo a dargli 2-3mila euro, poi vediamo”.
La “truffa” del generale – L’altro filone dell’indagine dei carabinieri riguarda Pierantonio Costantini, generale di brigata nella Polizia Penitenziaria, “anche lui regolarmente coadiuvato da Carmelo Bianco”. A differenza di Caroselli, però, Costantini non faceva nulla per “meritare” le somme pagate dai presunti corruttori. Esiste, infatti, solo “la cinica quanto solida e professionale capacità predatoria” dei due che “acchiappati dal presunto furbo di turno i denari e dopo averlo preso a lungo in giro” si mostrano “incapaci di far assumere chicchesia, naturalmente trattenendo la ‘mazzetta’ percepita”. Il generale era in servizio presso l’ufficio personale e risorse umane del Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria). “Non è neppure mai emersa – scrive il gip – prova alcuna di effettivi e concreti contatti intrattenuti con altre persone per cercare di raggiungere gli obiettivi illeciti assicurati come controprestazione dell’illecita promessa o dazione di somme di denaro”. Comportamento che ha finito per nuocergli, venendo Costantini denunciato da uno dei presunti corruttori, che – secondo gli inquirenti – versavano a lui e ai suoi sodali da 2mila a 10mila euro.