Avevano dichiarato di non avere alcuna fonte di reddito e di trovarsi in condizioni di povertà assoluta. Per questo il comune di Tropea, in provincia di Vibo Valentia, aveva concesso a 225 nuclei familiari l’erogazione dei “buoni spesa” stanziati durante l’emergenza coronavirus da spendere per l’acquisto di beni di prima necessità. Ma la Guardia di finanza ha svelato che in realtà oltre una famiglia su due non aveva i requisiti adatti. C’è chi riceveva un regolare stipendio, chi aveva ampie disponibilità di soldi sul conto corrente e chi percepiva un sussidio come il reddito di cittadinanza o la disoccupazione. In totale sono state denunciate 126 persone.

Fra i “falsi poveri” le autorità hanno accertato la presenza di alcuni esponenti della criminalità organizzata. Dai controlli sulle autocertificazioni è emerso pure che alcune domande per i buoni spesa erano state presentate da più membri dello stesso nucleo familiare. Speravano di ottenere il doppio del contributo, nonostante la legge non lo preveda. In altri casi è stata omessa l’indicazione nello stato di famiglia di conviventi regolarmente retribuiti o già percettori di sussidi, allo scopo di simulare una condizione di povertà in realtà inesistente. Per tutti loro, sanzionati per indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, scatterà una multa che va dai 5mila ai 25mila euro. Dovranno anche restituire le somme incassate nel corso degli ultimi mesi.

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