Un governo lento, nel prendere le decisioni. Ma che allo stesso tempo, sul Covid, “ha dettato la linea” e ha permesso “di salvare l’Europa“. Romano Prodi ripercorre i mesi caratterizzati dal coronavirus. E lo fa, intervistato da Maurizio Molinari e Marco Damilano a Repubblica delle Idee (a Bologna, dove è di casa), in relazione alle mosse del governo guidato da Giuseppe Conte. Le scelte prese, quelle ancora da prendere, come sul Mes, ma anche la tenuta dell’esecutivo e la legge elettorale, che i gruppi in Parlamento promettono di mettere a punto.
La difficoltà principale del Conte 2, secondo l’ex presidente del Consiglio, “è il rinvio, che ha ricoperto una parte predominante” in un momento “in cui c’è bisogno di rapidità”. Perché ora “bisogna dare il senso della forza, dell’energia”. Tuttavia, ha sottolineato Prodi, l’Italia è stata in grado di “dettare la linea” sul coronavirus. “Siamo stati sfortunati, perché ci ha colpiti per primi dopo la Cina“. All’inizio “ci deridevano tutti, ma ora si parla di ‘via italiana’. Credo che abbiamo salvato l’Europa”. Ed è a questo proposito che ha affrontato il tema su cui le forze di maggioranza stanno cercando un compromesso. E cioè il Mes. Sul punto, Prodi è stato molto deciso: “Sono soldi per fare qualcosa per la sanità. E siccome ne abbiamo bisogno, credo sia giusto dire di sì. Ma serve anche elencare cosa si fa con quei soldi”. L’ex presidente della Commissione europea, intervistato da La7 a margine dell’evento organizzato da Repubblica, ha aperto ai voti di Forza Italia, i cui parlamentari sarebbero disposti a votare a favore del Meccanismo europeo di stabilità: “O noi diamo una spinta o il Paese si arrotola su se stesso”, è stato il ragionamento. “Il problema è che il governo abbia una maggioranza solida e che quindi possa prendere delle decisioni. Non è certo un tabù”, ha aggiunto in riferimento a un ingresso di FI in maggioranza, “la vecchiaia porta saggezza“.
Il “padre spirituale” del Pd ha messo in guardia il proprio partito e, più in generale, la tenuta del sistema politico. “Il sovranismo non è finito, ma la sua parabola è in fase discendente. Il problema però è un altro: chi ne prende il posto? Non ci sono più le strutture dei partiti tradizionali”. Se le compagini sovraniste lasciano un vuoto, dunque, per Prodi la difficoltà sarebbe quella di occuparlo. “Il M5s ha avuto parlamentari con 41 voti. Magari sono anche meglio degli altri, ma non hanno l’esperienza che si forma con lo studio e il mestiere. E anche il Pd fa fatica: non fa i congressi e la struttura locale si è rotta. E questo è ciò che mi preoccupa: è la chiave della delega verso l’alto, che non è meglio del populismo”. Sulla legge elettorale, invece, l’ex presidente del Consiglio ha puntato l’attenzione sulla mancanza “di rapporto tra parlamentare e il collegio. Una perdita impressionante nel lungo periodo. Non è tanto il numero di parlamentari che garantisce la governabilità, ma una legge che garantisca al deputato di risponde al suo collegio. In più, servirebbe una legge che favorisca il raggruppamento. Non è possibile andare avanti con questa frammentazione che porta all’instabilità dei governi. Il numero dei parlamentari? Sono sempre stato convinto fossero troppi. Una base di 300 e 400 va bene, non di più”.