In occasione del trentesimo anniversario della legge 185 del 1990, che regola l’export militare e il divieto di vendere armi verso Paesi in stato di conflitto armato, sotto embargo internazionale e con gravi violazioni dei diritti umani, diverse associazioni come Rete Italiana per il Disarmo, Rete della Pace, Amnesty Italia e Save the children hanno lanciato un appello al governo per applicare in modo effettivo la normativa.
La richiesta? Stoppare le esportazioni italiane di armamenti verso paesi come l’Egitto, dopo il via libera del governo alla vendita delle due fregate al Cairo e alla contestata maxi-commessa da 9 miliardi di euro, nonostante la mancata collaborazione sull’omicidio Regeni, ma anche verso Stati come Turkmenistan, Turchia, paesi mediorientali. Ma la richiesta è anche quella di rinnovare lo stop, in scadenza a fine anno, alla vendita di bombe d’aereo e missili verso la Coalizione guidata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, che le ha utilizzate nel conflitto in Yemen, estendendo l’embargo verso altre tipologie di armi. E senza dimenticare il capitolo dei contratti in essere, che non erano stati stoppati.
Numeri alla mano, infatti, come ha mostrato la Rete disarmo, negli ultimi cinque anni, con i governi Renzi, Gentiloni e Conte, si è registrata un’impennata nell’export di armi: “Dopo un paio di decenni di applicazione abbastanza rigorosa, si è tornati ad avere come obiettivo il sostegno all’export militare e non il suo controllo. Tra il 2015 e il 2019 le autorizzazioni (a valori correnti) sono state di poco superiori a quelle totali dei quindici anni precedenti, ben 44 miliardi di euro. E si è registrata la tendenza ad esportare al di fuori delle principali alleanze politico-militari dell’Italia, verso Paesi non appartenenti all’UE o alla Nato”, Eppure, ricordano le associazioni, secondo il testo della norma le esportazioni di armamenti dovrebbero “essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia”.
In Parlamento c’è chi, come il M5s, attraverso un disegno di legge a prima firma del senatore Gianluca Ferrara, punta a rinnovare la legge 185/1990: “Ha bisogno di un tagliando, perché per troppe volte è stata violata. Sono orgoglioso di essere in un partito che ha coraggio su questi temi”, ha rivendicato. Ma se l’intento, si spiega, vuole essere “restrittivo”, per una “più rigorosa applicazione” delle normative, tra le associazioni e non solo non mancano i timori di un peggioramento della legge. E c’è chi denuncia “incoerenze”, ricordando soprattutto il via libera alla maxi-commessa al Cairo arrivata da Conte: “Non puoi venire a dire che vuoi rendere le norme più stringenti e poi al governo vendere fregate e armi all’Egitto”, attacca pure il senatore del gruppo Misto Gregorio De Falco. “La legge ha bisogno di essere meglio esplicitata, ma sul processo di revisione ho il timore che alla fine qualcuno finisca per togliere i vincoli stringenti inseriti nella legge”, denuncia anche Erasmo Palazzotto, deputato di LeU-Si e presidente della commissione Regeni.
Tutto mentre le associazioni chiedono segnali di “vera discontinuità” al governo sul tema di armi e diritti umani: “Al momento non c’è stata”, spiega Giorgio Beretta dell’Opal (l’Osservatorio permanente armi leggere di Brescia). La vendita delle armi all’Egitto, secondo la legge, deve passare dal Parlamento, che non può essere esautorato”, denuncia. Concorda anche Riccardo Noury di Amnesty: “Se questo non accadrà siamo pronti ad attivare un contenzioso giudiziario”, avverte. Il pentastellato Ferrara invece tira dritto: “Interrompere le relazioni con l’Egitto rischia di avere forti ripercussioni sul Mediterraneo. Non c’entra la ragion di Stato o la realpolitik, si tratta di relazionarsi in modo intelligente”, spiega. Ma dalle associazioni la richiesta di stop verso i Paesi in conflitto e che non rispettano i diritti è unanime. “Per modificare la legge 185/90 in modo più stringente serve reale volontà politica. Ma Pd, M5s, Italia Viva e le forze che compongono il governo si sono mostrate troppo ambigue“, attacca Beretta. E pure Palazzotto insiste: “Un governo ha sempre la possibilità di sospendere un export di armi, anche per valutazioni di opportunità. Quello che viene considerato come ineluttabile è una scelta politica, che purtroppo anche il governo che io sostengo ha con rassegnazione fatto”
Cronaca - 9 Luglio 2020
Armi, associazioni al governo: “Stop a vendita a Egitto e a Paesi in guerra. Export aumentato negli ultimi 5 anni, legge va resa più stringente”
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In occasione del trentesimo anniversario della legge 185 del 1990, che regola l’export militare e il divieto di vendere armi verso Paesi in stato di conflitto armato, sotto embargo internazionale e con gravi violazioni dei diritti umani, diverse associazioni come Rete Italiana per il Disarmo, Rete della Pace, Amnesty Italia e Save the children hanno lanciato un appello al governo per applicare in modo effettivo la normativa.
