La notizia rischia di provocare un mezzo terremoto. Secondo quanto risulta all’agenzia Agi Huawei è stata esclusa dall’elenco dei potenziali fornitori per la gara per la rete 5G di Tim, sia in Italia e sia in Brasile. La decisione, secondo quanto apprende l’agenzia di stampa, non ha nulla a che vedere con aspetti di natura politica ma riflette solo una scelta industriale che va nell’ottica della diversificazione dei partner. Ericsson, Nokia, Cisco, Mavenir e Affirmed Networks sono invece i player invitati formalmente da Tim all’iter di selezione: si tratta dunque di aziende europee o americane.
In mattinata Huawei aveva reagito alle accuse che vengono mosse sulla affidabilità delle sue infrastrutture: “Siamo fermamente convinti che la sicurezza e lo sviluppo dell’Italia digitale debbano essere supportati da un approccio basato su fatti e non da illazioni infondate”. In una dell’azienda si legge: “Siamo un’azienda privata, presente in Italia da 16 anni e in Europa da 20 e siamo parte della catena del valore globale; abbiamo contribuito allo sviluppo del 3G, del 4G e ora del 5G e siamo alla guida di alcuni dei comitati di standardizzazione globali. Siamo impegnati a contribuire allo sviluppo digitale del Paese – anche in questa difficile fase – con tecnologie, impiego, risorse, sia in modo diretto che indiretto, attraverso la catena di fornitura dei nostri partner. Sicurezza, trasparenza e rispetto delle regole sono gli elementi fondamentali che ci hanno garantito la fiducia di operatori di telecomunicazioni, imprese e consumatori”.
Quattro giorni fa Huawei era stata bandita dalla rete 5G britannica. Secondo quanto scritto dal Telegraph, il primo ministro Boris Johnson era pronto a formalizzare la decisione, precisando che l’agenzia governativa che si occupa di comunicazione e intelligence, il Government Communications Headquarters (Gchq), ha già riconsiderato la garanzia fornita a suo tempo sulla sicurezza delle tecnologie del colosso cinese. Huawei “fornisce servizi di rete a oltre 3 miliardi di persone in più di 170 Paesi e regioni del mondo e nessuno Stato, organizzazione, impresa o individuo ha mai fornito prove concrete che i prodotti dell’azienda cinese rappresentino una minaccia alla sicurezza”, si legge nella nota dell’Ambasciata di Pechino nel Regno Unito. E dalla multinazionale avevano accusato: “La politica del Regno Unito è dettata dall’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump“.