Reclusione, sofferenze e mutilazioni, queste le condizione di milioni di maiali rinchiusi negli allevamenti italiani. Con la campagna #SOSPig e la petizione on line rivolta ai supermercati, vogliamo mettere fine alle crudeltà che vengono riservate sistematicamente a questi animali.

Per tutto il mese di giugno abbiamo raccontato quotidianamente la storia di Bea, una delle tante scrofe da riproduzione rinchiuse negli allevamenti. Lo abbiamo fatto chiedendo alle persone di lanciare un #SOSperBea, una chiamata all’azione per dire stop alle gabbie per le scrofe e alle mutilazioni effettuate sui suinetti.

I maiali, animali molto intelligenti e dotati di spiccata sensibilità, sono costretti a vivere tra sofferenze continue e crudeltà. Le scrofe trascorrono molto tempo – circa metà della loro vita – in gabbie individuali, così piccole da impedire loro qualsiasi tipo di movimento. Inizialmente passano circa il primo mese nelle gabbie di gestazione – senza alcuna possibilità di muoversi, private di qualsiasi stimolo in una condizione di apatia e frustrazione – e qui sottoposte all’inseminazione artificiale.

Una situazione che si verifica nuovamente quando, dopo un periodo intermedio trascorso nei recinti collettivi con altre scrofe, vengono condotte nelle sala parto e rinchiuse in un’altra gabbia delle stesse dimensioni. Resteranno in questo stato – distese su un lato, a contatto con i propri escrementi, senza alcuna possibilità di accudire i propri cuccioli – per altre 5 settimane, ovvero durante il momento del parto e il periodo di svezzamento dei suinetti. Per poi ritornare all’inizio del ciclo e ripeterlo, nell’arco di una vita, per circa 5-7 volte, con conseguenze fisiche e psicologiche devastanti.

Ma non finiscono qui le sofferenze per i maiali rinchiusi negli allevamenti. Infatti, per ognuno di loro, entro i primi giorni di vita avverrà il taglio della coda, una pratica illegale in Europa da oltre 20 anni ma utilizzata nella quasi totalità degli allevamenti per prevenire fenomeni di aggressione e cannibalismo dovuti allo stress. Si tratta di una mutilazione sistematica che va ad aggiungersi alla castrazione riservata ai suinetti maschi – eseguita per evitare un gusto sgradevole nella carne – ed effettuata senza anestesia entro i primi 7 giorni di vita dell’animale.

Bea, conosciuta grazie alla testimonianza di una nostra investigatrice che per diverso tempo ha lavorato sotto copertura in un allevamento intensivo di maiali, è una delle oltre 518.000 scrofe allevate ogni anno in Italia (dati Anagrafe Nazionale Zootecnica) e condannate a trascorrere la loro intera vita in questi capannoni angusti, tra gabbie, privazioni e sofferenze incessanti.

Abbiamo immediatamente preso a cuore la sua storia – fino al punto di renderla la portavoce della nostra campagna – raccontandone, passo passo, la quotidianità e le terribili vicende alle quali non si può in alcun modo sottrarre durante il suo ciclo di vita all’interno dell’allevamento.

Quello che è toccato a Bea è un triste destino. Perché nascere femmina in un allevamento di maiali, oltre che subire tutte le sofferenze comuni alle diverse specie di animali rinchiuse negli allevamenti, è un’ulteriore condanna. Ogni scrofa viene infatti destinata alla riproduzione, con cicli di sfruttamento che si ripetono più volte fino a quando, esauste e ritenute ormai improduttive, vengono condotte al macello. Aspetti crudeli che, sommati alle mutilazioni dei suinetti, vogliamo portare alla luce ed eliminare per sempre.

Essere Animali, con il contributo delle indagini realizzate dal proprio team investigativo, chiede da tempo modifiche e provvedimenti ormai sempre più urgenti per quanto riguarda le metodologie di allevamento. Con questa ulteriore iniziativa, e la petizione rivolta ai supermercati a sostegno di #SOSPig, chiediamo di ridiscutere e vietare quanto prima quelle pratiche che potrebbero, almeno in parte, limitare le sofferenze degli animali rinchiusi negli allevamenti.

Cerchiamo inoltre di rendere i consumatori sempre più consapevoli e attenti, invitandoli a orientare le proprie scelte verso consumi più etici, sostenibili e privi di sofferenza.

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