Il pm della procura di Lecce Stefania Mininni, che ha riaperto l'inchiesta dopo un'istanza dei genitori, ritiene di aver individuato l'uomo che avrebbe sequestrato il piccolo, portandolo via dall'abitazione dei genitori, a Racale, a bordo in un'automobile o forse di un apecar: si tratta di un amico di famiglia, oggi 70enne, che il bambino chiamava "zio"
Lo chiama “zio”, Mauro Romano, quell’uomo con cui, secondo la procura di Lecce, si era allontanato il 20 giugno 1977 dalla sua abitazione senza mai farvi ritorno. Adesso quello “zio”, un conoscente della famiglia del bambino di 6 anni scomparso 43 anni fa e mai ritrovato, ha un volto. Il pm della procura di Lecce Stefania Mininni, che ha riaperto l’inchiesta dopo un’istanza dei genitori, ritiene di aver individuato l’uomo che avrebbe sequestrato il piccolo, portandolo via dall’abitazione dei genitori, a Racale, nel Salento, a bordo in un’automobile o forse di un apecar.
Uno “zio” quasi a tutti gli effetti: si tratterebbe infatti di un amico di famiglia, che oggi ha circa 70 anni. All’individuazione dell’uomo gli investigatori sarebbero arrivati dopo aver interrogato diverse persone coinvolte nella vicenda, compresi i familiari del bambino. L’istanza era stata avanzata dai genitori in seguito all’arresto di un 71enne di Taviano, paese vicino a Racale, nello scorso mese di febbraio, per atti sessuali sui minori.
Dopo oltre 40 anni, quindi, la ricerca della verità potrebbe essere a un punto di svolta, anche se – qualora l’uomo dovesse essere indagato e il quadro accusatorio dovesse permettere al pubblico ministero di procedere in sede penale – il reato di sequestro di persona sarebbe ormai prescritto. Sono due le inchieste naufragate sulla scomparsa e tanti i misteri irrisolti, tra cui le accuse nei confronti del padre di un altro bambino, testimone di Geova anche lui come i genitori di Mauro, e il furto, nel 2015, della copia del fascicolo d’inchiesta conservato nella casa di famiglia.
Ancora nel 2010, Vito Paolo Troisi, boss della Scu all’ergastolo per omicidio, scrisse una lettera ai genitori di Mauro: nel 1977 aveva otto anni, disse di aver visto tutto perché era lì al momento del rapimento e aggiunse di voler parlare solo con il procuratore Cataldo Motta, che lo aveva arrestato, per riferigli quanto sapeva. Non venne ascoltato. Adesso i magistrati forse sono arrivati a un punto chiave di un “cold case” che resiste da quasi mezzo secolo.