È il primo articolo dei 48 che riempono le 96 pagine del decreto Semplificazioni, approvato “salvo intese” dal consiglio dei ministri. Lì è prevista la stretta sui tempi per “l’aggiudicazione e l’individuazione definitiva del contraente”: massimo due mesi per scegliere l’impresa che eseguirà l’opera nel caso di affidamento diretto, diventano quattro quando si tratta di una procedura negoziata. È una delle principali novità della nuova disciplina sugli appalti introdotta in via transitoria fino al 31 luglio 2021. Norme in deroga al Codice dei contratti pubblici introdotte per “far fronte alle ricadute economiche negative” dell’emergenza coronavirus. O per dirla con le parole del premier Giuseppe Conte, “una strada a scorrimento veloce”, grazie alla quale le stazioni appaltanti, ma anche i commissari, possono operare in deroga ad ogni disposizioni di legge, tranne quelle penali, antimafia e quelle sulla sicurezza sul lavoro. “Alziamo anche gli autovelox”, ha detto Conte, per non “offrire spazio ad appetiti criminali“. Tradotto in pratica, è prevista la procedura d’urgenza per il rilascio della certificazione antimafia. La soglia per l’affidamento diretto sale a 150mila euro, quella per la procedura negoziata arriva ai 5,3 milioni (il tetto fissato dall’Ue), ma anche le gare ‘sopra soglia’ potranno avvenire senza una gara in casi eccezionali legati sempre al Covid. Per evitare sospensioni dei lavori, viene anche istituito un fondo ad hoc che potrà garantire le risorse necessarie per far proseguire l’opera nel caso in cui la stazione appaltante non ne abbia la disponibilità immediata. Infine, cambia la figura dei supercommissari, che avranno anche il potere di emettere ordinanze. Saranno loro a sostituire le stazioni appaltanti per realizzare le 50 grandi opere prioritarie individuate dal governo in un elenco allegato al Piano nazionale delle riforme. Devono essere individuati entro fine anno con un decreto del presidente del Consiglio dei ministri, previo parere delle commissioni parlamentari.

La stretta sui tempi: accusa di danno erariale in caso di ritardi – Per tutti i procedimenti adottati entro il 31 luglio 2021, il decreto Semplificazioni prevede che la scelta definitiva dell’impresa a cui affidare la prestazione debba avvenire entro due mesi in caso di opere sotto i 150mila euro (affidamento diretto) ed entro 4 mesi in caso di opere sotto la soglia comunitaria. Anche nel caso di contratti pubblici sopra soglia, quindi superiori ai 5 milioni di euro, “l’aggiudicazione e l’individuazione definitiva del contraente” deve avvenire entro sei mesi. Il decreto prevede che in caso di ritardi nella stipulazione del contratto o nell’avvio dei lavori si profila l’accusa di danno erariale per il responsabile unico del procedimento. Se il ritardo è imputabile all’impresa aggiudicataria, invece, è prevista l’esclusione dall’appalto e la risoluzione del contratto. Più in generale, per quanto riguarda il danno erariale, è prevista fino al 31 luglio 2021 la limitazione della responsabilità per danno erariale al solo dolo per quanto riguarda le azioni, mentre resta invariata per quanto riguarda le omissioni, in modo che i funzionari siano chiamati a rispondere in misura maggiore per eventuali omissioni o inerzie, piuttosto che nel caso di condotte attive. È l’espressione della volontà del governo di fermare “la paura della firma“, ha spiegato sempre il premier Conte, portata avanti anche con la riforma dell’abuso d’ufficio, il cui reato è stato circoscritto a specifiche violazioni di norme.

Le nuove soglie: procedure negoziate anche sopra i 5 milioni – Al comma 2 dell’articolo 1 sono elencate le nuove soglie per l’affidamento: sotto i 150mila euro, come detto, si può procedere con l’affidamento diretto. Da questa cifra fino ai 5,3 milioni è prevista la procedura negoziata, quindi sempre senza una gara aperta. Il numero di operatori da consultare varia a seconda dell’importo complessivo: per opere tra 150mila e 350mila euro di valore verranno invitate al negoziato cinque imprese, dieci per opere da 350mila a 1 milione di euro, quindici fino a 5 milioni. Un’altra novità è stata inserita nell’articolo 2, dedicato invece ai contratti pubblici sopra soglia: è prevista la procedura negoziata anche per le opere sopra i 5 milioni nel caso in cui “la realizzazione è necessaria per il superamento della fase emergenziale o per far fronte agli effetti negativi” del Covid. Il decreto cita in particolare gli interventi per l’edilizia scolastica, gli ospedali e le carceri, ma anche opere che riguardano strade, ferrovie o rete idriche, nonché i lavori legati alla transizione energetica. L’articolo 36 del Codice appalti, più volte modificato negli ultimi anni prevedeva l’affidamento diretto fino a 40mila euro, tra 40mila e 150mila euro o fino alle soglie comunitarie affidamento diretto previa valutazione di tre preventivi per i lavori. Poi la procedure negoziata, con un numero crescente di operatori, fino a un milione di euro. Sopra quella cifra era prevista la procedura aperta, cioè gara.