La richiesta? Stoppare le esportazioni italiane di armamenti verso paesi come l’Egitto, dopo il via libera del governo alla vendita delle due fregate al Cairo e alla contestata maxi-commessa da 9 miliardi di euro, nonostante la mancata collaborazione sull’omicidio Regeni, ma anche verso Stati come Turkmenistan, Turchia, paesi mediorientali. Ma la richiesta è anche quella di rinnovare lo stop, in scadenza a fine anno, alla vendita di bombe d’aereo e missili verso la Coalizione guidata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, che le ha utilizzate nel conflitto in Yemen, estendendo l’embargo verso altre tipologie di armi. E senza dimenticare il capitolo dei contratti in essere, che non erano stati stoppati.
Numeri alla mano, infatti, come ha mostrato la Rete disarmo, negli ultimi cinque anni, con i governi Renzi, Gentiloni e Conte, si è registrata un’impennata nell’export di armi: “Dopo un paio di decenni di applicazione abbastanza rigorosa, si è tornati ad avere come obiettivo il sostegno all’export militare e non il suo controllo. Tra il 2015 e il 2019 le autorizzazioni (a valori correnti) sono state di poco superiori a quelle totali dei quindici anni precedenti, ben 44 miliardi di euro. E si è registrata la tendenza ad esportare al di fuori delle principali alleanze politico-militari dell’Italia, verso Paesi non appartenenti all’UE o alla Nato”, Eppure, ricordano le associazioni, secondo il testo della norma le esportazioni di armamenti dovrebbero “essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia”.
In Parlamento c’è chi, come il M5s, attraverso un disegno di legge a prima firma del senatore Gianluca Ferrara, punta a rinnovare la legge 185/1990: “Ha bisogno di un tagliando, perché per troppe volte è stata violata. Sono orgoglioso di essere in un partito che ha coraggio su questi temi”, ha rivendicato. Ma se l’intento, si spiega, vuole essere “restrittivo”, per una “più rigorosa applicazione” delle normative, tra le associazioni e non solo non mancano i timori di un peggioramento della legge. E c’è chi denuncia “incoerenze”, ricordando soprattutto il via libera alla maxi-commessa al Cairo arrivata da Conte: “Non puoi venire a dire che vuoi rendere le norme più stringenti e poi al governo vendere fregate e armi all’Egitto”, attacca pure il senatore del gruppo Misto Gregorio De Falco. “La legge ha bisogno di essere meglio esplicitata, ma sul processo di revisione ho il timore che alla fine qualcuno finisca per togliere i vincoli stringenti inseriti nella legge”, denuncia anche Erasmo Palazzotto, deputato di LeU-Si e presidente della commissione Regeni.
