È parzialmente incostituzionale il primo decreto Sicurezza voluto da Matteo Salvini nel dicembre 2018 quando era ministro dell’Interno. A stabilirlo è la Consulta, dopo aver esaminato le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai Tribunali di Milano, Ancona e Salerno nel corso degli ultimi mesi. Secondo i giudici, è irragionevole la norma che “preclude” l’iscrizione all’Anagrafe per i richiedenti asilo. I motivi? “Non agevola il perseguimento delle finalità di controllo del territorio dichiarate dal decreto sicurezza” e soprattutto provoca una “disparità di trattamento“, perché “rende ingiustificatamente più difficile ai richiedenti asilo l’accesso ai servizi che siano anche ad essi garantiti”.
La Corte rileva una duplice violazione dell’articolo 3 della Costituzione, secondo cui “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio stampa della Consulta fa sapere invece che la norma non ha violato l’articolo 77 della Costituzione che regola i requisiti di necessità e urgenza dei decreti legge.
Si mette quindi la parola fine a una polemica andata avanti per mesi dopo l’approvazione del primo decreto Sicurezza, a cui aveva fatto seguito anche un decreto bis. I sindaci di molte città italiane – tra cui il primo cittadino di Milano Beppe Sala e quello di Palermo Leoluca Orlando – avevano deciso di propria iniziativa di istituire dei registri ad hoc per i migranti aggirando la norma che oggi è stata bocciata dalla Consulta. Una battaglia che poi si è spostata anche in diverse aule di tribunale, permettendo ai giudici di sollevare la questione di legittimità costituzionale davanti alla Corte.