Alberto Liguori ha rilasciato un'intervista al quotidiano La Repubblica, sottolineando la "responsabilità collettiva" dei decessi di Gianluca e Flavio. Un uomo di 41 anni ha ammesso di aver venduto mezza fiala di metadone per 15 euro ai due minorenni
“Io per primo faccio mea culpa: ho fatto mille indagini sulla droga ma non ho fatto abbastanza il mio dovere, dovevo fare di più”. Parla così il procuratore di Terni, Alberto Liguori, dopo il caso dei due ragazzi di 15 e 16 anni, Gianluca e Flavio, trovati morti nelle loro rispettive abitazioni lunedì, dopo aver comprato “15 euro di metadone” da un pusher di 41 anni. Aprendosi in un’intervista con il quotidiano La Repubblica, il procuratore mette in prima linea sé stesso, tra i tanti che, secondo lui hanno “la responsabilità collettiva” di quanto successo. Rei, secondo Liguori, di non aver posto la giusta attenzione sul “fenomeno dello spaccio di metadone da parte dei tossicodipendenti che lo prendono al Sert”. Lo spacciatore fermato, infatti, come ha dichiarato il suo stesso avvocato, era in cura presso il servizio per le tossicodipendenze.
“Su Internet si trovano ancora le Linee guida sull’assunzione del metadone datate 1975, leggendo le quali si apprende che già 45 anni fa c’era questo fenomeno – dice ancora il procuratore – Evidentemente non si è esaurito. Per cui il mea culpa deve cominciare da noi, dalla magistratura”. Le domande che si pone Liguori, forse prima da padre oltre che da magistrato, sono molteplici. In primis come sia possibile “che nessuno si sia accorto che quell’uomo si aggirava nei luoghi di ritrovo dei ragazzi” o che “fosse entrato così in confidenza” con i due giovani. “L’anno scorso, con una grossa operazione di polizia, abbiamo individuato duecento episodi di spaccio e arrestato una trentina di pusher in città – sottolinea – Li abbiamo trovati che vendevano stupefacenti agli alunni delle scuole medie. Temo che non abbiamo capito il mercato della droga, dovevamo indagare di più sul mondo dei giovani”.
La responsabilità non è genitoriale, “ma sociale”, ricorda il procuratore parlando con l’Ansa, evidenziando di aver riscontrato tra i giovani una “grave dimestichezza con il mondo della droga”. Sono stati proprio gli amici di Gianluca e Flavio, infatti, a portare gli investigatori all’individuazione del pusher. Molte delle informazioni, evidenzia nell’intervista al quotidiano di Viale Cristoforo Colombo, probabilmente vengono prese su Internet. “Sono un uomo liberale e il web è una grande invenzione, però non ci sono filtri alle informazioni che vi si reperiscono – sottolinea – e un adolescente, di fronte all’argomento droghe, può non avere la capacità critica per gestirle”. E non manca un monito anche agli adulti, che hanno “preparato questa società” ai più giovani. “I giovani sono liberi, non temono nulla perché non hanno fatto in tempo a essere inquinati da noi adulti – specifica – Ho visto in loro sentimenti di fratellanza e solidarietà. Gli adulti non sono così limpidi, di solito si trincerano dietro l’interesse personale”.
Ora, dopo la confessione del 41enne, che ha ammesso di aver venduto mezza fiala di metadone ai due ragazzi, bisognerà attendere le autopsie sui due corpi per definire con certezza la causa della morte.