Tutto mentre le associazioni chiedono segnali di “vera discontinuità” al governo sul tema di armi e diritti umani: “Al momento non c’è stata”, spiega Giorgio Beretta dell’Opal (l’Osservatorio permanente armi leggere di Brescia). La vendita delle armi all’Egitto, secondo la legge, deve passare dal Parlamento, che non può essere esautorato”, denuncia. Concorda anche Riccardo Noury di Amnesty: “Se questo non accadrà siamo pronti ad attivare un contenzioso giudiziario”, avverte. Il pentastellato Ferrara invece tira dritto: “Interrompere le relazioni con l’Egitto rischia di avere forti ripercussioni sul Mediterraneo. Non c’entra la ragion di Stato o la realpolitik, si tratta di relazionarsi in modo intelligente”, spiega. Ma dalle associazioni la richiesta di stop verso i Paesi in conflitto e che non rispettano i diritti è unanime. “Per modificare la legge 185/90 in modo più stringente serve reale volontà politica. Ma Pd, M5s, Italia Viva e le forze che compongono il governo si sono mostrate troppo ambigue“, attacca Beretta. E pure Palazzotto insiste: “Un governo ha sempre la possibilità di sospendere un export di armi, anche per valutazioni di opportunità. Quello che viene considerato come ineluttabile è una scelta politica, che purtroppo anche il governo che io sostengo ha con rassegnazione fatto”
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Roma, 23 feb. - (Adnkronos) - Resterà per sempre il cantante di "Bandiera gialla", canzone simbolo della musica leggera degli anni '60: Gianni Pettenati è morto nella sua casa di Albenga (Savona) all'età di 79 anni. L'annuncio della scomparsa, avvenuta nella notte, è stato dato con un post sui social dalla figlia Maria Laura: "Nella propria casa, come voleva lui, con i suoi affetti vicino, con l'amore dei suoi figli Maria Laura, Samuela e Gianlorenzo e l'adorato gatto Cipria, dopo una lunga ed estenuante malattia, ci ha lasciato papà. Non abbiamo mai smesso di amarti. Ti abbracciamo forte. Le esequie si terranno in forma strettamente riservata".
Nato a Piacenza il 29 ottobre 1945, Gianni Pettenati debutta nel 1965, vincendo il Festival di Bellaria ed entra a far parte del gruppo degli Juniors e nel 1966, accompagnato dallo stesso gruppo, incide il suo primo 45 giri, una cover di "Like a Rolling Stone" di Bob Dylan intitolata "Come una pietra che rotola", seguita da quello che rimane il suo maggiore successo "Bandiera gialla", versione italiana di "The pied piper" incisa lo stesso anno da Patty Pravo (in lingua originale, come lato B del singolo "Ragazzo Triste" per la promozione del locale Piper Club di Roma, diventando il brano simbolo della famosa discoteca), diventata un evergreen, immancabile quando si gioca al karaoke o nelle serate revival nelle discoteche e nelle feste. Il 45 giri successivo, nuovamente con gli Juniors, è "Il superuomo" (cover di "Sunshine superman" di Donovan), mentre sul lato B del disco compare "Puoi farmi piangere" (cover di "I put a spell on you" di Screamin' Jay Hawkins, incisa con l'arrangiamento della versione di Alan Price), con il testo italiano di Mogol. Sempre nel 1967 Pettenati partecipa al Festival di Sanremo con "La rivoluzione", a Un disco per l'estate con "Io credo in te", al Cantagiro con "Un cavallo e una testa" (scritta da Paolo Conte) e a Scala Reale sul Canale Nazionale della Rai in squadra con il vincitore di quell'anno, Claudio Villa, e con Iva Zanicchi, battendo Gianni Morandi, Sandie Shaw e Dino.
Nel 1968 insieme ad Antoine entra in finale al festival di Sanremo con "La tramontana", brano molto fortunato che il cantante piacentino ha sempre riproposto nei suoi concerti. Seguono altri successi come "Caldo caldo", "Cin cin", "I tuoi capricci" e collaborazioni artistiche con diversi autori della canzone italiana. Critico musicale, Pettenati è autore di diversi libri sulla storia della musica leggera italiana tra cui "Quelli eran giorni - 30 anni di canzoni italiane" (Ricordi, con Red Ronnie); "Gli anni '60 in America" (Edizioni Virgilio); "Mina come sono" (Edizioni Virgilio); "Io Renato Zero" (Edizioni Virgilio); "Alice se ne va" (Edizioni Asefi). Nel 2018 era stata concessa a Pettenati la legge Bacchelli che prevede un assegno vitalizio di 24mila euro annui a favore di cittadini illustri, con meriti in diversi campi, che versino in stato di particolare necessità. (di Paolo Martini)
Parigi, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Tre persone, oltre al presunto autore, sono state arrestate per l'attacco mortale di ieri a Mulhouse, nell'est della Francia. Lo ha reso noto la Procura nazionale antiterrorismo. Il principale sospettato, nato in Algeria 37 anni fa, è stato arrestato poco dopo l'aggressione con coltello che ha ucciso un portoghese di 69 anni e ferito almeno tre agenti della polizia municipale.