La sospensione dei lavori: nuovi paletti e il fondo ad hoc – Il decreto punta anche ridurre le possibili cause di una sospensione dei lavori. Sempre fino al 31 luglio 2021, lo stop all’esecuzione di un’opera può avvenire solo per cause prevista dalle legge penale o dal codice antimafia, per gravi ragioni di ordine pubblico, tecnico o di pubblico interesse. Nel primo caso, quindi quando l’azienda designata non può più proseguire i lavori, la stazione appaltante può risolvere “senza indugio” il contratto e provvedere al proseguimento dei lavori in via diretta, interpellando una delle società già consultate originariamente, indicendo una nuova procedura e chiedendo la nomina di un commissario straordinario. Se invece la sospensione è dovuta a ragioni tecniche, sarà il collegio consultivo tecnico ad accertare l’esistenza di questa causa e indicare le modalità per proseguire i lavori. La costituzione del collegio consultivo tecnico è obbligatoria sia per appalti di valore superiore alle soglie comunitarie sia per opere di interesse nazionale. Il collegio ha “funzione di assistenza per la rapida risoluzione delle controversie o delle dispute tecniche” di ogni natura. Inoltre, sempre per scongiurare possibili sospensione della realizzazione di opere, l’articolo 7 del decreto istituisce un Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche che “corrisponde alla stazione appaltante le somme necessarie per la regolare e tempestiva realizzazione delle opere pubbliche” nel caso in cui “a causa di maggiori esigenze per imprevisti o varianti ovvero per insufficienti disponibilità annuali, come in ipotesi di residui caduti in perenzione, siano carenti le risorse” della stazione appaltante stessa.

Il ‘modello Genova’ per le grandi opere: i commissari straordinari – Infine, l’altra grande novità in materia di appalti riguarda la figura dei commissari straordinari, con l’estensione del cosiddetto “modello Genova” a tutte quelle grandi opere rimaste impantanate negli anni da cavilli giuridici, ricorsi ai tribunali amministrativi e lungaggini burocratiche. Sarà il premier Giuseppe Conte con gli ormai noti Dpcm a individuare gli interventi considerati prioritari e nominare “uno o più Commissari straordinari”, su proposta del Mit, sentito il ministero dell’Economia e dopo aver avuto il parere delle competenti commissioni parlamentari. I decreti devono essere adottati entro il 31 dicembre 2020, ma ulteriori interventi al di fuori della lista delle 50 opere prioritarie possono essere previsti e adottati entro il prossimo giugno. I commissari straordinari possono assumere direttamente le funzioni di stazione appaltante e quindi anche loro operano in deroga alle leggi in materia di contratti pubblici, fatte salve quelle penali, antimafia e quelle sulla sicurezza sul lavoro. “Per l’esercizio delle funzioni – si legge nel decreto – il Commissario straordinario provvede anche a mezzo di ordinanze”. I provvedimenti di natura regolatoria adottati dai commissari straordinari sono sottoposti al controllo preventivo della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.

La procedura d’urgenza per la certificazione antimafia e i protocolli di legalità – L’articolo 3 del decreto a quelli che Conte ha definito “i presidi di legalità“. Fino al 31 luglio 2021, ricorre sempre il caso d’urgenza per le verifiche antimafia. Sempre per un anno, è previsto anche la possibilità di rilasciare una informativa liberatoria provvisoria consente di stipulare, approvare o autorizzare i contratti, ma le ulteriori verifiche ai fini del rilascio della certificazione antimafia devono completarsi entro trenta giorni. Per potenziare e accelerare gli accertamenti, il comma 3 dell’articolo prevede di procedere “mediante la consultazione della banca dati nazionale unica della documentazione antimafia nonché tramite l’immediata acquisizione degli esiti delle interrogazioni di tutte le ulteriori banche dati disponibili”, ovvero altre 82, stando a quanto ha riferito Conte. Infine, viene introdotto l’istituto dei protocolli di legalità: Il Viminale può sottoscrivere i protocolli “per la prevenzione ed il contrasto dei fenomeni di criminalità organizzata“, anche con l’obiettivo di estendere convenzionalmente il ricorso alla documentazione antimafia. I protocolli possono essere sottoscritti anche con imprese di rilevanza strategica o con associazioni di categorie produttive, economiche o imprenditoriali, e possono prevedere modalità per il rilascio della documentazione antimafia anche su richiesta di soggetti privati, nonché determinare le soglie di valore al di sopra delle quali è prevista l’attivazione degli obblighi previsti dagli stessi protocolli.

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