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Oxfam, il nuovo rapporto: “Dopo la pandemia 270 milioni di persone potrebbero soffrire la fame: più vittime di quelle provocate dal virus”

Con il lockdown sono stati perduti 305 milioni di posti di lavoro. Tra i Paesi più colpiti lo Yemen (dove le rimesse sono calate dell'80%) la Siria, l’Afghanistan e il Sud Sudan. Ma anche Paesi a medio reddito come India, Sud Africa e Brasile

Il virus della fame è più letale della pandemia. Perché sale in modo esponenziale il numero di persone che saranno colpite da fame estrema per l’impatto della pandemia: sono 121 milioni in più rispetto al 2019, con un aumento dell’82 per cento. Ed entro la fine del 2020, 12mila persone al giorno potrebbero morire proprio a causa della fame innescata dal Covid-19. Potenzialmente più di quanti ne stia uccidendo il virus, che sino ad oggi ha fatto registrare un tasso di mortalità media di circa 10mila vittime al giorno nel mondo. È quanto denuncia Oxfam con il rapporto ‘Il virus della fame’. “Entro la fine dell’anno a causa della pandemia oltre 270 milioni di persone, che già lottano per sopravvivere a guerre, disuguaglianze, cambiamenti climatici, potrebbero finire nella morsa della fame cronica” ha detto Francesco Petrelli, policy advisor di Oxfam Italia, ricordando che questo accade mentre “le otto più grandi aziende dell’alimentare hanno provveduto a versare ai propri azionisti ben 18 miliardi di dollari, a partire da quando l’epidemia ha cominciato a diffondersi nel mondo nello scorso gennaio”. Una cifra 10 volte superiore a quella che le Nazioni Unite stimano necessaria per rispondere alle situazioni di emergenza alimentare causate dal Covid-19. Va ricordato, inoltre, che più di 305 milioni di posti di lavoro sono andati perduti “cosa che non farà che alimentare la forbice delle disuguaglianze economiche e sociali spingendo sempre più persone in povertà”.

I dieci Paesi dove si soffre di più la fame – Tra i dieci luoghi del mondo in cui si soffre maggiormente la fame ci sono lo Yemen, la Siria, l’Afghanistan e il Sud Sudan, ma anche Paesi a medio reddito come India, Sud Africa e Brasile, con milioni di persone già in bilico, definitivamente messe in ginocchio dal virus. In Yemen, nei primi quattro mesi dell’anno le rimesse sono crollate dell’80% – per 253 milioni di dollari – come conseguenza della grande perdita di posti di lavoro nel Golfo. In Siria, a oltre 10 anni dall’inizio del conflitto più di 9,3 milioni di persone soffrono la fame e altri 2 milioni potrebbero aggiungersi entro l’anno, con un incremento del 42% rispetto al 2019. In Sahel le restrizioni alla mobilità hanno impedito a milioni di allevatori di portare il bestiame su pascoli più verdi, mettendo a rischio la vita di milioni di persone. In Brasile milioni di lavoratori poveri hanno perso ogni forma di reddito a causa del lockdown e dello smantellamento dei sistemi di tutela sociale e alimentare attuata dal governo Bolsonaro. Solo il 10% del sostegno finanziario promesso dal governo federale è stato erogato.

Costruire un sistema alimentare equo – “Chiediamo ai governi di finanziare l’appello di risposta al Covid-19 delle Nazioni Unite – ha aggiunto Petrelli – cancellando il debito dei Paesi in via di sviluppo per liberare risorse da investire in forme di protezione sociale e nell’assistenza sanitaria”. Per vincere il virus della fame è necessario soprattutto che i contadini siano considerati ‘lavoratori essenziali’ e, come tali, sostenuti e riconosciuti nei loro diritti “e che i governi costruiscano sistemi alimentari più equi, robusti e sostenibili, finalmente in grado di anteporre gli interessi dei produttori di piccola scala a quelli delle grandi corporation”. Dall’inizio della pandemia Oxfam ha portato cibo, acqua pulita e beni di prima necessità a 4,5 milioni di persone nelle aree più povere e vulnerabili di 62 paesi, dallo Yemen, alla Siria, al Sahel, all’India. Entro l’anno l’obiettivo è quello di raggiungere 14 milioni di persone, raccogliendo 113 milioni di euro. Sul sito dell’organizzazione, tutte le informazioni per sostenere la risposta di Oxfam all’emergenza sanitaria.