Mosca, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - "Il destino ha voluto così, Dio ha voluto così, se così posso dire. Una missione tanto difficile quanto onorevole - difendere la Russia - è stata posta sulle nostre e vostre spalle unite". Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin ai soldati che hanno combattuto in Ucraina, durante una cerimonia organizzata al Cremlino in occasione della Giornata dei Difensori della Patria.
Kiev, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha invocato l'unità degli Stati Uniti e dell'Europa per giungere a una "pace duratura", alla vigilia del terzo anniversario dell'invasione russa e sulla scia della svolta favorevole a Mosca presa da Donald Trump.
"Dobbiamo fare del nostro meglio per una pace duratura e giusta per l'Ucraina. Ciò è possibile con l'unità di tutti i partner: ci vuole la forza di tutta l'Europa, la forza dell'America, la forza di tutti coloro che vogliono una pace duratura", ha scritto Zelensky su Telegram.
Parigi, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Tre persone, oltre al presunto autore, sono state arrestate per l'attacco mortale di ieri a Mulhouse, nell'est della Francia. Lo ha reso noto la Procura nazionale antiterrorismo. Il principale sospettato, nato in Algeria 37 anni fa, è stato arrestato poco dopo l'aggressione con coltello che ha ucciso un portoghese di 69 anni e ferito almeno tre agenti di polizia municipale.
Beirut, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Decine di migliaia di persone si sono radunate per partecipare ai funerali di Hassan Nasrallah, in uno stadio alla periferia di Beirut. Molte le bandiere di Hezbollah e i ritratti del leader assassinato che ha guidato il movimento libanese, sostenuto dall'Iran, per oltre tre decenni. Uomini, donne e bambini provenienti dal Libano e da altri luoghi hanno camminato a piedi nel freddo pungente per raggiungere il luogo della cerimonia, ritardata per motivi di sicurezza dopo la morte di Nasrallah avvenuta in un massiccio attacco israeliano al bastione di Hezbollah a Beirut sud a settembre.
Mentre la folla si radunava, i media statali libanesi hanno riferito di attacchi israeliani in alcune zone del Libano meridionale, tra cui una località a circa 20 chilometri dal confine. L'esercito israeliano ha affermato di aver colpito nel Libano meridionale "diversi lanciarazzi che rappresentavano una minaccia imminente per i civili israeliani". Ritratti giganti di Nasrallah e di Hashem Safieddine (il successore designato di Nasrallah, ucciso in un altro attacco aereo israeliano prima che potesse assumere l'incarico) sono stati affissi sui muri e sui ponti nella parte sud di Beirut. Uno è stata appeso anche sopra un palco eretto sul campo del gremito Camille Chamoun Sports City Stadium, alla periferia della capitale, dove si svolgeranno i funerali dei due leader.
Lo stadio ha una capienza di circa 50mila persone, ma gli organizzatori di Hezbollah hanno installato decine di migliaia di posti a sedere extra sul campo e all'esterno, dove i partecipanti potranno seguire la cerimonia su uno schermo gigante. Hezbollah ha invitato alla cerimonia alti funzionari libanesi, alla presenza del presidente del parlamento iraniano, Mohammad Bagher Ghalibaf, e del ministro degli Esteri Abbas Araghchi. Quest'ultimo, in un discorso da Beirut, ha descritto i leader assassinati come "due eroi della resistenza" e ha giurato che "il cammino della resistenza continuerà".
Beirut, 23 feb. (Adnkronos) - La rete libanese affiliata a Hezbollah Al-Mayadeen ha riferito che Israele ha effettuato un attacco aereo nell'area di Al-Hermel, nella regione della Bekaa, nel Libano orientale.